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  • Jacobelli: l'onestà di Prandelli e il suo silenzio sulla Figc che conta zero

    Jacobelli: l'onestà di Prandelli e il suo silenzio sulla Figc che conta zero


    Torna a parlare alla stampa italiana l'ex commissario tecnico della Nazionale italiana, Cesare Prandelli.

    Dalle pagine del Corriere della Sera, intervistato da Beppe Severgnini, Prandelli è tornato proprio sul fallimento Mondiale della sua Italia: "Umiliazione Mondiale? Umiliazione è anche vedere la nostra Italia che arranca in tutti i settori, purtroppo. È il progetto che non ha funzionato! Pensavamo di giocare in un certo modo e non ci siamo riusciti. Pensavamo di mettere in difficoltà la Costa Rica e non ce l’abbiamo fatta. Questo era il progetto tecnico. Ed è fallito. Punto. La responsabilità è mia. Il campionato mi ha dato indicazioni, e ho cercato di seguirle. Ho pensato che, con gente di qualità in mezzo al campo, avremmo trovato facilità di manovra e profondità con gli esterni. Con Montolivo e Giuseppe Rossi la squadra aveva dimostrato una buona identità. Dopo gli infortuni, abbiamo dovuto cambiarla”.


    Il movimento italiano sembra fermo e fa fatica a trovare alternative valide a Balotelli e Buffon: "Mario è un ragazzo fondamentalmente buono. Non è un ragazzo cattivo. Ma vive in una sua dimensione che è lontana dalla realtà. Ma non vuol dire nulla. A 24 anni ha la possibilità di fare tesoro di questa grande esperienza. Se critichiamo Buffon dopo 142 partite in nazionale non abbiamo capito cosa ha fatto... La Germania, quando ha avuto difficoltà, si è chiesta: qual è la nostra squadra più importante? Non ha risposto Bayern o Borussia. Ha risposto “Germania” e tutti si sono messi al servizio della nazionale. È il nostro calcio che va rivisto. Ripeto, dobbiamo partire da una domanda: qual è la squadra più importante in Italia? Non è la tua Inter, non è la Juve, la Roma, la Fiorentina o il Milan. È la nazionale. Solo così si arriva preparati ai grandi eventi".

    Se la Federazione fosse forte, avremmo giocato in quei posti e in certi orari? 
    «Io mi ricordo i giornalisti italiani al sorteggio. Tre giorni a gridare “Vergogna! Ci hanno trattato come la squadra ultima al mondo!” Poi si sono dimenticati tutto».

    Da molti le dimissioni sono state viste, anche grazie al Galatasaray, una vera e propria fuga: "Nella vita di un professionista ci sono alti e bassi, ma sono gli alti e i bassi di un privilegiato. Sono stato attaccato crudelmente. Va bene. Ma non devo sentirmi una vittima. Lo stress è stato enorme, Non parlo di stress professionale, lì le critiche feroci ci stanno. Ma quando leggi e ascolti certi attacchi di tipo personale... Mi ha ferito l’accusa di essere scappato. L’idea della fuga. Non è vero. L’ho dimostrato nella mia vita, personale e professionale. È successo a Parma, dopo il crac Parmalat: sono scappati in tanti, io sono rimasto e con la mia squadrettina siamo arrivati quinti. È successo a Firenze. Non sono scappato. Sono rimasto al mio posto da solo, con i dirigenti inquisiti in Calciopoli, e nonostante questo, senza penalizzazione, saremmo arrivati secondi in campionato. Per due volte sono arrivato vicino alla panchina della Juventus, ma sono orgoglioso della scelta che ho fatto di restare a Firenze. Credevo in quel progetto sportivo".

    Conte ha lasciato la panchina bianconera, e Prandelli analizza la sua ipotetica gestione della Nazionale: "Una volta Conte ha detto “perdere è come morire”. Quindi sì, posso credere che oggi lui viva uno stress da vittorie. Sarà difficile per lui trasmettere la grinta che comunicava alla sua Juventus. Il c.t. della nazionale ha pochissimo tempo. Puoi ovviare, in parte, se hai un blocco di giocatori di una squadra... Ma sono questioni che affronterà Conte, se verrà scelto".

    La chiusura va ovviamente al suo trasferimento al Galatasaray: “Mi hanno chiamato dal Galatasaray, poi richiamato. “Siamo una grande società. Abbiamo messo in stand-by otto allenatori per te...”. E poi il campo. Avevo il bisogno fisico di mettere le scarpette e tornare in campo. Quando cadi dalla bicicletta da bambino devi risalirci subito. Le persone che mi vogliono bene mi vedevano in uno stato comatoso. Lo dovevo anche a loro. Vado a fare il mio lavoro, è una sfida, mi rimetto in gioco. La nazionale galleggia ancora e si rimetterà a navigare. I giocatori potranno riscattarsi, ma il mio tempo azzurro è passato"


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    (x.j.) Nonostante il fallimento del progetto tecnico ai mondiali e l'uragano che si è abbattuto su di lui, Cesare Prandelli si conferma un galantuomo e una persona onesta. Nell'intervista rilasciata a Beppe Severgnini sul Corriere della Sera di stamane, l'ex ct ha rinnovato la  piena e totale assunzione di responsabilità per il disastro brasiliano, tant'è vero che si è immediatamente dimesso dopo la sconfitta con l'Uruguay diventando il capro espiatorio di una caporetto che, invece, ha molti padri. Sia nell'ectoplasma di squadra autodisintegratasi contro la Costarica e l'Uruguay sia nel Palazzo. 
    Prandelli non le ha mandate a dire né ai frustrati né ai moralisti un tanto al chilo che, sullo stesso Corriere della Sera l'hanno tacciato di diserzione, fuga o addirittura l'hanno accostato a Schettino, con tutta una serie di insulti e offese semplicemente indecenti.
    Per non dire delle parole con le quali ha rimarcato la differenza fra la Germania, dove la Nazionale è la squadra più importante e l'Italia, dove la Nazionale è la squadra meno importante, fagocitata dall'egoismo e dalla voracità dei club.
    Fin qui tutto bene e siamo d'accordo su tutto. Non va più bene, invece, quando Prandelli tace ciò che avrebbe dovuto dire sulla Figc, il cui peso politico in ambito Fifa è equipollente a quello di Vanuatu, con tutto il rispetto per il meraviglioso arcipelago del Pacifico Meridionale.
    Cesare sbotta: «Io mi ricordo i giornalisti italiani al sorteggio. Tre giorni a gridare “Vergogna! Ci hanno trattato come la squadra ultima al mondo!” Poi si sono dimenticati tutto». 
    Di grazia, dopo tre giorni, che cosa dovevano fare i giornalisti italiani, di fronte all'ignavia e all'incapacità della Federazione Italiana Giuoco Calcio di picchiare i pugni sul tavolo di Blatter e della Fifa che, favorendo la Francia, avevano cambiato in corsa le regole del sorteggio, giovedi' 5 dicembre a Costa do Sauipe, Salvador de Bahia?
    Dov'era caspita era Abete, caro Cesare, quando l'Italia veniva sbattuta a Manaus per la partita inaugurale e nel girone più difficile della prima fase? Sia chiaro: conciati come eravamo di fronte alla Costa Rica e all'Uruguay, ci avrebbe fatto a pezzi chiunque, ma, forse, almeno agli ottavi saremmo arrivati. O no?
    Andiamo avanti: dove caspita era Abete (e dov'era Prandelli) quando il programma di preparazione della Nazionale al mondiale, dall'1 gennaio al 29 maggio 2014 prevedeva una sola amichevole, peraltro ignominiosamente persa a Madrid, contro la Spagna, addì 5 marzo?
    Ancora: un giorno o l'altro, Prandelli o Abete o tutti e due ci spiegheranno chi, come, dove, quando e perchè abbia sbagliato la preparazione atletica in un modo così disastroso da esporci a una figuraccia invereconda? Ci parleranno della casetta Manaus a Coverciano e di una squadra incapace di correre, di battersi, di onorare la maglia azzurra? Di un ritiro brasiliano descritto come un ameno villaggio vacanze eccetera eccetera?
    Buona fortuna in Turchia, Cesare. Te la meriti tutta. Ma la prossima volta che riparlerai del mondiale, raccontacela tutta.



     


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