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  •  Ranieri dovrebbe cambiare menu: dal pizza party alla zuppa dei frati

    Ranieri dovrebbe cambiare menu: dal pizza party alla zuppa dei frati

    • Marco Bernardini
    La capacità di compiere miracoli non appartiene alle caratteristiche di noi poveri e imperfetti umani. Al massimo, quando va di lusso, possiamo parlare di “prodigi” i quali in ogni caso sono frutto di particolari e soggettive genialità che hanno nulla a che vedere con il soprannaturale. Le stesse invenzioni clamorose che hanno mutato radicalmente il corso della Storia dell’umanità non sono figlie di un intervento “divino” ma il risultato dell’intelligenza, dell’intuizione e del duro lavoro.

    Idem nel calcio dove, come avviene per la scienza della statistica, le eccezioni più che altro contribuiscono a confermare le regole. La metafora canonicamente usata per descrivere quelle che vanno sotto il voce di “sorprese” è la parabola del Vecchio Testamento che narra di come il futuro re David sconfisse il gigante Golia in un duello impari che non avrebbe dovuto avere storia. Un paragone banale che comunque rende bene l’idea.

    I “David” del pallone non sono numerosi e li abbiamo tutti ben presente, nella mente e anche un poco nel cuore al di là del tifo e del campanile. Dalla Fiorentina di Pesaola al Bologna di Fulvio Bernardini, dal Cagliari di Scopigno alla Lazio di Maestrelli, dal Torino di Gigi Radice alla Sampdoria di Boskov, dal Verona di Bagnoli al “coito interruptus” del Vicenza di Gibì Fabbri. Il resto, come cantava Califano, è noia. Nel senso che il metronomo del successo viene regolato e scandito dalla “razza padrona” del calcio italiano e dalle cicliche alternanze.

    Un fenomeno che riguarda anche tutti gli altri campionati che si giocano in Europa dove, altra metafora questa volta meno banale, il trend è molto simile a quello proposto dalla vita quotidiana e dalle regole del capitalismo internazionale che prevede i ricchi essere sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. E forse è anche per questo che quando il “debole”  ha la meglio sul “forte” siamo portati ad esultare per quel minimo di giustizia ritrovata.

    Il più recente “caso David” è quello rappresentato dal Leicester di Claudio Ranieri che,  la stagione passata, è riuscito a scrivere una favola inglese poi tradotta ed esportata in tutto il mondo. I bookmakers britannici, malgrado la batosta ricevuta lo scorso campionato, nella compilazione attuale delle loro quote sembrano voler continuare a snobbare la squadra campione d’Inghilterra accreditata di ben poche ciance per un’eventuale replica. Anche loro, i padroni del banco-scommesse, sono convinti che il Leicester sia destinato a tornare a far tappezzeria al concorso del Gran Ballo dopo il giro di valzer vincente. Probabilmente non hanno tutti i torti. Ma dipende.

    Dipende soprattutto da Claudio Ranieri. Intanto va detto, per onestà intellettuale, che il tecnico romano ha per l’ennesima volta dimostrato di essere un uomo d’onore. Sarebbe stato comodo e anche facile, per lui, fare l’inchino per ringraziare tutti e poi andarsene con addosso i panni del trionfatore in una delle tante squadre europee (Italia compresa) che l’avrebbero voluto. E’ rimasto. Un gesto di grande coraggio e di coerenza che basterebbe per ribadire la stima ad un  uomo il quale, professionalmente e non, si è sempre comportato da gran signore. Certamente il difficile, per Ranieri, arriva adesso e lui ne è pienamente consapevole vista la sua profonda esperienza di mister giramondo.

    Si sa che le partite amichevoli estive hanno il valore di un due di picche quando la briscola è a cuori. In ogni caso l’avvio di stagione del Leicester è stato tutt’altro che esaltante. Il rischio, concreto, è che qualcuno tra i giocatori della squadra campione si sia presentato per la ripartenza con la “pancia” troppo piena. Uno “status” mentale che incute sonnolenza e che deprime l’entusiasmo necessario per un’eventuale replica del prodigio realizzato qualche mese prima.

    Ranieri, durante la corsa vincente della passata stagione, si soffermò più di una volta sulle ragioni che stavano portando i suoi ragazzi verso l’impresa impossibile. Una su tutte. Il fatto di essere riuscito, con la collaborazione dei suoi ragazzi, a fare del Leicester un “gruppo” di amici solidali e fieri come i moschettieri del re sotto lo slogan uno per tutti e tutti per uno. E poi la rivelazione più curiosa. Non lo spogliatoio come luogo sacro di unione, ma una pizzeria dove i giocatori avevano l’opportunità di divertirsi come bambini nel mentre che si trasformavano in uomini veri.

    I calciatori, nessuno escluso e di ogni nazionalità, sono persone “speciali” sempre sospese come gli equilibristi del circo sul filo che separa la “maturità” dalla “fanciullezza”. Gestirli e indirizzarli, umanamente ancora prima che fisicamente o tecnicamente, può rivelarsi davvero un lavoro molto complicato. Ranieri anche questo sa bene. Ecco perché, con ogni probabilità, ha già intuito pericolosi segnali di “sbornia” ancora in corso e di piccoli ma nefasti peccati di presunzione immotivata da parte di qualcuno. Conoscendolo e apprezzandolo sarei pronto a scommettere che abbia in mente di cambiare menu alla svelta. Niente più “pizza party” una volta alla settimana, ma cene assai più frugali e più meditative in qualche mensa dei frati. Dove i poveri e gli esclusi dalla società con una scodella piena di zuppa calda in mano si sentono, almeno per un momento, degli eroi.

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