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  • Regeni, anche il calcio reclama la verità

    Regeni, anche il calcio reclama la verità

    • Marco Bernardini
    Stephan El Shaarawy ha mezzo sangue egiziano e l’altra metà svizzero . Suo padre vive a Savona, dove il giovane campione è nato, e rappresenta un modello irrinunciabile per il figlio che ha spinto il genitore ad abbandonare la carriera di psicologo per dedicarsi interamente come guida  alla carriera professionale dell’erede segnato dalla serie saranno famosi. La mamma, di Oltralpe elvetica, è la sua ombra quotidiana. Il giovane bomber detto "il Faraone", malgrado le sue origini, non ha fatto come ad esempio Icardi una scelta di bandiera "irriverente" nei confronti del Paese che gli sta offrendo denaro e onore. Non perché l’Egitto, inteso in quanto nazionale calcistica, non possieda una sua dignità ma perché, come ha sempre confermato l’attaccante oggi della Roma, il suo cuore pulsa in sintonia con i battiti del nostro Paese. Una questione profonda di empatia, insomma.

    Sarebbe meraviglioso, dunque, se Spalletti una delle domeniche che verrà nel mese di aprile decidesse di dare la maglia da titolare dal primo minuto di gara al suo bomber otre a quelli che saranno i suoi pensieri tattici e le sue operazione strategiche. Poi, magari, in corso d’opera il tecnico romanista potrà sempre richiamare il ragazzo fuori dalla lotta. Ma anche no. In ogni caso il mister avrà consentito al "portabandiera" di un’etnia "anche" egiziana di presentarsi al centro del campo prima della gara per urlare forte il disappunto e la rabbia della nostra nazione contro un Paese, l’Egitto appunto, che dopo averci privato fisicamente di un giovane esemplare come Giulio Regeni si permette sfrontatamente anche e il lusso di offenderne la memoria e di mortificarne l’immagine prendendoci per i fondelli..

    Il calcio cadetto ha già deciso. Quello più blasonato della Serie A lo farà in queste ore e non vi è dubbio che agirà in sintonia con ciò che già si è visto nel corso del Torneo di Viareggio  (foto iltirreno.gelocal.i t). Ovvero i giocatori delle squadre partecipanti riuniti al centro del campo a reggere con le mani uno striscione sul quale si invocava giustizia e verità per un “delitto” assolutamente non giustificabile e non ammissibile. In quel momento, destinato a ripetersi con maggiore potenza dentro tutti gli stadi italiani, il mondo del pallone aveva stabilito di accettare l’invito ricevuto dall’organizzazione planetaria di Amnesty International affinchè aggiungesse la propria voce a quella, addolorata ma fiera, della famiglia Regeni e in particolare a quella della mamma di Giulio che non esitava a denunciare di aver potuto riconoscere il proprio figlio “solamente dal profilo del naso” tante e terribili erano state le sevizie naziste o da regime che lo avevano devastato fisicamente.

    Credo, anzi voglio essere più che convinto, che nessuno dei nostri fedeli compagni del sito Calciomercato.com per il quale, con orgoglio, ho deciso di chiudere la mia lunga carriera professionale abbia qualcosa da eccepire sull’intervento dei rappresentanti del calcio riguardo a un tema che, apparentemente, non a nulla a che vedere con la routine pallonara. Fino a qualche anno fa, un decennio o poco più forse, un simile atteggiamento di solidarietà e di partecipazione civile da parte di un mondo volutamente "scollato" dalla realtà avrebbe destato meraviglia e sorpresa. Ai tempi in cui presidenti e allenatori vietavano ai giocatori, minacciando multe e sanzioni disciplinari, di esprimere il proprio parere su temi politici e  sociali come fossero marionette non pensanti.

    Oggi non più, per fortuna. Almeno questo, in mezzo a tante nefandezze assortite. E non si dica, per favore, che scelte come quelle in preparazione anche nel calcio sono destinate a rimanere gusci vuoti o solamente infarciti da inutile retorica. Sono il silenzio e le menzogne a uccidere e a farci vergognare del nostro ruolo di protagonisti per un mondo civile .

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