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  • RIO 2016: Fede, le 'cicciottelle' e Riffeser, una notte da incubo

    RIO 2016: Fede, le 'cicciottelle' e Riffeser, una notte da incubo

    • Marco Bernardini
    Ore da incubo spalmate tra la serata e la notte appena trascorse. Cominciamo dal fondo e, cioè, dal momento in cui Federica Pellegrini compie il canonico balzo nell’acqua della piscina olimpica brasiliana per tentare nuotando a stile libero, come tutti speriamo, una corsa almeno verso il podio. L’impressione, immediata, è che qualcosa non stia funzionando come dovrebbe. Seppure in dodici anni di carriera le partenze di Fede siano sempre state problematiche questa volta è impossibile non notare una certa pesantezza nelle bracciate della campionessa azzurra. L’americana Ledecky e la svedese Sjstrom viaggiano con l’elica. Già si sapeva che sarebbe successo. Ma anche l’australiana McKeon fila che è un piacere. Fede è quarta. Non era previsto, ma finirà così. Gli ultimi cinquanta metri, specialità della bionda veneta, non accendono lumi di speranza ma confermano che Federica Pellegrini ha chiuso qui la sua incredibile e favolosa parabola di regina del nuoto mondiale. Non resta che ringraziarla egualmente e doverosamente per tutte le bellissime pagine da lei scritte e i momenti di grande emozione che ha saputo regalarci. Un posto nella Storia lo ha comunque guadagnato e nessuno potrà mai portarglielo via. Ciascuna cosa ha una fine. A tenerla viva sarà la memoria insieme con la possibilità di trasmettere il vissuto da padre in figlio.

    Quel che invece andrebbe cancellato dal ricordo è ciò che sarebbe stato meglio non fosse avvenuto. Ed è il primo step di una serata cominciata male e finita peggio sempre nel quadro delle Olimpiadi. Sul limitare dell’ora di cena le agenzie di stampa battono una notizia che, lipperlì, appare curiosa ma che, in realtà, è drammatica per chi è costretto a subirne un danno enorme. Il collega Giuseppe Tassi, direttore della sezione sportiva “QS” del quotidiano “QN”, è stato rimosso dal suo incarico per aver pubblicato nella prima edizione del giornale un articolo nel quale si parlava delle nostre tre giovani arciere azzurre con il titolo: ”Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”. Certamente non il massimo della vita in quanto a titolazione, ma neppure un oltraggio alla dignità e al buon nome di Guendalina, Claudia, Lucilla (le tre Robin Hood al femminile in questione) le quali a occhio possono essere ben contente di avere un fisico che sprizza buona salute con le guanciotte “a mela” che verrebbe voglia di stringerle delicatamente come si fa con i bimbi belli. Apriti cielo. Una valanga di insulti (quelli sì) sono piovuti, specialmente dal popolo della rete, sul capo del povero Tassi al quale voglio esprimere tutta la mia solidarietà almeno per tre motivi: 1) Lo conosco da una vita e posso assicurarvi che, nella fauna variegata del branco mediatico, una persona trasparente, gentile, intellettualmente onesta ed educata come lui non è facile da trovare. 2) Tentare sempre di fare al meglio il proprio dovere non significa annullare il “diritto” all’errore, specialmente se commesso buona fede e se non ha provocato disastri irrimediabili. 3) Licenziare un lavoratore a quarantacinque giorni dalla pensione è un atto di “sragione” da delirio oltreché di autoritarismo demodè. Ed è esattamente ciò che ha fatto l’editore Andrea Riffeser Monti al quale mi rivolgo.

    Non se ne abbia, dottore carissimo, ma ieri ho tirato un sospiro di sollievo quando ho ripensato alla mia carriera svolta al servizio di quotidiani molto importanti e autorevoli alla cui guida si trovavano quelli che un tempo venivano definiti “editori puri”. E quel “puri”, la sa bene anche lei, non significava che erano santi o professionalmente infallibili, ma soltanto impegnati sul fronte dell’informazione e basta. Ciò che non si può dire, con tutto il rispetto dovuto ad un imprenditore a dir poco eccellente, di suo nonno Attilio fondatore dell’impero editoriale da lei ereditato (Resto del Carlino, La Nazione, il Giorno, l’ex Telegrafo di Livorno) il  quale come ebbe a scrivere Giampaolo Pansa “Colui che gli stessi suoi colleghi chiamano Artiglio Monti è stato l’inventore in Italia del sistema di potere anche grazie ai suoi giornali usati come merce di scambio”. Un potere, quello della sua famiglia, riconducibile a colossi di zucchero (Eridania) e petrolio (Eni) e merce di scambio naturalmente con Banche e partiti politici dal MSI di Pino Rauti sino alla DC di Mariano Rumor, purchè non fossero comunisti. Al nonno, quindi, non sarà piaciuto il suo flirt con Monte Paschi. 

    Una linea “editoriale” che imponeva la presenza di direttori non certamente da battaglia. Enzo Biagi durò meno di un anno al Carlino, Gianfranco Piazzesi resistette quattordici mesi alla Nazione. Le orme sono state segnate e lei, dottor Andrea, le segue benissimo: ha persino costretto alle dimissioni un direttore non certo di sinistra come Vittorio Feltri. In più ci ha messo qualcosa di squisitamente suo forse per soddisfare il paradossale desiderio di fare il giornalista pur stimando poco o niente la categoria. Il vezzo, per carità suo di diritto specie oggi che i comitati di redazione contano zero, di arrivare la sera in tipografia e cambiare i titoli che non gli garbano senza manco dire nulla agli autori. Evidentemente, è agosto quindi tempo di gite, la notte scorsa lei avrà avuto cose diverse da fare e non è transitato in redazione. Avrebbe cambiato quel titolo “infamante”, le tre “cicciottele” non si sarebbero offese, i perbenisti da quattro lire non avrebbero gridato al sessismo, il presidente Preziosi non sarebbe tentato ora di cambiare nome al suo mitico “Cicciobello”, soprattutto non ci sarebbe un disoccupato in più. E’ vero, io non avrei sospirato di sollievo ripensando allo scampato pericolo, ma questo ha importanza davvero minima rispetto al casino complessivo.

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