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  • 'Rivincere a San Siro? Sognare non è proibito'

    'Rivincere a San Siro? Sognare non è proibito'

    I tifosi non hanno avuto dubbi nell'indicarla come la partita più bella della storia del Chievo. Luci a San Siro. Il Chievo di Delneri batte l'Inter di Cuper, Ronaldo e Vieri.
    Succede nell'algida notte meneghina del 15 dicembre 2001.
    Impresa memorabile, consegnata alla storia. Segnano Corradi e Marazzina. L'intermezzo è di Bobo Vieri. Ma alla fine sarà festa grande.
    Memoria storica del Chievo della Favola è Fabio Moro. Gladiatore ieri, jolly in società oggi. Un uomo per tutte le stagioni. Le sue emozioni sgorgano libere a distanza di quasi dieci anni. E non hanno perso il calore della prima volta.

    Moro, quella sera eravate di passaggio alla Scala del Calcio.
    «E non sapevamo di essere finiti dentro ad un sogno. Ce ne accorgemmo solo alla fine quando rimanemmo a lungo sul campo a festeggiare. Tutti uniti attorno al capitano Corini che ci disse al fischio finale: non andate via, restate qui. Certe emozioni si vivono una volta sola».
    Perché quella fu una vittoria speciale?
    «Perché la ottenemmo contro una squadra davvero stellare. Ma anche perché pochi mesi prima il Chievo correva e sudava in serie B».
    Bel salto.
    «Sì, mai avremmo pensato di poter giocarcela alla pari con l'Inter dei campioni. E quella fu una grandissima vittoria perché ottenuta contro il... vero Ronaldo. Il Fenomeno era al top, con lui anche Vieri. Ma il Chievo aveva in corpo qualche cosa in più».
    Nello spogliatoio che cosa successe?
    «Sempre Corini mi venne vicino e mi disse: tu sei uno di quelli che l'anno prossimo non sarà più al Chievo. Le sue parole di grande stima mi colpirono molto. Eravamo un grande gruppo».
    Però sbagliò pronostico.
    «Io al Chievo poi rimasi, felice di fare ancora tanta strada insieme a questa società».
    Chiese la maglia a qualcuno?
    «A Gresko, ma non me la volle dare. Lo capisco: era a una delle sue prime apparizioni in Italia e si trovò di fronte ad un Luciano devastante. Per lui una serataccia».
    Moro, potrà accadere ancora di vedere il Chievo sbancare San Siro?
    «Me lo auguro. Certo quel Chievo aveva qualcosa di unico, per certi versi irripetibile».
    E il Chievo di oggi?
    «È in linea con i programmi e ha dimostrato anche di saper proporre un buon calcio. Non è facile rispettare i programmi. Ma la nostra è una società seria, equilibrata, realista».
    Insomma non si vive di sole favole.
    «A distanza di dieci anni l'obiettivo è sempre rimasto lo stesso: la salvezza. O almeno: parti da lì e vedi come va a finire. E quella volta ci trovammo a sognare. Perché sognare non è proibito a nessuno. La vittoria di San Siro ci proiettò in testa. Vivemmo due mesi e mezzo esaltanti. E certe cose non le potrò mai dimenticare».
    Moro, che cosa le è rimasto dentro della sua lunga avventura in gialloblù?
    «La voglia di alzare la testa. Soprattutto nei momenti più difficili. Faccio un esempio: nell'anno della disgraziata retrocessione la società è rimasta compatta. Abbiamo lottato per perseguire subito il massimo obiettivo. Certe cose riesci a farle solo se sei animato da una grande forza di volontà».
    E sabato?
    «Proveremo a sognare. Ancora una volta».


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