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  • Roma da rifare:| Ecco chi resta e chi va

    Roma da rifare:| Ecco chi resta e chi va

    Il mistero non si risolve e forse bisognerà aspettare davvero altri sette giorni. Ma non si capisce perché la Roma resti a guardare. Lasciando che sia l’allenatore, sotto contratto per un altro anno, a decidere il suo destino. Anche se probabilmente qualcosa, in privato, Luis Enrique ha già detto a Baldini e a Sabatini. Una sorta di preavviso, anticipando i saluti. La società giallorossa sa, ma ancora spera nel ripensamento. Perché solo i risultati, scadenti (fuori, per la prima volta dopo 15 anni, dall’Europa) e per certi versi inaspettati per gli investimenti sul mercato della nuova proprietà, sono contro. Il resto, e non è poco, a favore del tecnico di Gijon.

    I prossimi giorni diventano comunque decisivi. Al momento votano (quasi) tutti per la conferma, come se volessero convincere il Grande Indeciso. A cominciare dal direttore generale Franco Baldini che ha avuto carta bianca da James Pallotta, socio forte del consorzio Usa, e dai suoi partner bostoniani. Oltre a difenderlo a oltranza, il dg offrì a Lucho, ad inizio dicembre e dopo Fiorentina-Roma (la sconfitta più pesante, sino a quel momento: 3 a 0 al Franchi), il prolungamento del contratto di altri due anni. Ma l’appoggio più sincero, ormai plateale, esce soprattutto dall’interno dello spogliatoio di Trigoria: Totti, anche sabato sera sul prato dell’Olimpico, e De Rossi, in più di un’occasione, si sono schierati al suo fianco. Quindi capitano e vice a nome del gruppo. Solo nel finale di stagione Lucho è stato scaricato dalla gens giallorossa, anche da quei tifosi che gli soffiarono il vento in poppa con lo striscione «Mai schiavi del risultato». Ma loro, i sostenitori più fedeli che ci siano (definizione dell’asturiano), si sono limitati ai fischi. Per i fiaschi dell’annata. Quindi contestazione civilissima. Da teatro più che da stadio.

    Il ds Sabatini, più concreto e realista che mai, è l’unico a gettarsi nel labirinto. Per intervenire. «L’allenatore sta valutando la sua posizione nei confronti del gruppo, per stabilire se la sua presenza possa essere negativa nella prossima stagione». E qui entrano in ballo le cifre che Luis Enrique sta analizzando. La Roma ha chiuso il girone d’andata con 31 punti, se ne avesse fatti altrettanti al ritorno sarebbe stata in lotta per il terzo posto fino all’ultima giornata. Invece di punti, nella seconda metà del campionato, ne ha raccolti 22. Dunque, nonostante il lavoro quotidiano, Lucho ha preso atto di un rendimento decrescente. Fatica, e tanta, sprecata durante gli allenamenti, per cambiare le abitudini dei giocatori. Senza, però, ottenere niente. Per questo Sabatini è attivo già da qualche settimana. Per non farsi infilare in contropiede dall’asturiano. «La prima scelta rimane Luis Enrique, ma noi siamo sempre in movimento. Villas Boas è un grande nome, libero». Se fosse per lui punterebbe su un italiano. Montella, Allegri e Prandelli sono nomi credibili e spendibili. Il consorzio Usa, in questo senso, è d’accordo con il ds: il progetto esiste anche senza Lucho. Lo pensano il presidente DiBenedetto, il suo vice Tacopina e soprattutto Mark Pannes che qui rappresenta Pallotta.

    La società giallorossa resta però appesa a Luis Enrique. Che nella capitale dice di essersi ambientato alla grande e dove domani festeggerà i suoi 42 anni. «Anche la mia famiglia qui sta benissimo» ha chiarito in tv per evitare malintesi. La partecipazione all’Europa League, per sua ammissione, lo avrebbe aiutato nella decisione che comunicherà alla Roma dopo Cesena-Roma del 13 maggio. L’interrogativo che sfianca l’asturiano è da tempo lo stesso. Se ce la fa a reggere la pressione di una grande piazza come Roma che ha avuto una grandissima pazienza (lui, incredibilmente, non se ne accorge). Nella sua ultima notte (solo della stagione?) all’Olimpico lo ha ammesso in pubblico, senza chiarire se sarà addio o arrivederci: «E’ questa la domanda che mi faccio. Se sono stato qui quest’anno, è perché pensavo così. Sono molto soddisfatto di aver vissuto questa esperienza fino adesso. È un lavoro appassionante che mi dà un piacere incredibile. Ci sono cose che non sono più belle, ma non mi lamento, perché per fortuna posso lavorare facendone una di quelle che più mi piace. Non è questo il discorso. È quello di essere onesto con me stesso, con chi mi ha preso e con quelli che rappresento come allenatore della Roma. Niente di più, niente di strano. Sono la stessa persona di inizio stagione, la penso nello stesso modo».

    Al di là di chi sarà il suo nuovo (nuovo?) allenatore, la Roma per la prossima stagione non ha bisogno di ritocchi ma di una vera e propria ristrutturazione. Una massiccia ristrutturazione, ai limiti della rivoluzione. Perché l’andamento della stagione ha dimostrato che la rosa messa a disposizione di Luis Enrique nella passata estate dal ds Walter Sabatini è ricca di contraddizioni e di lacune. Questo vuol dire che c’è bisogno di parecchi innesti, in ogni reparto. E gli acquisti dovranno andare di pari passo con le cessioni, perché - al momento - c’è troppa gente a Trigoria che non può/deve giocare in una Roma con ambizioni.

    Cominciamo dalla difesa. I tre attuali portieri non creano problemi, nel senso che potrebbero tranquillamente essere confermati. Discorso diverso assai, invece, per quanto riguarda gli esterni: José Angel, neppure convocato per la partita contro il Catania, rappresenta una delusione assoluta; Rosi non ha mai convinto, anzi spesso ha deluso; Cassetti ha il contratto in scadenza, come Cicinho; Taddei è un adattato. Questo vuol dire che la Roma della prossima stagione avrà bisogno di almeno quattro nuovi esterni, due titolari, una a sinistra e l’altro a destra, e due riserve. E passiamo ai centrali: Heinze si è visto automaticamente rinnovare il contratto per un’altra stagione, ma ha nostalgia dell’Argentina e, quindi, potrebbe mollare Trigoria, senza che nessuno al Bernardini - è bene precisarlo - si strapperebbe i capelli; Juan nei mesi passati non è mai stato fisicamente affidabile, e chissà se lo sarà con un anno in più sulle gambe; Burdisso è reduce da un gravissimo infortunio; Kjaer è in prestito e per riscattarlo dal Wolfsburg servono 7 milioni di euro. Ad occhio e croce, quindi, sono necessari almeno due centrali, a patto che si confermi Kjaer. Se Juan deciderà di tornare in Brasile, il numero è destinato fatalmente, e logicamente, ad aumentare.

    A centrocampo, intoccabili e confermati De Rossi e Pjanic. Marquinho costa altri 4,5 milioni di euro e, viste le sue prestazioni, meriterebbe di restare. Simplicio non ha mai fatto polemiche e quando è stato chiamato in causa raramente ha deluso. Perrotta deciderà autonomamente il proprio futuro, ma per lui già quest’anno c’è stato pochissimo spazio. Greco continua ad essere un centrocampista accompagnato da parecchi punti interrogativi. Gago è in prestito, guadagna un sacco di soldi e, tutto sommato, non ha inciso come ci si aspettava. Pizarro, di rientro da Manchester, potrebbe servire solo se non dovesse restare Luis. Riassunto: serve soprattutto un intermedio titolare di qualità.

    In attacco, Osvaldo e Lamela, per differenti motivi, non si muoveranno. Bojan ha segnato sei gol senza mai esser stato titolare, ma in pochi se ne sono accorti. Borini, che è in comproprietà con il Parma, ha avuto una grossa fiammata poi è calato vistosamente. Totti è Totti, cioè la Storia della Roma. Per Borriello, attualmente in prestito alla Juventus, vale il discorso fatto per Pizarro. Quindi? Servirà innanzi tutto un vice Borini, se non verrà confermato. E poi sarà necessario dare qualità al reparto, perché Totti non potrà continuare a risolvere i problemi all’infinito.


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