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  • Roma, Doni| 'Troppe bugie su di me. Adesso parlo io...'

    Roma, Doni| 'Troppe bugie su di me. Adesso parlo io...'

    L'intervista integrale apparsa sul numero di luglio di Rivista Romanista. “Eccomi, finalmente riesco a stare un attimo tranquillo, ho appena portato mio figlio alla scuola calcio, qui a Riberao Preto, la mia terra.

    E ora sono pronto. Va bene, facciamo l’intervista, così finalmente posso raccontare la mia versione su molte cose accadute quest’anno”.

    Donièber Alexander Marangon, per tutti semplicemente Doni, non si tira indietro. Di cose ne ha parecchie da dire e stavolta le tira fuori tutte, facendo chiarezza su una stagione che ha vissuto su due piani distinti: quello che accadeva a Trigoria e quello che usciva all’esterno. E tutto quello che lo riguardava usciva in una forma che attraverso questa intervista esclusiva Doni adesso contesta. Non lo dice espressamente per orgoglio, ma sembra far intendere che qualcuno abbia tramato contro di lui, per metterlo in cattiva luce in un momento di difficoltà, con qualche compiacenza interna.

    Dopo la delusione mondiale è in vacanza in Brasile, non sa ancora se la prossima stagione giocherà con la Roma o altrove. Qualche squadra si è interessata a lui, ma nessuna è andata sul concreto. Se n’è interessato anche Franco Baldini, una strada poteva portarlo in gran segreto al Chelsea, ma non se n’è fatto più niente. Al telefono la voce risuona squillante.

    È appena finita Olanda-Uruguay, i vostri killer sono arrivati fino in fondo. “La semifinale non l’ho vista. Trascorro poco tempo in Brasile e quando ci sto ho sempre mille impegni da sbrigare. L’Olanda è una buona squadra, ma io resto convinto che il Brasile sia più forte. Abbiamo sbagliato un tempo, il secondo. E siamo fuori. Che rabbia”.

    Sembra il destino della Roma. La partita con la Sampdoria somiglia un po’ a Brasile-Olanda. “È vero, nel primo tempo vai in vantaggio e hai diverse occasioni per raddoppiare, sembra tutto a posto, gli avversari non si vedono nemmeno. Poi dopo l’intervallo cambia tutto. È il calcio, capita”.

    Viste le immagini del vostro rientro in patria, i vostri connazionali sembravano molto arrabbiati. “Io ho visto solo tanta gente dispiaciuta, in realtà ci hanno appoggiato tutti. Conoscono il nostro valore, i nostri tifosi sanno che abbiamo dato il massimo. A me dispiace soprattutto per il gruppo, c’era una grandissima unione tra noi. Peccato”.

    Dunga ha creduto in te fino in fondo e ti ha convocato nono stante la stagione incerta che hai vissuto. Ora non è più il ct del Brasile. “Da noi è normale così, se sbagli un mondiale vai a casa. Mi dispiace, certo, è un bravo allenatore e una grande persona. Sono sempre stato tranquillo riguardo la mia convocazione. Dunga aveva sempre detto che avrebbe portato ai mondiali il gruppo formato in questi quattro anni e così ha fatto”.

    La Roma torna in ritiro senza di te, a tutt’oggi sei un giocatore della Roma. Dopo le vacanze torni a Trigoria? “Certo, non ho saputo niente, della Roma non mi ha chiamato nessuno. Fino a prova contraria sono un giocatore della Roma, dopo le vacanze torno per mettermi a disposizione di Ranieri. Voglio tornare a lottare per un posto in squadra”.

    La tua carriera ha vissuto di alti e bassi e l’ultima è stata la tua peggiore stagione con la maglia della Roma. Che cosa è andato storto? “Mah, per me è stato un anno normale, solo ad ottobre sono guarito, ma quando torni ci vuole un po’ per ritrovare la miglior condizione, era pure cambiato l’allenatore che ha cercato subito di ritrovare i risultati e per fortuna nostra è riuscito pure a trovarli. Io ho giocato pochissimo, sette partite in totale in campionato, senza continuità, è difficile così trovare la forma migliore. Quando sono stato bene penso di aver mostrato il mio valore, quest’anno non sono mai riuscito a farlo”.

    Facciamo un po’ d’ordine. Il cambio d’allenatore ha indubbiamente cambiato le tue prospettive. Con Spalletti eri indiscutibilmente il titolare, con Ranieri non è stato così. “Con Spalletti ormai c’era feeling, quando è arrivato Ranieri non ero disponibile perché infortunato, e poi non ci conoscevamo, il rapporto era tutto da costruire. Ma nonostante tutto quello che s’è detto non ho mai litigato con lui”.

    Litigato magari no, ma di discussioni ce ne sono state parecchie. “Sono qui apposta, parliamone. Risponderò a tutte le domande”.

    Intanto cominciamo dalla sostanza: tutti sanno a Trigoria che ci sei rimasto male quando non sei stato considerato buono neanche per la coppa Italia o la Europa League. Ma Julio Sergio si era guadagnato la fiducia dell’allenatore. “Diciamo che mi aspettavo di giocare in quelle altre competizioni. Fino a quest’anno è sempre stato così. Per le coppe almeno si poteva fare un po’ d’alternanza”.

    Non sempre. Ma, insomma, ti sei arrabbiato? “No, arrabbiato mai. M’è dispiaciuto non aver avuto la possibilità di giocare con continuità. Speravo di giocare almeno in Europa League e niente, e poi in Coppa Italia e niente. Ma conosco i ruoli, l’allenatore decide, il giocatore deve adeguarsi. Io l’ho fatto. Il problema semmai è che non ero abituato alla panchina, e l’ho scontato”.

    Che significa? “Ad Atene, per esempio. Non c’ero con la testa. Ho sbagliato, e con Ranieri poi ne abbiamo parlato. Mi ha rimproverato perché non mi sono fatto trovare pronto. Aveva ragione. Devo imparare a stare in panchina, gliel’ho detto anche a lui, non ero abituato. Per me è fondamentale la concentrazione che mi garantisce il fatto di giocare titolare. Se vado in panchina non riesco a concentrarmi. È successo anche in coppa Italia. Non riesco. O meglio, non riuscivo. Poi ho provato a lavorare su questo. L’ho promesso anche a Ranieri: non succederà mai più”.

    Un altro episodio poco piacevole c’è stato alla vigilia della partita con l’Inter: non eri convocato per infortunio, ma poi sei andato in Nazionale e stavi bene. “Anche questo episodio ci tengo a chiarirlo, una volta per tutte. Era novembre, non stavo bene in quel periodo, in una partita precedente avevo preso una botta alla schiena, non ero al meglio, insomma. E in allenamento avevo un po’ di difficoltà, non volevo forzare. Così Pellizzaro, d’accordo con Ranieri, mi ha chiesto di provare a calciare. Ho provato, ma sentivo dolore, e ho smesso. Sono rientrato negli spogliatoi convinto di essere comunque inserito nell’elenco dei convocati per la partita. E invece non c’ero. Ne ho preso atto”.

    E sei andato in Nazionale. “Ranieri mi chiese di rimanere e di non andare in nazionale, io ho risposto che invece avrei preferito andare e farmi visitare. Erano otto mesi che non andavo in nazionale, non volevo fare un torto a nessuno. Mi sembrava logico andare e farmi visitare, e semmai rientrare. Su questo avevamo idee diverse. Poi Bruno Conti e Daniele Pradè hanno parlato con Rosella e mi hanno autorizzato ad andare. Senza nessun litigio. Invece sui giornali ho letto di tutto, che me n’ero andato sbattendo la pettorina in terra, che ero partito senza autorizzazione. Poi il medico della Nazionale brasiliana mi ha detto che avrei potuto curarmi con loro e così sono rimasto”.

    In quel periodo andava di moda dire che voi brasiliani snobbavate la Roma ma per la Seleçao eravate sempre pronti. Tu e Juan sullo stesso piano. “La gente fa presto a dimenticare la realtà, ma io non ho mai voluto andar dietro alla fantasia di chi strumentalmente metteva in giro queste voci”.

    In fondo l’anno prima avevi giocato un’intera stagione con un buco nel ginocchio. “L’hai ricordato tu, ma io non penso di aver fatto sacrifici. Eravamo in un momento importante, avevamo il sogno della finale di Champions a Roma, tirarmi indietro mi sembrava da vigliacchi, ho stretto i denti”.

    Pentito? “Col senno di poi ho capito che a volte è meglio curarsi e rientrare solo quando si sta bene. Così ho fatto successivamente”.

    Per questo a fine stagione non hai più giocato? “Non stavo bene, inutile rischiare. Avevo male alle spalla, mi allenavo sul dolore, mi buttavo e sentivo male. Ora preferisco guarire”. Ranieri sembrava non gradire. “Domandatelo a lui, io ora se ho dolore cerco di guarire”.

    Alti e bassi: col Chievo non ci hai pensato un attimo a sacrificarti per non far prendere alla Roma il gol del pareggio. “Esatto, non ci ho pensato un attimo, era il bene della squadra. Qualche amico mi ha rimproverato, mi ha detto che dovevo pensare al mio bene, era importante in quel momento ritrovare un po’ di continuità, ma io non ragiono così. Per me la mia squadra viene prima di tutto”.

    E quando ti sei rifiutato di riscaldarti con Julio Sergio? “Questa è un’altra bugia fatta circolare da gente interessata”.

    Racconta. “Quel giorno (era col Bari, la partita successiva a quella con l’Inter, ndr) ero in panchina a cambiarmi, ho chiesto a Pellizzaro se avesse bisogno di me per il riscaldamento, mi ha detto che non era fondamentale, e sono rimasto dov’ero”.

    Ammetterai, non è il massimo. “Ma ho chiesto a lui, non ho deciso da solo”.

    E Ranieri? “S’è arrabbiato. “Una cosa così non mi è mai successa”, mi disse. E io risposi di aver chiesto a Pellizzaro, che poteva arrabbiarsi con lui. Ma lui fu inflessibile: “Ma tu queste cose non devi neanche chiederle”. “Allora chiedo scusa”. E non è mai più successo”.

    Che hai contro Julio Sergio? “Niente, semplicemente non siamo amici. O meglio, sul campo lo siamo. I miei compagni per me sono tutti amici. Fuori dal campo scelgo le persone con cui vado a cena. E vi assicuro che in ogni gruppo è così”.

    Su Rivista Romanista abbiamo scritto (in un pezzo di Ugo Trani) che ci sei rimasto male per un’intervista rilasciata da Julio alla Gazzetta. “È vero, e quando si dicono bugie io sono triste. Te lo dico sinceramente e credimi, perché queste cose non le ho mai dette a nessuno. Ma leggere che io facevo la panchina a lui anche in Brasile è una bugia. Però non ci ho litigato neanche dopo questo episodio. Non posso mettermi a smentire tutto quello che esce”.

    È vero che un bravo portiere dev’essere anche fortunato? “La fortuna fa parte del nostro mestiere. A volte puoi non essere in forma, ma la squadra sta bene e nessuno se ne accorge, oppure è il contrario. È il nostro mestiere”.

    Tornerai a Roma a fine mese? “Sì, ho bisogno di fare un po’ di vacanze, poi torno”.

    Per restare? “Credo di sì, non ho avuto notizie diverse. A me piacerebbe giocare, forse altrove avrei maggiori garanzie, ma dipende dalla Roma”.

    E se dovrai restare? “Sono pronto a lavorare al meglio delle mie possibilità. Mi metterò a disposizione di Ranieri. Ho una carriera ancora davanti”.

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