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  • Roma nel laboratorio di Luis Enrique

    Roma nel laboratorio di Luis Enrique

    Nella Ciutat Esportiva “Joan Gamper” si respira un’atmosfera irreale. Alla vigilia della finalissima di Champions, che il Pep-team disputerà a Wembley, con un sole che scioglie le gradinate di pietra e un’umidità che ti squaglia, salta subito all’occhio l’assenza degli habitué blaugrana, che popolano con cadenza quasi quotidiana i campi di allenamento. Per limitare le sofferenze, lo staff tecnico del Barça B ha deciso di anticipare la seduta di un’oretta rispet­to ai programmi, ma la sicurezza, che ne è rimasta all’oscuro, trattiene la mancia­ta di giornalisti accorsi, tutti immanca­bilmente italiani, fino alle 11.

    SORVEGLIANZA - Si capisce subito che le maglie della sorveglianza sono piuttosto strette, nonostante l’assen­za di Messi e compagni, e sarà difficile andare oltre ai 10 minuti a porte aperte annunciati. Compare final­mente il responsabile della comunicazione del club che si scusa per il disgui­do, e ci introduce nel labo­ratorio blaugrana. Solita­mente la porzione d’allena­mento offerta ai giornalisti è puramente di lavoro fisi­co, ma giunti verso la conclusione, ci viene concesso di assistere a una parte incentrata sull’aspetto tattico. Nel silen­zio di San Joan Despì, risuona il tonfo sordo del pallone, prima che s’inizi a di­stinguere la voce di Luis Enrique, in­stancabile nel dare indicazioni. Il tecni­co asturiano chiama a raccolta i suoi ra­gazzi, al centro del campo numero 7. Oc­chiali a specchio e lavagnetta in mano, si dilunga a ripetere i movimenti, accom­pagnando ogni parola con una mimica piuttosto esuberante.

    PERFEZIONISTA SILENZIOSO – Mancano gli assenti giustificati, Thiago e Fontás, ol­tre ai due portierini Miño e Oier, tutti convocati a Londra con la prima squa­dra, ma la combriccola ormai è abituata a farsi saccheggiare i migliori elementi da Guardiola. I giocatori, divisi in due squadre dalle pettorine sgargianti fuc­sia e azzurro cielo, improvvisano una partitella, disputata in una sola metà campo, dove gli spazi si stringono terri­bilmente. ‘ Lucho’ interrompe di conti­nuo ogni giocata, per vivisezionarla fin nel più microscopico dettaglio. Il classi­co 4- 3- 3 si deforma sul campo ridotto, allargandosi e poi stringendosi in un istante, sotto le grida del allenatore. I ra­gazzi sembrano davvero affaticati, la ca­lura toglie il respiro, ma il giovane tec­nico non dà alcun segno di stanchezza. La sfida di domani, con il Salamanca, per lui, sarà l’ultima al “ Mini Estadi”. Poco conta se, a questo punto della ‘temporada’, il risultato sarà ininfluente, con il filial blaugrana già qualificato per i playoff che non potrà disputare, a causa della norma che im­pedisce a uno stesso club liguero di schierare più di una squadra nel medesimo torneo. Luis Enrique vuole congedarsi alla grande dai suoi fedelissimi, che l’han­no sostenuto nel suo trion­fale triennio e continua a spremere i suoi ragazzi.

    L’ATTESA - I dieci minuti sono ormai pas­sati e l’addetto stampa invita i cronisti ad allontanarsi, ma ormai la seduta è agli sgoccioli. I giocatori si tuffano negli spogliatoi, alla ricerca di un po`di refri­gerio. Poi passa anche Luis Enrique, asciutto e concentrato, che non si sbot­tona: « Parlerò domenica » . E a quanto pare, ci sarà un’ampia schiera di croni­sti italiani ad attenderlo che, nelle ulti­me ore, hanno arroventato le linee tele­foniche dell’ufficio stampa bluagrana, alla ricerca di un accredito e di una con­ferma al suo imminente passaggio alla Roma.

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