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  • Zeman: 'A Roma i giocatori fanno quello che vogliono. Sulla Juventus...'
Zeman: 'A Roma i giocatori fanno quello che vogliono. Sulla Juventus...'

Zeman: 'A Roma i giocatori fanno quello che vogliono. Sulla Juventus...'

Zdenek Zeman, ex allenatore di Lazio e Roma (ora al Lugano), ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport in cui parla dei vari avvenimenti che hanno caratterizzato la sua carriera. Queste le sue parole:
Alla Roma preferirono la squadra alle teorie di Zeman.
"Io ho l’abitudine a costruire e stavamo cercando di farlo anche in quel caso. A Roma i calciatori fanno quello che vogliono, ne avevo sempre dodici sul lettino e due bloccati sul Raccordo Anulare e non mi andava bene. C’è un senso della professionalità che va tutelato, sempre, ed io a questo miravo. Il mio esonero avvenne dopo un'intervista in cui chiedevo rispetto delle regole, non si può fare a meno di regole. Io a Roma avevo sempre dodici giocatori sul lettino e due bloccati sul Raccordo Anulare, non mi andava bene. Io e la società eravamo diversi nell'analizzare le vicende. Alla Roma vogliono raggiungere il massimo risultato col minimo sforzo".
Cosa pensa di Roma e Lazio?
"Hanno organici di spessore, le ultime gare di Garcia sono state tristi. Per me è stato difficile commentare la sconfitta col Barcellona, non si può non giocare in quel modo. Ci fossi stato io si sarebbe detto "le solite squadre di Zeman"".
A Natale era a due punti dalla Champions:
"E dunque la distanza, nei dialoghi, non era rappresentata dai risultati: eravamo diversi, io e la società, nell’analizzare le vicende, nell’osservare le situazioni. Io privilegio la professionalità".
Queste licenze appartengono secondo lei anche al Barcellona e al Bayern, tanto per fare due esempi?
"Mi pare proprio di no. Semmai è concetto diffuso che l’orientamento dell’organizzazione interna è mutata: un club ha interesse a tenere elevato il valore del proprio calciatore e questo induce a subirne certi atteggiamenti. Prima si parlava di gruppo, adesso domina l’interesse individuale e poi ci sono squadre nelle quali trovi dieci stranieri ed un solo indigeno: diventa tutto più complicato, perché sono estrazioni diverse, culture lontane, hanno bisogno di ambientamento".
Sulla Juventus:
"Va detto che la Juventus gestisce i propri giocatori in modo diverso e chi non si adegua non fa strada. A me non piace l’uso della forza, però la modalità è quella giusta. Ai calciatori, parlando genericamente, manca il senso della responsabilità". 
Su Guardiola:
"Pensavo che a Barcellona potessero vincere tutti ma mi ha smentito, ha cambiato il Bayern Monaco e l'ha reso bello, è un tecnico che sa offrire vari modi di attaccare".
Alcuni retroscena sulla sua carriera? Con chi le sarebbe piaciuto lavorare?
"Mi sarebbe piaciuto lavorare con Boniperti, lui ci capiva di calcio. Sono stato vicino all'Inter due volte sia con Pellegrini che con Moratti. Juventus? Ce l'avevo con chi ci lavorava, non con la Juve in sé. Totti? Si è portato in spalla la Roma per 20 anni, sono contento che non giochi almeno non si dice che la colpa è sua. Dopo Totti il giocatore più forte che ho avuto è stato Boksic, ma dipendeva da come si svegliava...".

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