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  • Ronaldo profeta in patria: ad ogni costo

    Ronaldo profeta in patria: ad ogni costo

    • Pippo Russo
    A margine della cerimonia di assegnazione del Pallone d’Oro aveva detto che gli piacerebbe avere il piede sinistro di Lionel Messi. Ma di sicuro Cristiano Ronaldo non immaginava che qualcuno deturpasse la sua statua in bronzo nell’isola di Madeira, tracciando sulla schiena del CR7 fatto monumento il numero di maglia e il cognome dell’argentino. Uno smacco che rimane nonostante la pronta cancellazione dello sfregio. Forse l’opera di un buontempone, ma più probabilmente il segno che il fuoriclasse portoghese stenti a essere amato persino nella sua terra natia. Al punto di vedersi sbeffeggiare da suoi conterranei, poche ore dopo aver subito lo scorno di perdere una puntata dell’interminabile duello col rivale che come lui sta segnando quest’epoca calcistica.

    Venuta a conoscenza dell’episodio, la sorella di CR7 ha espresso un’opinione stizzita. “Gente invidiosa”, ha detto la signora Katia Aveiro. Un’interpretazione che magari centra una parte di verità, ma che se si esaurisse lì sarebbe troppo di comodo. Perché la stupidità del gesto fa il paio con la stupidità di avere eretto in uno spazio pubblico quella statua dedicata a una persona di appena trent’anni, e di averle addirittura dedicato un museo. Tutto eccessivo, e senza alcun riguardo per un senso minimo della profondità storica che richiederebbe di lasciar decantare il tempo vissuto da un personaggio pubblico, prima di musealizzarlo o dedicargli un monumento.

    Molto probabile che si sia trattato di un gesto isolato, e che tale rimanga. E tuttavia CR7 e i suoi consiglieri, a partire da Jorge Mendes, farebbero bene a non sottovalutarlo. Come le grandi star del pallone contemporaneo, Cristiano Ronaldo va oltre la dimensione del campione calcistico per assumere quella dell’icona pop globale. È un divo dell’immagine e della comunicazione che ha saputo costruirsi tale status grazie alle prestazioni del campo, e a un curriculum che nemmeno il detrattore più preconcetto si sognerebbe di mettere in discussione. Ciò non toglie che un eccesso d’Ego possa giocare brutti scherzi. E nel caso di CR7 questo eccesso prende forma attraverso la volontà d’essere a tutti i costi profeta in patria. Missione difficile per chiunque, anche per i grandissimi. Dunque da affrontare con tutte le cautele del caso. Non certo con atti e iniziative che danno una sensazione d’invadenza, col rischio di suscitare nei conterranei un disappunto tutto particolare: quello provocato da colui che ha fatto fortuna altrove e quando torna dalle sue parti la ostenta a chi è rimasto lì, fino a fargliene sentire il peso: di quella fortuna accumulata altrove, e di essere rimasti lì.

    Su questo piano, CR7 avrebbe fatto meglio a essere un po’ più sobrio. E invece ha fatto sì che venisse collocata una statua a lui dedicata - bruttissima, peraltro: con quella posa da bullo di quartiere, quasi lubrica e a gambe divaricate, di quando s’appresta a calciare una punizione da fuori area - e che venisse inaugurato un museo dedicato alla sua persona. Ha persino sponsorizzato la neopromossa União Madeira, le cui maglie recano la scritta “CR7 Museu”. Una volontà troppo accentuata di lasciare il segno, che in più di qualcuno ha certamente suscitato fastidio.

    Dunque è soltanto invidia, come vorrebbe la sorella Katia? Troppo semplice. Piuttosto, tornano in mente le parole pronunciate tempo fa da Rui Alves, il presidente del Nacional Madeira. Commentando le voci riguardanti un forte investimento di CR7 nel settore immobiliare-turistico (con tanto di hotel a 7 stelle) da farsi nell’isola, Alves gli consigliò di lasciar perdere e godersi i propri soldi vivendo degli interessi che frutteranno (LEGGI QUI), perché secondo lui non vale la pena spenderli in progetti da realizzare a Madeira. E definì “cowboyadas” (“cose da cowboy”) quei progetti. Magari Alves intendeva dire che l’isola non è il miglior posto per fare investimenti. O forse voleva segnalare qualcosa di più profondo, rispetto al rapporti fra CR7 e la sua terra.

    @pippoevai
     

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