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  • Sabatini: Inzaghi come Conte, 'iddu pensa solo a iddu'

    Sabatini: Inzaghi come Conte, 'iddu pensa solo a iddu'

    In quei giorni lo chiamavano Sua Emittenza, per le tv. Giorni freddi di febbraio, anno 1986. Quel Milan aveva rosso il conto in banca, e nero il futuro. Lo salvò Berlusconi, Sua Presidenza: qualche giornalista sportivo provò il soprannome, ma non venne condiviso. Troppo arduo il confronto con Sua Emittenza coniato da Enzo Biagi.

    In questi giorni ricorre il ventinovesimo, ma è un compleanno che si celebra poco. Perché al Milan c’è tanto da ricordare, nulla da festeggiare. Anzi. Tira una preoccupante aria da fine impero, che molti fotografano nel dualismo Galliani-Barbara. Sbagliato. Certo, rappresentano il nuovo che avanza e il vecchio che non indietreggia. Scontro inevitabile, ma non necessariamente distruttivo. Conflitto di apparenza, non di sostanza. I due convivono come pagine complementari di uno stesso libro, e per scrivere la stessa storia.

    La storia, vera, è che Inzaghi allenatore fa copia e incolla con Inzaghi giocatore: aspetta, sul filo del fuorigioco, che tutta la squadra lavori per farlo segnare. Un egoista che sfrutta l’altruismo degli altri: può andare bene in campo, non in panchina.

    Ne parlavo con Gianluca Vialli, nei corridoi di Sky. Davanti alla macchinetta del caffè, si dice quel che si pensa senza filtro di giacca, cravatta, microfono e telecamere in faccia. Poi in tv esce la versione zuccherata, ovvio. Ma Vialli ascoltava e sorrideva british, che ormai quello è diventato: uno che vive a Londra, non può che assorbirne anche il mood.

    Inzaghi da calciatore parlava con i giornalisti-amici, se li “messaggiava” con puntiglio: devo giocare, quell’allenatore è scarso, non mi arriva un pallone, la formazione e… Con i capi tifosi la stessa musica e poi “Oioioipippoinzaghisegnapernoi”. Per le regole di qualsiasi spogliatoio, era un comportamento sul filo del fuorigioco. Ma sopportabile. Parlava per sé, senza coinvolgere tutta la squadra: al limite un rivale d’attacco o un tecnico, poca roba.

    Inzaghi non ha capito che tutto cambia, in panchina. Se un allenatore difende se stesso con i giornalisti-amici, inevitabilmente attacca tutta la squadra e/o la società. Se fa uguale con gli ultras, si prende cori e striscioni e applausi di appoggio. Ma in rumoroso contrasto con insulti e offese e fischi per squadra e società.
    Chi guida un gruppo deve invece soffrire da semplice altruista. Se diventa egoista (o torna egoista come da calciatore), la situazione precipita in “tutti contro tutti” e si salvi chi può. Mettere al collo lo sciarpone rossonero e salutate con la manina sono cose che vanno bene per catturare un televoto, non per formare un gruppo. Meccanismi da reality: il Milan dei Famosi.

    Ora, nei giorni del compleanno rossonero, da Villa San Martino in Arcore, che è Brianza furba e operosa, arriva la conferma: niente esonero, avanti con Pippo. Un'opportunità per lui, un opportunismo calcolato per Berlusconi e Galliani. Dopo il mercato di gennaio, la squadra vale Fiorentina, Lazio, Inter e tutte quelle che lottano per il quarto posto. Se il peggio deve ancora venire, che lo sopporti Inzaghi: l'allenatore scattato in fuorigioco. Dopo 29 anni di Sua Presidenza.

    Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)
    Web: sandrosabatini.com – Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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