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  • Sabatini: La Cina è vicina, il derby di Milano più lontano

    Sabatini: La Cina è vicina, il derby di Milano più lontano

    C’era una volta il derby che “eravamo in centomila quel di’” e Adriano Celentano cantava che ci si poteva innamorare perfino guardandosi da una curva all’altra, tanta era la passione che contagiava San Siro. Cori e coreografie, colori e sapori, perfino la nebbia (quando c’era) sembrava sprigionare un arcobaleno rossonerazzurro. E poi c’era un urlo che impegnava centomila le corde vocali: “Milano siamo noi, Milano siamo noi. Solo noi”. Lo cantavano a turno le due curve. Qualche volta si sovrapponevano. E allo stadio si sentiva un fantastico, primitivo, indimenticabile “effetto stereo”.

    Negli anni, oltre alla nebbia s’è diradato anche il derby. E Milano, capitale della moda, nel calcio è diventata fuori moda. Anzi, di più: passata di moda e sta passando di mano. L’Inter è già di un indonesiano, Thohir. Il Milan sarà presto dei cinesi che – scusate l’ironia da vecchia comicità – sembran tutti uguali di faccia e di cognome.

    Da quando un altro consorzio cinese s’è unito a quello già in corsa e alla cordata thailandese di Mr Bee, la vendita del Milan è sempre più un… giallo: ecco un’altra battuta (che non fa ridere). Ma è l’ultima, giuro. Adesso il discorso si fa serio perché vengono vendute le squadre milanesi che erano dei Moratti e di Berlusconi, decenni di storia e momenti di gloria. A Milano restano il Duomo, il panettone e la cotoletta. Più le briciole.

    Ma che arrivino da Oriente o dall’America, i nuovi padroni hanno qualcosa da insegnarci. A far tornare i conti, per esempio: e sarà un bene per tutti, che di pasticci alla Ghirardi abbiamo la nausea. A trattare i curvaioli come meritano: inchini se sono davvero il cuore pulsante del tifo, “fucking idiots” se – in pochi ma cattivi – espongono striscioni da vergogna. E poi gli stranieri insegneranno a resistere convinti, se arriveranno minacce di diserzione dello stadio. Il riferimento è a quel che sta succedendo alla Roma di Pallotta in questi giorni. In sintesi: ultras che esortano a non andare all’Olimpico per solidarietà con chi aveva esposto lo striscione che offendeva la mamma del povero Ciro. Cose dell’altro mondo. Sperando che non si sappiano in giro per il mondo.

    A Milano i tifosi che alloggiano in curva puntano il mirino su altri obiettivi. Gli interisti se la prendono con gli juventini (ben ricambiati) ancora per Calciopoli e ferite scudettate che nessuna sentenza potrà mai rimarginare. I milanisti inneggiano ai grandi acquisti del Berlusconi che fu, per attaccare il Berlusconi che è: questione di tempi, non solo verbali, che cambiano.

    Thohir si fa tradurre i messaggi nerazzurri. I cinesi faranno lo stesso con le lenzuolate rossonere che sventolano #saveacmilan, linguaggio universale dei social per farsi intendere ovunque. E comunque.
    Intanto arriva un altro derby. Sarà l’ultimo di Silvio Berlusconi, il personaggio più “italiano” degli ultimi vent’anni italiani. L’uomo che ha fatto tv e calcio. Poi, grazie a tv e calcio, ha fatto anche politica per “combattere i comunisti”. E ormai non è più quello di una volta: sta vendendo il Milan ai cinesi. Che più comunisti di loro non ce n’è.

    C’era una volta il derby di Milano. Salutatelo domenica, con affetto e rispetto. Basterà un “ciao” italiano, che piace ed è compreso in tutto il mondo. Come il calcio.
     
     
    Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)
    Web: sandrosabatini.com  -  Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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