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  • Sassuolo: l'analisi del 'Rapid-Viertelstunde' e le insidie per Di Francesco

    Sassuolo: l'analisi del 'Rapid-Viertelstunde' e le insidie per Di Francesco

    • Luca Bedogni
    Chi va a giocare all’Allianz Stadion di Vienna rischia come minimo di passare un brutto quarto d’ora. E’ tradizione ormai consolidata, infatti, che i tifosi di casa osservino il famoso Rapid-Viertelstunde, il Rapid-quarto-d’ora. Una manciata di secondi prima del 75’, qualunque sia il parziale, il pubblico comincia ad intonare l’ “Oooo” di attesa, in crescendo, finché non scatta l’applauso ritmico, all’unisono, incalzante, che accende l’atmosfera. E’ il segnale per i propri beniamini: la partita volge al termine, bisogna fare di più, dare il tutto per tutto se si è sotto, stringere i denti se si vince.

    Per trovare un esempio di Rapid-Viertelstunde riuscito, non occorre andare tanto in là: prendete l’ultima di campionato, sabato scorso. I biancoverdi perdevano 1-0 contro la seconda in classifica, l’SCR Altach (la Bundesliga austriaca è composta da dieci squadre, il Rapid Wien è quinto, e questa di sabato era già la seconda giornata di ritorno). Nel finale concitato, stretti gli avversari nella loro metà-campo, il Rapid ha raggiunto il pareggio all’ 89’, grazie a un colpo di testa del centrale Schösswendter, che ormai era salito in pianta stabile in attacco a dar man forte a Joelinton, il centravanti brasiliano (classe ’96). Due che si aggirano sul metro e novanta, per intenderci, serviti a ripetizione dai lanci di capitan Schwab, o da Pavelic o Schrammel, i terzini, alla ricerca disperata del gol scaccia-crisi. Sarebbe stata la terza sconfitta consecutiva, dopo quella accettabilissima di Bilbao (1-0), in Europa League, e quella un po’ troppo rotonda, in campionato contro il Ried (4-2). Ma è bene far presente che nell’ultimo quarto d’ora di sabato, il Rapid si era come spazientito, aveva smesso di costruire il  gioco che sa fare, ed era diventato puro slancio, solo lanci e sponde. Il 4-2-3-1 di Büskens, l’allenatore tedesco che da questa estate siede sulla panchina dell’Allianz, non si vedeva più.

    In realtà, in ogni partita, i Kanoniere vogliono dominare gli avversari con un possesso che prevede la salita spavalda dei terzini fino alla trequarti avversaria e oltre, come ad esempio in questo caso, tratto proprio dalla partita di sabato.
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    I tratti in rosso uniscono la linea difensiva dei 4 (malgrado le distanze) durante una fase offensiva particolarmente riuscita. I terzini Pavelic e Schrammel hanno sviluppato a tal punto la loro salita da trovarsi entrambi, e nello stesso momento, in una posizione molto avanzata. L’ampiezza è compito loro, mentre a pochi metri l’uno dall’altro, i 4 giocatori più offensivi del Rapid (Joelinton, la prima punta, Szanto, il trequartista, Murg e Schaub, gli esterni) hanno il dovere di insidiare la zona centrale, davanti all’area, pronti ad attaccare la porta. Qui sopra capitan Schwab fa uno dei suoi lanci col mancino e pesca Pavelic, che di prima intenzione la ribatte in mezzo.

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    Per la velocità d’esecuzione del cross, il centrale della difesa a tre dell’Altach, che prima accorciava su Szanto, ora non riesce a seguire Joelinton, mentre il suo compagno di reparto di sinistra è semplicemente in errore, uno non prevedendo il cross di prima, due preferendo abbandonare la punta brasiliana per coprire l’appoggio facile su Schaub, che però non arriva. Ecco come la superiorità numerica raggiunta in ultimo dal Rapid grazie a un cambio di campo improvviso può mandare in confusione le difese avversarie.

    Nella partita di andata, sempre contro l’Altach (andiamo indietro al 31 luglio 2016), il terzino Pavelic, ancora una volta più alto e più esterno dell’esterno sinistro, addirittura taglia verso la porta. Il solito Schwab lo vede e tenta il lancio, leggermente impreciso. In realtà non sono cose nuove per chi avesse visto giocare l’anno scorso lo stesso Vrsaljko nel Sassuolo, o Lichtsteiner ai tempi di Pirlo. Dunque il modulo di partenza non conta, si può fare col 4-3-3, col 3-5-2 e col 4-2-3-1 del Rapid di Büskens.
     
    Ma cos’è che consente a Pavelic di salire così tanto? Un trucchetto da nulla: l’abbassamento di uno dei due mediani (Grahovac, ma al suo posto potrebbe esserci il croato Mocinic), in fase di costruzione, tra centrale e centrale,

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    in modo tale da ottenere una linea a tre provvisoria, e consentire  uno dei due centrali (in questo caso Schösswendter) di aprirsi e “spingere in su” il terzino. Traustason, l’esterno di sinistra, da una parte si abbassa per  compensare l’ardimento del compagno, dall’altra per occupare una zona di campo piuttosto strategica: l’half-space (lo spazio di mezzo). Ecco in un’altra azione della stessa partita, la ricerca dello spazio di mezzo sul lato opposto, sempre ad opera dell’esterno islandese.

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    Non passi inosservato il movimento di Schwab (in questo caso mediano) che va ad allinearsi col trequartista Schaub.

    Un’ultima considerazione riguarda le rimesse laterali negli ultimi trenta metri di campo. Detto che una risorsa estrema del Rapid, specie nell’ultimo quarto d’ora, sono le palle lunghe a cercare la testa e la protezione del pallone di Joelinton, per i falli laterali a pochi metri dalla bandierina vale lo stesso discorso: sia Pavelic che Schrammel hanno forza sufficiente nelle braccia per trovare il brasiliano fin quasi a centro area. Naturalmente anche Schösswendter, nel caso si mettesse male. Però attenzione perché Büskens potrebbe anche stupirci con uno schemino tipo questo.

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    Tre movimenti a catena. L’innesco è Schobesberger, che finge la profondità e risale con un mezzo cerchio allargando ulteriormente la distanza tra centrale e centrale laterale destro dell’Altach. Traustason, di conseguenza, ruota verso l’alto, mentre dal lato opposto, con la mano alzata si avvicina Schaub. Avvistato il movimento del compagno più lontano, Schrammel carica e batte, mentre Traustason si fionda dentro al varco, direzione porta.

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    Schaub, numero dieci con un gran mancino, abilissimo nei tagli e nell’andare in rete (9 gol stagionali tra campionato e coppa, potremmo dire il loro Berardi, visto che è anche lui un ’94), qui è bravissimo a trovare il tempo del passaggio di testa e a mettere in porta il compagno.
     
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