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  • Soldi o bene del club:| Il dilemma della Sensi

    Soldi o bene del club:| Il dilemma della Sensi

    Il giorno che Unicredit le strappò il gioiello ereditato da papà Franco, Rosella Sensi discusse a lungo con i creditori sulla dichiarazione da consegnare all'opinione pubblica. «Tutto è stato fatto per il bene della Roma»: la presidente voleva che si sapesse. E voleva che fossero i rappresentanti della banca a trasmettere il messaggio. Al tramonto, era l'8 luglio, la sottolineatura toccò a lei. Quella frase rimase il suo cavallo di battaglia, arricchito dalla promessa di un «futuro glorioso» fatta ai tifosi poco prima che le offerte per l'acquisto del club arrivassero sul tavolo dell'advisor Rothschild. Americani, arabi, Angelucci, stanno tentando di scrivere il futuro della Roma: ma la Dottoressa per chi fa il tifo?

    Dall'aspra battaglia con l'istituto di credito, è uscita con l'azzeramento di un debito di oltre 325 milioni di euro, una buonuscita di 30 milioni in immobili, l'appoggio per il colpo Borriello e, soprattutto, un bonus sulla vendita della società, il 5% dell'eccedenza rispetto a 100 milioni. Tanto per fare un esempio: se la Roma sarà venduta per 120 milioni, uno spetterà a lei. Fin qui la logica del denaro. Che sfida quella del cuore.

    La priorità dichiarata, «il bene della Roma», dovrebbe spingerla a parteggiare per il contendente che ha presentato il progetto di sviluppo migliore. In soldoni, quello disposto a investire sulla squadra. Conteranno «criteri non solo quantitativi ma anche qualitativi», spiegava un comunicato di Italpetroli. La posizione di Totti è meno scomoda e più chiara: «Avere un presidente romano e romanista è gratificante, ma uno sceicco che arriva e mette 200 milioni per comprare i giocatori farebbe tutti felici», disse il capitano giallorosso la scorsa estate.

    La Sensi, che nel frattempo non si è scrollata di dosso lo zoccolo duro di chi la contesta, è chiamata a calcoli diversi. Giampaolo Angelucci ha fatto sapere di voler spendere 100 milioni in tre anni per la campagna acquisti. Ma la cifra offerta a Unicredit non consentirebbe a Rosella di ottenere un altro assegno. Tuttavia, se a vincere fosse l'imprenditore romano le rimarrebbe la speranza di conservare una poltrona (e uno stipendio?) nel cda della Roma. Un'ipotesi che non ha trovato conferme. Ma neanche smentite.

    Viceversa, con la vittoria della cordata americana di Mr. DiBenedetto o di Aabar (che lascia forti dubbi su Unicredit), non avrebbe chance. In tal caso, potrebbe ambire alla presidenza della Lega di serie A. Le congetture sull'amicizia con Galliani, l'appoggio «politico» e gli intrecci di mercato l'hanno mandata su tutte le furie: «Non ho barattato il mio futuro con Mexes», la precisazione al veleno.

    Domani, quando i rappresentanti di Piazza Cordusio e di Rothschild si incontreranno con lei per fare il punto della situazione, il suo parere non conterà più di tanto. L'ultima parola, in sostanza, spetterà alla banca. Suo malgrado, Unicredit l'ha tenuta alla finestra nei mesi in cui si sono intensificate le trattative con i potenziali acquirenti. Il numero e l'entità dei soggetti interessati, forse, l'hanno colta di sorpresa. La disponibilità a sopportare l'onere della gestione della Roma, d'un tratto, non è più una sua esclusiva.


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