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  • SOLO JUVE. Beccantini a CM: le dimissioni di Conte, il sogno Cavani, il nuovo Messi, Agnelli vs Abete

    SOLO JUVE. Beccantini a CM: le dimissioni di Conte, il sogno Cavani, il nuovo Messi, Agnelli vs Abete

    • Gianluca Minchiotti

    Un anno dopo, Roberto Beccantini torna a parlare di Juve ai microfoni di Calciomercato.com. Con il gusto della battuta, anche sagace, che lo contraddistingue, Beccantini (ex capo dello sport, inviato ed editorialista della Stampa, ex giurato italiano per il Pallone d'Oro, attualmemnte collaboratore della Gazzetta dello Sport, del Fatto Quotidiano e del Guerin Sportivo, oltre che blogger sul suo Beck is Back) traccia un bilancio del 2012 bianconero e guarda avanti, al mercato e alle scelte in ambito politica sportiva.  

    La miglior partita della Juventus del 2012?
    "Juventus-Chelsea 3-0".

    Il miglior bianconero del 2012?

    "Andrea Pirlo, seguito a ruota da Claudio Marchisio".
     
    La delusione juventina dell'anno appena terminato?
    "Sul campo: la sconfitta con l’Inter che spezzò la serie delle partite utili (49). Fuori campo: la partenza di Alessandro Del Piero dopo diciannove stagioni".
     
    La squalifica di Conte: cosa è successo in quei concitati giorni a Pechino, preludio all'avvincendamento Briamonte-Bongiorno nel collegio difensivo? Le risulta che Conte sia stato davvero vicino a dimettersi?
    "Non so se Conte arrivò a minacciare le dimissioni. Di sicuro ci fu burrasca tra il patteggiamento-no di Antonio e il patteggiamento-sì dell’avvocato Briamonte. Chi scrive, non avrebbe patteggiato fin dall’inizio".
     
    In ogni caso, tutto è bene quel che finisce bene: questi mesi hanno reso d'acciaio il rapporto fra il tecnico, la società e la squadra. Quanti altri club sarebbero stati capaci di primeggiare in una situazione così delicata?
    "Tutti. Non dimentichi che, per i quattro mesi della squalifica, Conte ha potuto allenare. E’ durante la settimana che pesa la mano del "mister", più ancora che il giorno o la sera della partita. Vero, Conte è della stirpe dei Mourinho, molto attivo e presente anche a bordo campo, ma non è che dalla tribuna non fornisse dritte, indicazioni. Diciamo così: la rissa Conte-giustizia sportiva ha evitato, o limitato, quei sintomi di appagamento che spesso affiorano dopo le grandi abbuffate".
     
    La maglia numero 10 della Juventus è senza padrone: da chi sogna di vederla indossata?
    "Mi piacerebbe che potesse essere indossata, un giorno, da un Leo Messi scoperto a undici-dodici anni dagli osservatori della Juventus e non del Barcellona". 
     
    Come giudica la stagione di Giovinco?
    "Da sei. Un solo gol pesante: con il Cagliari, in Coppa Italia. Deve imparare a rompere il ghiaccio, e non a caderci dentro. Capisco perché Conte non l’abbia abbandonato: dribbla, punta l’uomo, spacca le difese. C’è un però: Sebastian deve dare di più sotto porta e sullo zero a zero. Questione di nervi: i minuti, come le maglie, non sono tutti uguali". 
     
    Pogba può diventare un campione? A chi le sembra che assomigli?
    "Sì, a patto che non legga i giornali, che lo descrivono già come un fenomeno. Fisicamente, mi ricorda Patrick Vieira: stessa tendenza a snellire il traffico, stesso gusto dell’inserimento".
     
    Mercato: tre nomi che sogna.
    "Se mi lascia la facoltà di sognare, tre nomi sono pochi. So che Conte stravedeva per Edinson Cavani. Anch’io".
     
    Mercato: tre nomi che, realisticamente, potrebbero arrivare.
    "Peluso, già arrivato. Più uno tra Borriello, Immobile e Boakye. Stop. Dipendesse da me, andrei sulla punta giovane".
     
    Politica sportiva: il 14 gennaio ci saranno le elezioni Figc, con Giancarlo Abete candidato unico alla presidenza. Dopo Calciopoli e il risarcimento danni chiesto dalla Juve alla Federcalcio per 443 milioni di euro, dopo la pantomima del tavolo della pace e dopo la questione dei 28 o 30 scudetti, cosa si aspetta che faccia Andrea Agnelli in questa situazione?
    "L’ha detto lui stesso: se non ho capito male, si muoverà, in ambito di giustizia sportiva, eventualmente e soltanto dopo le sentenze definitive - su Antonio Giraudo e Luciano Moggi - in sede penale. Sbaglia, Andrea Agnelli, a parlare troppo alla pancia dei tifosi ma su Abete non riesco a dargli torto. In un Paese normale, un presidente che, eletto il 2 aprile 2007, arriva al 14 gennaio 2013 con il calcio in questo stato - e, soprattutto, in questo sfascio - sarebbe già stato spedito a casa. Da noi, viceversa, si ripresenta e non ha avversari".
     


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