Calciomercato.com

  • Storia di Fulvio Rizzo,| Corvino: 'Il miglior mancino'

    Storia di Fulvio Rizzo,| Corvino: 'Il miglior mancino'

    • L.C.

    'Chi è il mancino più forte che ho mai avuto?'. Se l'intervistato è Pantaleo Corvino, ex direttore sportivo della Fiorentina e in passato del Lecce, uno si immagina che la risposta sia Vargas, Bojinov o al limite Pasqual. E invece ecco la sorpresa: 'Il migliore è stato Fulvio Rizzo'. Le facce dei giornalisti presenti in sala stampa si fanno interrogative e una domanda si diffonde, appena bisbigliata, tra colleghi vicini di posto: 'Ma chi è questo Rizzo?'. È quanto accaduto qualche mese fa nel corso di un'intervista in cui il profeta Pantaleo - questo il titolo della sua biografia – sorprese i giornalisti tirando fuori dal cilindro un nome che arrivava da un'altra era del pallone. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di dare ora quella risposta.

    Ci sono partite che non finiscono mai e durano tutta una vita. E anche se sei un numero 10 con un sinistro baciato da Dio non è detto che la sorte non abbia in serbo per te un clamoroso autogol. È quello che Fulvio Rizzo, 46 anni, venti dei quali trascorsi dietro le sbarre per un reato commesso agli inizi degli anni Novanta, ha imparato a caro prezzo. Oggi si trova in regime di semi-libertà alla casa circondariale le Sughere di Livorno e presta servizio alla Misericordia di via Verdi. Ma torniamo al fischio di inizio di questa storia di pallone e di amicizia. Siamo nella Lecce di fine anni Settanta e un giovane Corvino gira il Salento con un Audi200 'smarmittata', su cui fa salire solo i giovani più dotati di talento, scovati per campi e campetti della zona.

    'Era una sorta di osservatore - racconta Fulvio -, un giovane che voleva farsi largo nel mondo del pallone portando i ragazzi più bravi a fare dei provini per le società della zona: il Caprarica, il Vernole, il Lecce. Io sono stato il suo primo giocatore: avevo 12 anni e un sinistro che non si dimentica. Lui lo notò, venne a parlare con i miei genitori e comprò il cartellino, facendomi firmare un patto a vita che ancora oggi entrambi consideriamo valido'. Un'intera nidiata di calciatori-bambini scovati dal talent scout Pantaleo viene tesserato dal Gioventù Vernole, società satellite del Milan, all'epoca considerata il settore giovanile più importante della Puglia: c'erano Morello, Monaco, Mazzeo e tanti altri giocatori che hanno macinato chilometri e avversari sui campi di serie A e B.

    In quella nidiata Rizzo era la punta di diamante: un numero 10 di quelli che fanno girar la testa ai difensori. Dopo Vernole va a giocare in C, a Casarano, sempre con Corvino. Poi, invece della chiamata di una grande gli arriva la cartolina del militare. Lì la sua ascesa nell'olimpo del calcio si interrompe. Finita la naja ritrova Corvino ma il suo vecchio mentore, stavolta è costretto a dargli una brutta notizia: 'La società non vuole più investire su di te, hai avuto troppi infortuni'. 'Abbandonai il sogno serie A - racconta Fulvio -, il cartellino ritornò ai miei genitori e iniziò il secondo tempo della mia vita'. Fulvio comincia a lavorare nell'abbigliamento, poi in una gioielleria e riesce a crearsi uno spazio economico importante. 'Forse - dice - mi montai anche un po' la testa'.

    Lecce in quel periodo era un contesto duro, dove la malavita della Sacra corona unita si faceva sentire con attentati e omicidi. 'Io sono stato prosciolto dall'accusa di rapporti con la criminalità organizzata - racconta Fulvio -, tuttavia ho navigato in quel contesto. Avevo delle attività che all'epoca vennero prese di mira. Così mi sono ribellato...'. Il racconto si interrompe. Anche perché oggi siamo qui per parlare di calcio e di riscatto sociale. Del resto si occupano i tribunali: 'Avevo 26 anni quando sono finito dentro e ho girato le prigioni di mezza Italia, con il 41bis, il regime di carcere duro - racconta Fulvio -. È stato un tour nei gironi dell'inferno dantesco. La vita non è bella: la galera è un luogo dimenticato e quando se ne parla spesso si ha paura di dire una cosa: che non serve a recuperare i detenuti. Oggi sono un uomo migliore? Non so, di sicuro sono più consapevole'.

    Il calvario, ad ogni modo, sta per finire. A dicembre Rizzo terminerà di scontare la sua pena. 'Cosa vorrei fare dopo? Mi piacerebbe allenare i bambini, ma solo fino agli Allievi perché dopo hanno un carattere già formato'. Di sicuro c'è qualcuno che non si è dimenticato di lui e che in questo potrà dargli una mano. 'Nel 2009 ho avuto il primo permesso premio e all'uscita, insieme ai miei familiari, ho trovato Corvino con una bottiglia di spumante pronto a brindare. Del resto, quando ha firmato per acquisire il mio cartellino ha comprato anche la mia vita. E credo che per lui sarebbe un grande successo aiutarmi a segnare il gol più importante, quello del riscatto sociale'.

    (Il Tirreno)

    Altre Notizie