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  • SuperNapoli, Juve sazia, finale bulla: incivili fischi all'inno di Mameli

    SuperNapoli, Juve sazia, finale bulla: incivili fischi all'inno di Mameli

    Infrangendo l'imbattibilità della Juventus che durava da 42 partite consecutive, il Napoli ha conquistato con pieno merito la quarta Coppa Italia della sua storia, ventidue anni l'ultimo successo: la Supercoppa di Lega conquistata ancora a spese della Juve, travolta per 5-1. Nell'arco di questa stagione, i partenopei hanno al loro attivo anche una vittoria sul Chelsea neocampione d'Europa e una sul City campione d'Inghilterra. Come dire che una Grande del nostro calcio è tornata ad occupare la posizione di vertice che merita e questa è una gran bella notizia.

    In agosto, il Napoli concederà la rivincita ai bianconeri nella finale di Supercoppa Italiana che, molto probabilmente, la Lega farà giocare a Pechino, per la gioia dei tifosi dell'una e dell'altra squadra. 

    La Coppa Italia è il primo trofeo di Aurelio De Laurentiis che, otto anni fa, aveva trovato soltanto le macerie di una società e di una squadra, fortissime al tempo di Maradona, ma incapaci di sopravvivere a Maradona. ll lavoro, l'organizzazione, la capacità di anteporre l'interesse collettivo ai personalismi, la gestione oculata del bilancio (il Napoli è già in linea con il fair-play finanziario Uefa che scatterà nel 2013-2014),  pagano sempre. De Laurentiis, poi, ha la fortuna di godere della spinta impressionante di un pubblico formidabile quanto a passione ed entusiasmo, come dimostrano i festeggiamenti di questa notte.

    La Juve, invece, satolla di stimoli e di motivazioni, dopo quasi due settimane di festeggiamenti e bagni di folla a ogni piè sospinto,  ha pagato la maggiore determinazione dei rivali, la loro migliore condizione psicofisica e anche gl errori iniziali dello stesso tecnico.

    Estigarribia e Borriello, titolari come Del Piero che in questa stagione aveva sempre dato il meglio di sè quando era subentrato in corso, sono state mosse azzardate. Per il Capitano, il passo d'addio è stato amaro e al tempo stesso ineluttabile, ma come lui stesso ha sottolineato, "questo scudetto e ciò che mi è stato riservato il 13 maggio a Torino sono stati emozioni indimenticabili". 

    Quando l'allenatore ha corretto il tiro, ormai era troppo tardi. Il rigore, ineccepibile, trasformato da Cavani e il raddoppio in contropiede di Hamsik hanno chiuso il conto. Ma qui s'impone una serie di considerazioni a proposito del disastroso arbitraggio di Brighi, grazie a Dio, all'ultima direzione della carriera.

    Braschi ha commesso un errore madornale designandolo per una partita che l'arbitro non ha mai saputo tenere in pugno, fischiando a casaccio e risultando incapace di mettere in riga i troppi isterici e nevrastenici in campo dall'una e dall'altra parte.

    En passant, Brighi ha negato un rigore evidente, causato dal durissimo intervento di Aronica su Marchisio, abbattuto in area mentre stava calciando a rete. 

    La finale di Coppa Italia è stata bulla, nervosa, vissuta sul filo dei nervi scoperti. Peccato. Non potevamo non illuderci potesse essere l'occasione per  vivere una grande serata di sport e di civiltà, dopo avere seguito sabato sera, a Monaco di Baviera, lo straordinario spettacolo di Bayern-Chelsea, in campo e sugli spalti.

    Invece, a Roma no. A Roma c'è stato il ritorno al Medioevo del pallone, alla partita vissuta come una guerra tribale. Scandaloso caro-biglietti, al punto che ampi settori delle tribune dove, per accedere bisognava pagare 137 euro, sono rimasti deserti (e complimenti alla Lega per il brillante spot tv).

    E ancora: alta tensione all'esterno e all'interno dell'Olimpico; 4 mila agenti (quattromila!) mobilitati per l'ordine pubblico; petardi, bombe carta e mortaretti introdotti nello stadio come se nulla fosse; l'Inno di Mameli ignobilmente fischiato da alcuni settori della tifoseria napoletana; il minuto di silenzio in memoria di Melissa Bassi e delle vittime del terremoto in Emilia-Romagna ovviamente ignorato perchè, in questo Paese, i morti non si rispettano, ma si applaudono.

    E, per finire, la solita "pacifica" invasione di campo, onde rovinare la festa e costringere alcuni giocatori a farsi largo verso gli spogliatoi tirando pugni e spintoni. Non c'è niente da fare: riusciamo sempre a farci riconoscere.

     

    Xavier Jacobelli

    Diettore Editoriale www.calciomercato.com

     

     

     

     

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