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  • Timossi: W Cassano, abbasso le Zengate

    Timossi: W Cassano, abbasso le Zengate

    Poi ci sono quelli come Cassano. Quelli che amano farsi male da soli. Oppure quelli come Alessandra Moretti, signora del PD. Per analizzare la sua ultima sconfitta politica ha detto più o meno così: "Ho sbagliato a vestirmi come una ferrotranviera, troppo castigata". È autolesionismo, allo stato puro. 

    Ah, comunque, tra i due, Antonio e Alessandra, continuo a preferire il primo. Però entrambi hanno una cosa in comune, una loro dignità che li trascina verso un identico finale: pagano il conto dei loro errori, non vengono eletti o non trovano squadra. Intanto è per questo motivo che continua ad ammirare Cassano e a volergli in qualche modo bene, pur avendolo incontrato al massimo un paio di volte in altrettanti studi televisivi. 

    Poi ci sono quelli come Cassano, pecore nere, nell'Italia dei sepolcri imbiancanti. Prendete il caso di uno dei capi del pallone nostrano, stesso settore lavorativo del fu Fantantanio.

    Nessuno è più lontano da Cassano quanto non lo sia Carlo Tavecchio, presidente della Federazione. Il burocrate non ha certo il talento del calciatore, ma non è di questo che lo si può accusare. Il problema è un altro, il pres non paga per le Tavecchiate, per le sue frasi razziste, per i suoi maneggi da fiera del libraccio. Cassano sì, una frase sbagliata, un vaffa' e il suo talento non conta più. Non che il principio sia sbagliato, ma la verità è che non per tutti finisce così. 

    In questi giorni il tormentone "Cassano sì o no alla Samp" è  tornato di moda. Mi piacerebbe tornasse anche Antonio, in campo, dove vuol tornare. Credo ancora che un talento come il suo farebbe comodo ai colori blucerchiati. Anzi, a chiunque. Questione di cuore e di conti, il desiderio del calciatore, la possibilità per il presidente Massimo Ferrero di far un colpo vero quasi a costo zero. Il cartellino di Antonio non costa nulla, pur di tornare a Genova l'ingaggio era sceso a 500.000 euro, 700 con bonus, tanti soldi per tutti, non il calcio, anche quello italiano in piena decadenza. E poi Cassano aveva pure accettato di firmare un patto con la Samp: fuori, rescissione del contratto alla prima "Cassanata". Questione di cuore e certo pure di comodità: la famiglia Cassano ormai è genovese. 

    Tutto fatto? Pare proprio di no. Il presidente Ferrero si è rimangiato la parola, era stato lui a dire sì al giocatore.  Peccato non avesse consultato l'allenatore. "Non c'è spazio per Cassano nel mio progetto", ha dichiarato Walter Zenga. Poi ha fatto intendere: se arriva lui, parto io. Ferrero, @unavitadacinema, ha fatto retromarcia: "Non ci piacciono i remake". Balle e molte chiacchiere. Anzi, "Ferrerate" e "Zengate", ma si sa, non tutte le buffonate hanno lo stesso effetto. C'erano una volta presidenti che mantenevano la parola data e allenatori che se aveva a disposizione un talento trovavano il modo di allenarlo, gestirlo e valorizzarlo. Forse certi presidenti e certi allenatori non esistono più. 

    Poi però restano quelli come Cassano, che magari pagano gli stipendi ai magazzinieri del Parma. Però restano dei cafoni, dicono. Io no, vorrei dire un'altra cosa e pazienza se è démodé: j'adore Cassano e l'insostenibile lealtà di certi cafoni. 

    Giampiero Timossi


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