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Timossi: W l'Italia delle rape

Timossi: W l'Italia delle rape

Dù palle, due coppie e due cose. Due gol fatti e uno subito. Partiamo dalla fine, da quel che resta di Italia contro Norvegia. Rimangono due domande: cosa è oggi e cosa sarà l'Italia del pallone? La risposta sta anche nel gioco delle coppie, il miglior gioco e probabilmente una delle poche cose divertenti di una uggiosa serata autunnale, di uno stadio Olimpico molto più vuoto che pieno, di pioggia e di famiglie che devono lasciare l'ombrello ai tornelli: non si sa mai, il Paese è pieno di papà ultrà. O forse no, ma sei fai bagnare papà lui al massimo alza la voce. Se fai bagnare gente alla Jimmi Cinque Pance quelli poi alzano le mani.

Torniamo al gioco delle coppie e facciamo in fretta perché magari inizia di nuovo a piovere. Conte va sotto contro la Norvegia, gran gol di Tettey. Al ct spiegano che in una gara di qualificazione l'Italia non perdeva dal 2006, 3-1 contro la Francia. Non è solo un dettaglio statistico, ma anche l'indicazione che in fondo il bell'Antonio non ha poi costruito questa corazzata inaffondabile, che altri dopo il Mondiale di Germania hanno mostrato qualcosa di buono, come lui e anche più di lui, se si pensa all'Euro Italia di Prandelli. E allora, invece di pensare al rinnovo di un contratto che non sta neppure per scadere, invece di ascoltare i deliranti svincoli verbali del bancario Carlo Tavecchio, bisognerebbe preoccuparsi dell'Italia che è e di quella che sarà.

Conte ha spiegato che questo gruppo si è qualificato e che questo gruppo andrà in Francia. Visto che non sembravano parole sparate a caso è giustificato pensare, per esempio, che con questo attacco e con questo sistema di gioco (4-4-2) gli azzurri andranno a giocarsela in Francia. Significa che, come ha confermato il match di questa sera, Eder e Pellè saranno gli attaccanti titolari della Nazionale. Ascoltando ieri sera il filosofo Massimo Cacciari (sempre lucidissimo) ho capito che raccontare la storia è l'unica cosa che può unire generazioni diverse.

La piccola storia del pallone italiano racconta che l'attacco della Nazionale è più o meno lo stesso che dal gennaio del 2012 permise alla Sampdoria di andare ai playoff e di lasciare la Serie B. Entrambi arrivarono a Genova a gennaio, uno dal Cesena e l'altro via Parma. L'italo-brasiliano segnò cinque gol, compreso quello decisivo al playoff. Pellè ne fece uno in meno, due doppiette contro Cittadella e Nocerina, poi stop, saluti e via, anche perché in quella Samp schierata con il 4-4-2 gli venne spesso preferito Nicola Pozzi.

Non si può cambiare idea all'improvviso, non si può sostenere che Eder fosse casualmente uno dei giocatori più ambiti dell'ultimo calciomercato e non si può cancellare quanto oggi Pellè sta facendo in Premier League, compresa la recente esecuzione del Chelsea di Mourinho (gol e assist). Però questa è la storia ed è sempre cosa utile fare i conti con quanto accaduto.

E non si può neppure dire che tra italiani e oriundi ci sia qualcosa di meglio. Una riprova? Pure la tribuna Monte Mario si divide, tra chi invoca il panchinaro Zaza e l'escluso Balotelli. Qualcosa che invece unisce tutto l'Olimpico sono i fischi per Riccardo Montolivo. Occhio e croce sono ingenerosi, perché l'Italia che va sotto, chiude comunque il primo tempo con il 58% di possesso palla e con 10 tiri contro uno dei norvegesi, solo che quell'uno è finito alle spalle di Buffon.

E allora un altro gran gol, il secondo di Florenzi con l'Italia (migliore azzurro, per distacco) consegna il pareggio alle statistiche, riqualifica con l'Italia la Croazia, ma non cambia il senso di quello che è stato e sarà. Perché il gioco delle coppie, dall'ex attacco sampdoriano, passa ai fischi per Montolivo, a Bertolacci entrato per sostituirlo in regia, fino al palco 10 (numero che non pare casuale) dove in tribuna d'onore trovano posto Pirlo e Verratti, l'eterno che sembra vecchio e l'eterno giovane.

Il secondo, emigrato a Parigi, dovrà essere il regista del futuro. Rubo una definizione al maestro Corrado Orrico, me la farà pagare, ma la trovo perfetta. VerrattiFa sembrare difficili le cose facili. Come dire: non mi piace. E chi fa diventare facili le cose difficili? «Pirlo». Già, ecco perché c'è ancora molto da lavorare, perché il 2-1 di Pellè, la bella rete e la splendida azione che la produce, portano la vittoria, il primato nel girone, cancellando al minuto 37 della ripresa quella fastidiosa ipotesi di perdere dopo nove anni una gara di qualificazione. Però la storia siamo noi: due gol, due coppie, dù palle e molto altro lavoro da fare. Poi si penserà al prossimo allenatore dell'Italia. Se Conte lascerà, se andrà ad allenare la Roma o emigrerà all'estero, il bancario Tavecchio dovrà ricordare una cosa: non è facile trovare un altro allenatore che sappia cavare sangue dalle rape. Francia, arriviamo. Ah, in francese rapa si scrive navet

Giampiero Timossi

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