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  • Totti, la vendetta meschina di Spalletti

    Totti, la vendetta meschina di Spalletti

    • Stefano Agresti
    Nell’indecorosa gestione del caso-Totti, nel pugno in faccia che è stato dato alla storia della Roma, ci sono due elementi che meritano di essere sottolineati più di tutti gli altri.
     
    L’antefatto è il modo in cui si sono lasciati Spalletti e Totti nel 2009. Non fu un addio sereno, i vecchi del gruppo - anche De Rossi - non gradirono le dimissioni dell’allenatore, imputandole in realtà al ricchissimo contratto che lo attendeva allo Zenit San Pietroburgo: le videro come un tradimento, furono delusi dall’uomo che a loro nella circostanza sembrò falso e opportunista. Il tempo fece dimenticare a Totti quella ferita, tanto che inviò i complimenti a Spalletti quando vinse il campionato russo. La risposta lo gelò: “Avrei preferito che dicesse qualcosa quando lasciai la Roma”.
     
    Ebbene, quanto successo in queste settimane è sembrata la prosecuzione di quello che accadde allora: Spalletti è tornato e non ha perso occasione di pungere Totti, quasi avesse un conto aperto con lui, fino ai 4 minuti che gli ha riservato in Champions contro il Real Madrid, a partita e qualificazione già decise, un’autentica provocazione per quello che è stato il calciatore più grande nella storia della Roma e che nella scorsa stagione era ancora uno dei migliori tra i giallorossi (risalgono a 12 mesi fa i due fantastici gol nel derby).
     
    Totti ha reagito alle provocazioni di Spalletti con l’intervista concessa sabato alla Rai, nella quale ha chiesto essenzialmente una cosa: rispetto, ovvero quello che stava venendo meno da parte di Spalletti. Ha sbagliato? Difficile dirlo, di sicuro il suo comportamento è stato umanamente comprensibile. Il fatto è che il tecnico non aspettava altro: cercava un pretesto per consumare la sua vendetta. Una vendetta meschina. Così lo ha cacciato dal ritiro, da Trigoria, quella che per Totti è una seconda casa: un'umiliazione inaccettabile non solo per il campione, ma per la Roma stessa.
     
    Poi c’è un secondo aspetto: la società. Una società ridicola. Anzi, inesistente. Perché una società seria e vera non si consegna completamente nelle mani di un allenatore non appena questo è arrivato; perché una società seria e vera protegge il suo patrimonio, la sua immagine, la sua bandiera, la sua storia. A maggior ragione dopo che lo stesso presidente aveva garantito a Totti che gli sarebbe stato vicino e che gli avrebbe rinnovato il contratto. Non capiamo - ma davvero non lo capiamo - cosa ci sta a fare ancora nella Roma gente come Sabatini e Baldissoni se in pochi giorni hanno consegnato tutto nelle mani di un tecnico nuovo. Significa che loro sono zero. Già.
     
    Di questa settimana ci rimangono tre immagini: Ronaldo che resta a bocca aperta quando gli fanno il nome di Totti ed esplode in un “è impressionante”; Zidane che dice “chapeau!”; Modric che vuole una foto con il capitano giallorosso perché è il suo idolo.
     
    Tutto questo per Spalletti non conterà nulla, per Pallotta varrà ancora meno, ma sappiano che oggi hanno sfregiato la storia della Roma.

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