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  • Tracollo italiano in Europa: ecco le 5 giustificazioni più ricorrenti

    Tracollo italiano in Europa: ecco le 5 giustificazioni più ricorrenti

    • Luca Borioni
    Siamo di fronte all’ennesima delusione europea? In un solo colpo sono sparite dal palcoscenico internazionale due delle nostre squadre tra le più in forma in campionato (Napoli e Fiorentina) mentre un’altra è fortemente a rischio (la Roma battuta 2-0 attesa dal Real Madrid) e un’altra ancora si prepara a una dura battaglia (la Juventus costretta a cercare la vittoria nella tana del Bayern). Solo la Lazio tiene alto l’onore italiano nelle coppe e, guarda caso, si tratta di una formazione che – al contrario di tutte le altre - in campionato può vantare ormai poche aspirazioni.

    Ma è solo una questione di ansie da Serie A?

    Innanzitutto bisogna fare una premessa. La Juventus merita un discorso a parte. Non solo arriva da una finale di Champions – e questo basterebbe a metterla al riparo da qualunque critica malevola -, ma va riconosciuto come negli ultimi anni la dirigenza bianconera abbia concretamente lavorato per aumentare la competitività del gruppo proprio in una dimensione europea. La finale con il Barcellona, esito a parte, ha premiato questo intento. Rispetto alla Juve plasmata inizialmente da Conte, la squadra che Allegri sta fin qui gestendo al meglio presenta caratteristiche sempre più simili a quelle delle altre big continentali. La prima parte della sfida con il Bayern può aver fatto pensare a un passo indietro ma si è trattato di un episodio, in attesa di conferma o smentita a metà marzo.

    Per il resto, si notano le solite patologie. Ecco cinque incurabili sintomi.

    1. L’Europa League non offre gli stimoli giusti

    Siamo snob, convinti di essere sempre i migliori nonostante l’evidenza dei numeri. Solo il prestigio della Champions suscita un certo ardore (ma non mette al riparo da figuracce), mentre l’ex Coppa Uefa continua a essere maldigerita. E quando arrivano gli incroci con inglesi, spagnole o tedesche sono guai. Vedi Villarreal e Tottenham. Non basta ripetere che ne va del ranking Uefa e che sarà sempre peggio. Non basta indicare l’esempio virtuoso delle avversarie. Non ne usciamo...

    2. Il calo delle nostre squadre a febbraio

    Ci ripetiamo che il nostro campionato è diverso da tutti gli altri, che vive di tattica esasperata, preparazione atletica estremizzata, pressioni varie, arbitraggi dispettosi e mille altre stranezze. In base a tutto ciò, ci sembra normale che alla verifica delle coppe le nostre povere squadre risultino impreparate. Poverine, non hanno la forza fisica né mentale per reggere il confronto con gli indemoniati squadroni del nord, abituati a giocare mille partite senza lamentarsi mai. Ma è possibile?

    3. Non abbiamo in rosa le alternative giuste

    Niente da fare, manca sempre un pezzo. Quando è l’ora delle partite che contano sulla scena internazionale. Le nostre squadre – soltanto loro - ci arrivano sempre cariche di infortuni oppure condizionate dal turnover. E per ironia della sorte, sempre nei ruoli strategici. Il problema è che non abbiamo pochi titolari di classe e pochi degni sostituti. Come se invece all’estero fossero in possesso di una bacchetta magica capace di allargare le rose a piacimento. Proviamo a ipotizzare una causa di questa imbarazzante differenza tra noi e loro? Anche noi abbiamo giovani di talento, ma non li rischiamo per le gare “che contano”. Loro ovviamente sì.

    4. Non abbiamo il budget

    Questa è la scusante più ovvia. Ma la più gettonata. E si ricollega al punto 3: non possiamo presentare squadre capaci di affrontare campionato e coppe perché mancano i soldi da investire sul mercato. Ci sarebbe sempre la soluzione di cui sopra, ovvero diamo spazio ai giovani, ma da sempre si tratta di una buona intenzione destinata a rimanere sulla carta.

    5. Gli arbitri ci penalizzano

    L’ultima spiaggia. Sostenere che il perfido Collina sia così malvagio da prendere di mira proprio le squadre della sua nazione. Va bene, l’arbitro di Viareggio sarà pure uno al quale i riflettori – che luccicano sulla sua testa – non dispiacciono. E sarà pure un dirigente che – come tanti – incappa in errori di valutazione. Ma neppure questa scusa basta a ridare una dignità alle squadre italiane in trasferta oltre confine. Ci vuole qualcosa di più. Qualcosa che almeno in parte speriamo ancora di vedere tra pochi giorni a Madrid prima e a Monaco di Baviera poi (oltre che a Praga), prima di cadere definitivamente in una depressione internazionale.  

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