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  • Travaglio: io tifo Germania. Feltri: gli azzurri non sono farabutti

    Travaglio: io tifo Germania. Feltri: gli azzurri non sono farabutti

     

    Intervista a tutto tondo a Marco Travaglio, vicedirettore del Fatto Quotidiano, durante la trasmissione radiofonica "Un giorno da pecora", su Radio Due. Il primo argomento affrontato riguarda il tifo calcistico: "Tifo contro l'Italia soprattutto a questi Europei, in cui se dovessimo vincere ci dimenticheremmo subito dello scandalo di Calciopoli, come nel 2006 ai mondiali. Insomma, spero che l'Italia - continua - venga eliminata subito, immediatamente".

    "Io non tifo Italia, tifo per la Germania", dichiara Travaglio. "Tifo quasi sempre Germania, raramente ho tifato Italia. Le uniche volte che l'ho fatto è stato quando c'erano squadre che mi piacevano, tipo l'Italia di Bearzot, quella di Zoff e quella di Trapattoni".

     

    2- CHI NON TIFA ITALIA PESTE LO COLGA

    Vittorio Feltri per Il Giornale

    ... Quello di Travaglio, quindi, non sa¬rebbe un pregiudizio nei confronti della nostra rappresentativa naziona¬le in genere, bensì di questa squadra agli ordini di Cesare Prandelli. Per un motivo preciso. Quale? Essa è il pro¬dotto di un calcio malato, praticato da parecchi atleti corrotti, pronti a vendersi le partite per lucrare denaro attraverso scommesse sulle loro stes¬se prestazioni.

    Detto questo, e precisato che ciascuno è libero di pensarla come cre¬de su tutto, incluso lo sport, non sia¬mo d'accordo con lui su un particola¬re. Sia chiaro, anche a noi non vanno a genio coloro che, ben remunerati, giocano al pallone non per vincere sul campo, ma al botteghino delle puntate. Ci mancherebbe. E ci augu¬riamo che lo scandalo venga stroncato.

    Il problema però qui è un altro. Sia¬mo sicuri che la rosa a disposizione di Prandelli sia composta da farabut¬ti? Non direi. Perché allora essere co¬sì severi e ingiusti con loro, sperando addirittura che vengano eliminati, quando (per altro) saranno eliminati lo stesso senza le gufate di Travaglio?

    È vero che nel 2006 l'euforia per la vittoria degli azzurri ai Mondiali can¬cellò le porcherie di Calciopoli. Peggio: alcuni cialtroni vennero perseguiti, altri no, secondo il costume sportivo-giudiziario. Però non è scontato che un'eventuale (e impro¬babile) affermazione di questa équipe agli Europei trasformerebbe i processi in corso in una «festa del perdono».

     

    Inoltre, non è lecito fare di ogni erba un fascio: la percentuale dei ma¬riuoli con le scarpe bullonate è mini¬ma rispetto alla totalità degli atleti. E coinvolgere nel disprezzo anche la maggioranza che tira pedate oneste non è un'operazione corretta.

    C'è poi un aspetto della questione che merita un discorso a parte. Il co¬siddetto «tifo contro» sarà pure legit¬timo, ma alimenta non solo la male¬ducazione da stadio: anche la violen¬za. Lo sport, almeno in teoria, dovreb¬be essere scuola di lealtà. Nel calcio invece assistiamo a episodi disgusto¬si. I supporter del Toro odiano gli ju¬ventini. Quelli dell'Inter odiano i mi¬lanisti, ampiamente ricambiati. La¬ziali e romanisti non sono più signo¬ri: ogni due per tre si menano per un corner.

    Il «tifo contro» è talmente acceso che gli appassionati godono di più per la sconfitta dei «nemici» che per il trionfo degli «amici». Un fenomeno assurdo, illogico, insensato. Non sap¬piamo se sia soltanto italiano o se si re¬gistri anche in Inghilterra, Francia, Olanda eccetera. Ma è certo che fa ri¬brezzo e declassa lo spirito sportivo a sentimento abietto. Ahimè assai dif¬fuso in vari ambienti. Rammento i padani che, alcuni anni orsono, tifava¬no contro l'Italia e a favore dell'Irlanda perché aveva le maglie verdi, tanto per citare una bischerata clamorosa.

    È solo un'osservazione. Il calcio, pur essendo la disciplina più popolare nel nostro Questo Paese fa di tutto per suicidarsi con l'aiuto di numerosi suoi protagonisti. Vediamo di non dargli una mano- e una penna di livello - a realizzare l'insano proposito. A Travaglio chiediamo uno sforzo: quello di non essere ostile agli azzurri; basta l'indifferenza. E poi, Marco, la Germania no! Accontentati della Merkel.

     

     

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