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  • Zanetti: il tributo a Prisco e Facchetti

    Zanetti: il tributo a Prisco e Facchetti

    Javier Zanetti, capitano dell'Inter che sabato scorso ha giocato il suo ultimo match in nerazzurro al Meazza e che a fine stagione lascerà il calcio giocato, parla ai microfoni di Inter Channel, nell'ambito della trasmissione Inter Legends. 

    Il numero 4 dell'Inter ripercorre per tappe tutta la sua carriera nerazzurra, come si legge nel testo riportato da FcInternews.it.

    L'ARRIVO ALL'INTER - "Fu una sorpresa per me. Immaginavo che dopo il Banfield ci sarebbe stato una grande squadra argentina, ma arrivò l'Inter. A 19-20 anni è stata una grandissima sfida, ero pieno di dubbi e non sapevo se fossi già preparato o meno per questa nuova occasione. Rambert arrivò da capocannoniere del campionato e in me la società vedeva un terzino dal grande avvenire. Io ero il quarto straniero dopo Rambert, Ince e R. Carlos. La cosa più bella è che da quando mi hanno scelto la società mi ha fatto sentire subito a casa mia, ancora più bello per un ragazzino così giovane. La Cremonese mi ha portato bene! Bianchi mi disse dove preferivo giocare, a sinistra c'era il grande Carlos quindi scelse per me la fascia destra. Mi diede subito grande fiducia".

    LA FINALE DI COPPA UEFA PERSA CON LO SCHALKE -  "Mi arrabbiai per la sostituzione di Hodgson, non capivo il momento, ma adesso capisco che fu un errore. Ci tenevo tantissimo a questa finale ed essere tolto alla fine mi ha dato fastidio. Tutti hanno ingingantito quel litigio con Roy. Abbiamo anche oggi un grande rapporto e oggi ci scherziamo su. Purtroppo la finale andò male".

    LA FINALE DI UEFA VINTA CON LA LAZIO - "Finale straordinaria, arrivare in fondo per due anni di fila non era facile. Noi abbiamo avuto questa grande possibilità contro un'altra italiana. Vedere mio papà piangere in tribuna è stato bellissimo, era il mio primo trofeo internazionale e questi ricordi rimarranno dentro di me con tanto affetto".

    GIGI SIMONI - "Lui per noi era un padre, creammo un feeling grandissimo e la finale di Parigi fu una grandissima vittoria. In campionato, invece, le cose non andarono in modo uguale. Espulsione del mister a Torino? Sì, c'era in gioco lo scudetto in quella gara e vedere un obiettivo del genere per una cosa così evidente creò in noi tanta rabbia. Siamo rimasti a mani vuote, purtroppo".

    HECTOR CUPER - "Io non lo conoscevo, ci siamo visti solo in aeroporto prima di preparare il ritiro, ma io non sapevo quale sarebbe stato il mio futuro. Lui mi comunicò la decisione di volere ancora contare su di me, telefonai a Moratti per capire la mia situazione e lui mi disse che nessuno avrebbe voluto la mia cessione. Cuper è stato molto importante, anche se alla fine non abbiamo vinto. Con lui abbiamo iniziato il cambio per l'Inter".

    ROBERTO MANCINI - "Giocatore straordinario, difficile da affrontare ma con noi riuscì ad imporre le sue idee. Con Mancio siamo riusciti ad aprire un grande ciclo. Abbiamo iniziato a lavorare per esprimere un bel calcio che renda contenti i tifosi. Così è stato. Ricordo il match contro il Porto e per poco non segnai un gran gol, è stato una bellissima giocata, diamo merito al difensore che salvò sulla linea". 

    LA SUPERCOPPA CON LA JUVE E LO SCUDETTO 2006-07 SULLA ROMA - "Sapore particolare e match interminabile. Veron segnò un grandissimo gol e alzare quella coppa al Delle Alpi ha avuto un grandissimo significato per noi. Lo scudetto 2006-07? Ricordo la partita con la Roma al Meazza, quella è stata una serata di sofferenza. Era uno scontro diretto, eravamo sotto, in dieci e con il gol di Totti. Loro per poco non chiusero la gara, ma alla fine mi è arrivata questa palla e quando ho segnato non ci ho capito più nulla! E' stato un gol importante, lo scudetto altrimenti sarebbe stato a rischio. L'esultanza con Paula in tribuna è stata indimenticabile, soprattutto perché aspettavamo nostro figlio Nacho".

    JOSE' MOURINHO - "Al suo primo anno vincemmo lo scudetto. Ci diede la sua grande mentalità e in ogni campio in cui andavamo faceva prevalere la sua forza".

    IL TRIPLETE - "Arrivarono grandissimi giocatori, ma già l'anno precedente l'eliminazione con lo United ci insegnò qualcosa. Il 2009-2010 è stato un anno difficile, contro la Dinamo eravamo fuori a fine primo tempo e Mou ci disse che avrebbe voluto rischiare con tanti attaccanti in campo. Wesley segnò e da quel momento capimmo che qualcosa poteva spingerci a lottare con le altre grandi. Con il Chelsea la qualificazione ce la giocammo a Londra e il mister ci disse di fare attenzione a Lampard e Drogba: limitando loro avremmo vinto la partita e la squadra era consapevole della sua forza e di poter arrivare al successo. L'ultimo mese è stato esaltante, ma così come abbiamo vinto tutto potevamo anche perdere tutto. Parlando con Moratti ricordiamo la gara di Siena e l'intero anno fu molto difficile e impegnativo".

    LA FINALE DI CHAMPIONS A MADRID - "Sembrava tutto scritto, ricordo dopo il Barça ci stavamo facendo la doccia e ci rendevamo conto che mancava solo l'ultimo passo. E' stata una serata magnifica, ricordo il riscaldamento e il tifo nerazzurro strapiena e dentro di me dicevo 'non possiamo perdere'. Io facevo 700 partite con l'Inter e per me era la prima al Bernabeu. Sembrava un film, per fortuna con un finale felice. Dopo tanti anni arrivò questo momento unico e personalmente pensavo che quello era un momento unico e per fortuna alzai la coppa come capitano. Eravamo consapevoli della nostra forza".

    L'INFORTUNIO AL TENDINE D'ACHILLE - "In tanti pensavo che quella era la fine della mia carriera, ma io ho sempre voluto recuperare per dimostrare che avrei potuto giocare ancora. Mi ero promesso di scendere in campo ancora davanti ai miei tifosi e il rientro con il Livorno fu speciale, dopo quella partita mi sono sentito realizzato".

    PEPPINO PRISCO E GIACINTO FACCHETTI - "Avevo un grandissimo rapporto con Prisco. Con Giacinto ha fatto grande l'Inter ci guardano sempre dall'alto".

    IL NO AL REAL MADRID - "Un grandissimo club, ho grande rispetto per loro, ma ho scelto di rimanere qui perché è quello che mi aveva detto il cuore".

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