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  • Uckmar a Jacobelli: 'In galera chi fa fallire i club di calcio'

    Uckmar a Jacobelli: 'In galera chi fa fallire i club di calcio'

    “Chi provoca il dissesto o il fallimento di una società di calcio deve finire in galera e restarci”. Il professor Victor Uckmar compirà 90 anni in giugno, ma non cambia mai. Dice sempre ciò che pensa e va dritto al sodo, senza se e senza ma. Per questo non poteva continuare ad abitare nel Palazzo: dava troppo fastidio agli inquilini. 

    Genovese, giurista, avvocato, principe dei tributaristi e dei fiscalisti italiani, Uckmar è stato il presidente della Covisoc, la commissione di vigilanza sui bilanci delle società di calcio dal 1993 al 2001, l’anno in cui se ne andò sbattendo la porta. 

    La Figc, presidente Franco Carraro, svuotò la Consob del pallone dei più importanti poteri deliberativi, rinviando al consiglio federale la decisione ultima sulle iscrizioni ai campionati. All’epoca dirigevo Tuttosport. Ricordo che nella sua prima intervista da ex presidente Covisoc, Uckmar mi disse: “E adesso prepariamoci a una serie di fallimenti a catena. Siamo solo all’inizio. Dentro il sistema calcio c’è chi non ha capito che senza controlli rigorosi e senza la drastica applicazione delle leggi, il disastro è assicurato”. Dalla vigilanza sui prestiti e sulle trasformazioni societarie,  la Covisoc divenne solo il controllore dell’ equilibrio finanziario delle società”.

    E ancora, in un’altra intervista, rilasciata all’Unità, Uckmar disse: “Se penso al cosiddetto decreto salvacalcio di cui Carraro s’è fatto paladino... Quella è una legge indecente, bell’esempio da dare ai cittadini quello di legittimare la falsificazione delle carte perché portare un debito avanti per dieci anni significa proprio questo, alterare la realtà... Si cambiavano le regole durante il campionato”. 

     

     - E oggi, professor Uckmar? Sono passati 14 anni e lo scandaloso caso Parma è soltanto la punta dell’iceberg di una crisi sempre più grave. Che idea si è fatto di ciò che sta accadendo nel club presieduto dal “fantascientifico” signor Manenti? (L’aggettivo non è mio, ma di Giovanni Malagò, presidente del Coni). 

     

    “Intanto, caro Direttore, mi lasci dire che, purtroppo, sono stato un facile profeta quando le dissi che ci sarebbe stata una serie di fallimenti a catena in ogni categoria. Ciò che sta accadendo ora, è la naturale conseguenza di controlli, che dovevano essere molto più severi e di un lassismo inammissibile. Leggo che i debiti lordi raggiungono quasi i 200 milioni di euro. Leggo che ci sono stipendi non pagati da otto mesi al tecnico, ai giocatori, ai dipendenti; leggo di fatture impagate ai fornitori; leggo di contributi previdenziali non versati, di un’esposizione con l’Erario, di investimenti decisi computando introiti futuri e futuribili di cui non si ha più notizia. Capisco perché negli ambienti giudiziari si ipotizzi il reato di bancarotta fraudolenta”.

    Professore, milioni di tifosi, disgustati da questa vicenda, a cominciare ovviamente dai sostenitori del Parma, si chiedono: ma che razza di calcio è questo? Come è stato possibile arrivare così in basso? Perché chi doveva vigilare non ha vigilato?

     

    “Lei riesce ancora a meravigliarsi? A indignarsi? Il calcio ridotto in questo stato è soltanto uno dei mali che assillano il nostro Paese. Ricordo che nel periodo in cui presiedevo la Covisoc, io e i miei collaboratori non avemmo vita facile e, in diversi casi, ci volle l’intervento della magistratura perché i vincoli si stavano allentando. E’ anche vero che il problema non è soltanto italiano. La pessima amministrazione di un club, i crac, i debiti ci sono anche all’estero...”.


    D’accordo, ma all’estero i controlli sono molto più rigidi e il rispetto delle leggi viene imposto. Ne sa qualcosa per esempio Cellino a Leeds, la cui vicenda è imparagonabile al crac emiliano. Il calcio italiano è senza speranza, professor Uckmar?

     

    “Non lo so, ma come sempre, è una questione di volontà politica. L’emendamento presentato dal governo al disegno di legge anticorruzione è un buon segnale. Se l’emendamento verrà approvato, come mi auguro, ci sarà la galera da tre a otto anni per chi commette il reato di falso in bilancio per società quotate in borsa; da uno a cinque anni di carcere per le altre società; pene pecuniarie che passano dalle attuali 150 mila-330 euro a un massimo oscillante fra i 400 mila e i 600 mila euro”. 

     

    In sostanza “si passa dal reato di danno a un reato di pericolo”, come ha dichiarato il ministro per la Giustizia. Il presidente della commissione Giustizia del Senato ha affermato che il provvedimento possa essere votato da Palazzo Madama la prossima settimana: staremo a vedere, perché questi della Casta traccheggiano da oltre un anno sul ddl anticorruzione. Domani, intanto, il Tribunale di Parma si pronuncia sull’istanza di fallimento del Parma Calcio.


    Professore, usciremo mai da questo verminaio?

     

    “Ne usciremo soltanto seguendo una linea intransigente. Non è possibile che una società di serie A sia passata di mano per un euro. Chi fa fallire una società di calcio, deve andare in galera”.

    Xavier Jacobelli


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