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  • Un Europeo senza novità tattiche: Italia, ecco come fare male alla Spagna

    Un Europeo senza novità tattiche: Italia, ecco come fare male alla Spagna

    • Matteo Quaglini
    La fase a gruppi dell’Europeo - quella tattica e di studio – è terminata, le squadre si fermano per due giorni e preparano i piani strategici per le grandi battaglie di Francia. E’ un’immagine metaforica quella che ci introduce a un confronto sullo sviluppo del gioco, gli stili e le prospettive delle squadre che hanno superato il turno. Fin qui l’Europeo non ha messo in mostra importanti novità tattiche, rimanendo bloccato sui principi del gioco contemporaneo: possesso palla, conseguente difesa in blocco della squadra che difende, contropiede diretto. 

    Una prima considerazione è quella della presenza di un gioco “globale”, dove anche squadre storicamente opposte negli stili, cioè diverse nel cercare lo sviluppo e l’interpretazione del gioco - come ad esempio Spagna e Germania – giocano secondo un’idea comune: quella del possesso palla e dei passaggi corti. In questo campionato tre sono le squadre che radicalizzano il controllo del pallone: Germania, Portogallo e Spagna in rigoroso ordine di mole di lavoro espressa in questo fondamentale tecnico. Il Portogallo è anche la squadra che tira più di tutte nello specchio (22 volte) ma lì è soprattutto Cristiano Ronaldo a prendere in mano la situazione accentrando su di sè il gioco coordinato ma lento dei lusitani. Se il fuoriclasse portoghese non segna, come nelle prime due gare, allora la costruzione del Portogallo, pur di qualità, è inefficace. Se invece finalizza magistralmente come ieri contro l’Ungheria la squadra trova respiro e quasi s’illude di essere completa nel gioco. Le occorrono gli inserimenti di Gomes e Moutinho per battere i croati maestri del contropiede e poter essere una squadra finalmente più efficace e corale.

    Le due regine continentali giocano invece un possesso completo e strutturato, ma non ancora ben sincronizzato ed efficace né nella fase difensiva né in quell’offensiva. Nella Germania c’è uno sviluppo monocorde e troppo controllo sulla distribuzione del gioco da parte di Kroos che gioca sì il pallone con tutti i suoi compagni, ma lo fa principalmente con passaggi medio – corti, senza mai cercare cambi di gioco che possano ribaltare il fronte rapidamente. Di conseguenza non c’è un grande cambio di passo e mancano gli inserimenti senza palla di Muller e gli spostamenti nel quadrilatero d’attacco di Draxler, Ozil e Gotze, marchi di fabbrica dei tedeschi nel Mondiale brasiliano. I campioni del mondo hanno tirato molto nello specchio (21 volte) ma in attacco si cercano solo Ozil e Muller e il gioco ha poche variazioni, devono aumentare il ritmo se vogliono ripete il bis europeo – mondiale del 1972-74.

    Un ritmo definito invece l’ha avuto fin qui la Spagna, inflessibile nel proporre il suo estremo possesso ipnotico e però anche pronta a introdurre alcune novità nel suo impianto tecnico: Morata, un palleggio a due tocchi con una minor melina come contro i turchi; movimenti di sovrapposizione interna al campo grazie a Silva. I campioni in carica rispetto ai tedeschi giocano il “metodo” in modo più radicale, così quando iniziano l’azione mettono due difensori e un metodista vicini, mentre i terzini diventano mediani laterali e le mezzali sono avanzate e iniziano le loro trame. Anche questa non è una novità ma un’impostazione classica del calcio. Il loro punto debole l’ha evidenziato la Croazia: quando gli spagnoli non giocano con forza palla su palla nella metà campo avversaria, il loro possesso si espone al contropiede e su questa falla che rischiano di perderlo l’Europeo.

    L’altro grande tema conservatore di questa edizione è la tattica. E qui subentriamo noi, che siamo ancora dei maestri in questo modo di concepire il gioco. Ci manca la tecnica per dare al grande studio delle posizioni che facciamo un senso compiuto, ma un’idea di gioco c’è ed è chiara, non bella probabilmente ma delineata sì. Il nostro gioco fondato sulla difesa come emblema ci mette in difficoltà come ieri quando dobbiamo costruire, ma è perfetto per contro – giocare con i più forti che avremo agli ottavi.

    Il calcio dell’Europa occidentale chiude la sua panoramica con Francia e Belgio: due squadre individuali, senza un grande gioco d’assieme che si sono accese solo quando Payet e Hazard hanno aumentato la velocità d’esecuzione della loro grande tecnica. La Francia è chiamata a vincere per forza, il Belgio da tutti atteso è troppo naif e sicuro che basti solo il talento senza lavoro per arrivare in fondo. Se continua così sulla scia del “tanto ce la facciamo comunque” non pensiamo che possano arrivare a Parigi e festeggiare il 10 luglio. 

    Due grandi blocchi geo – calcistici completano la nostra rassegna e confermano che il calcio della modernità è molto globale e poco nazionale. Uno è il gruppo di squadre mitteleuropee e slave che hanno proposto tre stili diversi, ma dentro le attuali dinamiche del calcio: quello lineare di Slovacchia e Ungheria, quello del talento della Croazia e quello del contropiede diretto della Polonia. Senza complessivamente grandi giocatori come un tempo, Modric e Hamsik a parte, queste squadre della storia hanno giocato un calcio diretto e sono state efficaci sia in difesa – la Polonia non ha subito gol, sia in attacco dove l’Ungheria ha segnato più di Francia, Spagna e Germania. Gli accoppiamenti degli ottavi ci sembrano essere adatti al gioco di queste squadre perché l’Ungheria col suo gioco fatto di corsa e piccoli inserimenti ripetuti può battere il Belgio e anche Polonia e Croazia possono eliminare con il loro stile diretto, squadre più forti di loro nella concentrazione, come Svizzera e Portogallo.

    L’altro gruppo è quello britannico – nei giorni della Brexit – tutte le rappresentanti del Commonwealth sono passate agli ottavi. In questo calcio isolano ci sono ancora stili nazionali: li hanno proposti gli irlandesi, tanto quelli del Nord quanto quelli della Repubblica d’Irlanda. In particolare, i ragazzi di Martin O’Neill hanno giocato il calcio della grinta, della lotta e della palla lunga che tante volte abbiamo visto nelle finali di Coppa d’Inghilterra e nel calcio anglosassone fino a vent’anni fa. Ora gli tocca la Francia e, statene certi, venderanno cara la pelle con questo loro gioco fatto di spizzate e corse lunghe. Mentre anche il Galles ha giocato calcio britannico unendolo però alla qualità grazie alla classe superiore di Ramsey e la forza esplosiva di Bale. 

    L’Inghilterra ha tentato la via del palleggio e della formazione offensiva sia a centrocampo che in attacco. I sudditi di Sua Maestà non ci convincono mai, peccato perché ci vorrebbe una grande Inghilterra nel calcio delle nazionali. La squadra è scolastica, gioca gli scambi ma sono pochi e lenti, Rooney che è un mito a centrocampo è una grande idea (di van Gaal per altro) ma è troppo statico, deve sentire meno Hodgson e giocare a tutto campo dando ritmo alla squadra, oppure gli inglesi saranno ancora li a guardare il 1966.

    Un calcio ordinato e globale lo fa l’Islanda che ha già vinto il suo europeo passando il turno alla prima partecipazione. Grande forza fisica, corsa e capacità di lotta. Queste squadre e queste storie tecniche servono a questi tornei perché dentro un gioco semplice possono trovare anche sviluppi complessi ed eliminare qualche grande. Il Portogallo ne sa qualcosa in termini di paura.
    Tra due giorni cominceranno gli ottavi quando inizieremo a guardarli insieme, facciamo caso ai secondi tempi, in questo europeo 45 dei 69 goal segnati sono arrivati nella seconda parte della gara. Lì quando la tattica si rompe e si gioca più liberi dobbiamo capire chi usa meglio il tempo e lo spazio perché sarà quella squadra a vincere gli europei, nel secondo tempo.

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