Quando diedi a Tardelli del razzista
Rimango con il telefono in mano e senza parole, come sempre dopo aver parlato con Marco Tardelli. Avrei almeno voluto dirgli che l’idea di rimettersi in vetrina attraverso un libro mi sembrava davvero ottima. Non sarà una storia di solo calcio. Sarà il racconto di uomini e persone, più che di personaggi. Qualcuno strano, qualche altro bizzarro. Tutti simili a lui, vittime di inquietudini e di notti bianche che neppure il Mogadon che il dottor La Neve lo obbligava a buttar giù aveva la meglio sulla sua fisiologica insonnia. Le vette più alte raggiunte partendo da molto in basso tra tazzine di caffè da lavare al bar della stazione di Pisa e sogni tricolore realizzati passando attraverso il bianconero. Lui sempre identico a se stesso. Inguaribilmente vero e onesto sino a farsi del male come capitò all’Inter “dimezzata” che Moratti gli aveva affidato. Inguaribilmente “schizzato” al punto di andarsene dal Consiglio della Juventus perché non gli andava il ruolo di bandiera senza diritto di dire e di fare.
L’ho sentito in Radio l’altra mattina. Parlava di Conte e della Nazionale. Anche di quella che verrà perché ormai lo sanno anche i sassi che il ct lascerà Casa Italia dopo gli Europei, salvo improbabili ricapovolgimenti ideologici. Impossibile non intuire dalle sue parole il desidero di farsi sotto e di essere preso in seria considerazione per l’eventuale successione sulla panchina azzurra. Lo voterei immediatamente, senza se senza ma. Tardelli Cittì. L’uomo giusto al posto giusto e soprattutto al momento giusto. Adesso. Dopo le mille lezioni ricevute e metabolizzate insieme a Cesare Maldini e a Giovanni Trapattoni come vice attento e pensante. Come simbolo, praticamente indistruttibile, di un’intera nazione e forse del mondo intero conquistati da quel “urlo” che, con quello di Munch, è già nella galleria dei capolavori umani. Un poco come nel film da culto “Casablanca” quando Iisa (Ingrid Bergman) si rivolge al pianista nero e gli fa: “Suonala ancora, Sam”. Non resta che aspettare. E sperare.