Calciomercato.com

  • Urbano Cairo contro i soliti noti
Urbano Cairo contro i soliti noti

Urbano Cairo contro i soliti noti

  • Marco Bernardini
La stampa e la sua indipendenza rappresentano una questione seria. Il grado di civiltà di un Paese si misura anche con il numero e con la tipologia dei giornali che vengono stampati. Nella classifica mondiale, in quanto a “libertà” e “obiettività, l’Italia non brilla in modo particolare ma in ogni caso mantiene salva una certa dignità malgrado l’asfissiante interferenza della politica. Il “Corriere della Sera” insieme con “La Gazzetta dello Sport”, seguiti a ruota da “La Repubblica”, rappresentano un poco per vendita e per diffusione il mare nostrum dell’informazione cosiddetta indipendente. Un’indipendenza talvolta più formale che non sostanziale però salvaguardata dallo zoccolo duro, quello storico e generazionale, dei giornalisti e dei tipografi che non hanno mai voluto operare la distinzione tra “missione” e “mestiere”.

Dietro a questa macchina socio-culturale c’è l’editore. Una figura non omogenea o, meglio ancora, bifronte. Quello che, per tradizione o per passione, esercita il suo ruolo di “informatore” secondo i canoni etici e deontologici formulati tradizionali della stampa ben sapendo che, sul piano economico, il ritorno sarà risibile o come oggi addirittura in perdita vista la crisi della carta stampata. C’è chi invece, per ragioni diverse, si inventa editore strada facendo e fatalmente “usa” lo strumento mediatico come fonte di guadagno sia diretto ma soprattutto indotto dai vantaggi che la sua posizione “pubblica” (e pubblicitaria) può far convergere verso i suoi interessi privati. A questo si deve sommare il valore aggiunto della vanità.

Due frontiere tra loro inconciliabili le quali devono fare riflettere ciascun cittadino sulla partita che, in queste ore, si sta giocando al tavolo dell’informazione tra l’editore Urbano Cairo e il gruppo del salotto buono finanziario guidato dalla coppia Bonomi-Della Valle. Una sfida a colpi di opa il cui  esito porterebbe a esiti diversi nel caso di successo di uno o dell’altro contendente e un finale di partita che potrebbe pregiudicare l’indispensabile rilancio della griffe editoriale in questione.

Intanto sgomberiamo il campo dal grossolano equivoco che sta turbando i nostri amici lettori e tifosi. Il fatto che Cairo e Della Valle siano anche gli azionisti di riferimento di Fiorentina e Torino non significa assolutamente che l’eventuale successo dell’operazione RCS  (con un’esposizione debitoria davvero importante) andrebbe ad incidere negativamente sulla campagna di rafforzamento per una delle due squadre. E’ bene ricordare, infatti, che il periodo di maggior splendore per il Milan coincise con lo zenit raggiunto da Fininvest con tanto di acquisizione da parte di Berlusconi del “Giornale” di Montanelli e con la scalata alla Mondadori. Idem per la famiglia Rizzoli, se si vuole andare ancora più indietro nel tempo o, per tornare a oggi, con Aurelio De Laurentiis che nulla toglie al Napoli (anzi) per dare ai suoi nuovi investimenti nel mondo del cinema. Questo per buona pace e tranquillità del cuore pallonaro.

Il problema, semmai, è un altro e anche più importante perché riguarda la difesa e lo sviluppo di una sorgente vitale per la dignità culturale e sociale del nostro Paese. Nel lontano 1970 ho iniziato il mio viaggio professionale alla “Gazzetta del Popolo” di Torino, il quotidiano più antico d’Italia e autentica fucina di professionisti d’eccellenza. Ebbene, vi posso assicurare che il giorno della “chiusura” di quello che sarà sempre il “mio giornale” provai un dolore intenso da stare fisicamente male. Un’angoscia andava oltre quella, normale, per la perdita temporanea del lavoro. La morte della “Gazzetta”, che pure vendeva un numero di copie più che sufficienti alla sopravvivenza, era stata firmata da un editore che non era editore e su indicazione, da Roma, di due branchi di jene democristiane impegnate a sbranarsi per ottenere la governance del quotidiano. Cose che negli Usa o in Inghilterra via in galera.

Il gruppo Della Valle-Bonomi-Mediobanca non vuole certamente RCS per liquidare. Però. Della Valle produce scarpe. Bonomi, rampollo di cotanta famiglia apparentata con i Bolchini, è un finanziere puro. Mediobanca, paradossalmente, è azioniste e creditore del Corsera e della Gazzetta. Ciascuno di loro, in virtù del ruolo che ricopre, non può essere disconnesso dalla politica. Urbano Cairo, al contrario, è un editore che ha sempre fatto l’editore. E’ vero che stampa settimanali giudicati troppo popolari da chi ha la puzza al naso. E’ altrettanto vero che, con la griffe Giorgio Mondadori, pubblica mensili di arte e di tesori ambientali oltreché libri di letteratura e romanzi. Infine con “La Sette” è l’unico tycoon televisivo italiano in grado di tenere testa al colosso Sky e alla decadente Mediaset. Con cavalli di razza come Gruber, Crozza e Mentana. In quanto alla politica, se Cairo avesse voluto sfruttare l’onda usandola per poi venirne usato (cosa che fece il suo predecessore Borsano presidente del Torino con Bettino Craxi) avrebbe potuto tranquillamente seguire Berlusconi del quale era stretto collaboratore al tempi delle marce trionfali.

Mi piace, infine, ricordare quando Cesare Romiti allora Ad Fiat (finanziere anche lui e non ingegnere come Ghidella) convinse l’Avvocato ad aprire la prima televisione privata italiana nell’intento di diversificare. L’avventura durò poco più di un anno. Poi Gianni Agnelli disse: “Noi sappiamo fare automobili, la televisione lasciamo che siano quelli più capaci a farla”. E “Teletorino”spense la frequenza. Ora, se a spuntarla (come purtroppo  esistono possibilità concrete) saranno finanza, politica e vanità vorrà dire che, per l’ennesima volta, i sacerdoti dello status quo alias i soliti noti sono riusciti a tener distante l’intruso dal Tempio. Ma per fortuna anche la Storia seppure raramente, si stufa del dejà vu. 

Altre Notizie