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  • Viaggio al centro del fenomeno Qatar. Episodio 2: 'Ecco come comprano il nostro calcio', il racconto di Gabriella Greison

    Viaggio al centro del fenomeno Qatar. Episodio 2: 'Ecco come comprano il nostro calcio', il racconto di Gabriella Greison

    Continua il viaggio di Calciomercato.com alla scoperta del Qatar e dei suoi Mondiali che, nel 2022, attireranno l'attenzione di tutto il mondo. Per conoscere più da vicino lo stato dell'arte dei lavori di costruzione degli impianti ma, soprattutto, per capire come il paese qatariota si sta avvicinando all'evento sportivo, abbiamo intervistato in esclusiva Gabriella Greison, giornalista di SportWeek, che per prima ha vissuto e raccontato in prima persona l'esperienza di un viaggio nei territori del Mondiale 2022:

    E' stata la prima giornalista a visitare il Qatar in previsione dei Mondiali del 2022, come nasce l'idea di questa esperienza?

    "L’idea del viaggio in Qatar nasce per questa mia grande curiosità che mi spinge sempre un pochino più in là. Sono una giornalista vecchio stampo, che va ancora in giro a cercare le notizie. Lì, in Qatar, la notizia c’era eccome, e visto che leggevo solo sul Guardian e sul New York Times la situazione come stava evolvendo, appena ho avuto l’occasione sono andata di persona a vedere come stavano le cose. In Italia, nessuno ci era ancora andato, e questa cosa mi motivava parecchio. Poi, c’è da dire che è stato molto semplice informarmi, muovermi, capire le piste da seguire: i qatarioti sono persone molto ospitali e ben disposte al dialogo. Ho iniziato ad informarmi sulle loro questioni quando mi sono venuti i primi sospetti su quei viaggi lampo che tanti allenatori, calciatori, dirigenti stavano facendo verso Doha, pagati dagli emiri. E così ho scoperto l’Aspire, e tutto quello che ho raccontato nel reportage di 5 pagine uscito su Sport Week (tramite il mio sito, si può risalire all’intero articolo). Ma la domanda che ha mosso tutto il mio lavoro è stata: come fa il Qatar ad ospitare il Mondiali 2022, se non ha una nazionale? Sono qualificati di diritto, ma i ragazzi che lo giocheranno oggi hanno 10-12 anni, dove sono questi bambini, come stanno imparando il calcio? Ecco, era troppo bella come domanda, non potevo non andare a trovare la risposta.

    Come sta vivendo il paese l'avvicinamento al Mondiale? Osservando il paese dall'esterno c'è la sensazione che il calcio sia un elemento estraneo, addirittura sconosciuto...

    "Sì, è così. Non hanno una tradizione forte come la nostra, o come quella dei nostri fratelli inglesi, tedeschi, eccetera. Ma sono molto incuriositi da noi, e da quelli che di calcio se ne intendono. Vogliono capirlo e giocarlo anche loro. Anzi, devono. Visto che il 2022 è dietro l’angolo. E quindi qual è il loro approccio? Comprano tutto. Perché il loro problema più grande è che la squadra che dovrà rappresentare per la prima volta il loro Paese in un Mondiale, e che negli ultimi 40 anni di attività internazionale ha solo raggiunto due quarti di finale di Coppa d’Asia, ’00 e 01, non c’è ancora. Devono trovare oggi 50 ragazzini tra i dodici e i quindici anni che sappiano giocare a calcio. Qatarioti, s’intende. In un Paese in cui qatarioti non si può diventare, né lavorando da generazioni, né per reddito, nemmeno sposandosi, perché quella nazionalità è un’élite riservata a pochi, un privilegio. E quindi, ecco che la risposta a tutto questo si chiama Aspire".

    Il Guardian aveva denunciato a settembre le disumane condizioni di lavoro degli operai impegnati nella costruzione degli stadi. La relazione dell'International Trade Union Confederation afferma che il numero dei morti arriva a già 1200. Quali sono le reali condizioni di lavoro? Cosa è stato fatto e cosa si sta facendo per migliorare la previsione di 4000 morti entro il 2022?

    "Sì, sono andata sui luoghi che racconta il Guardian (foto Gabriella Greison), e anche se il mio reportage non si concentrava su questo, ho comunque avuto modo di capire molte cose. Intanto, molti ambiscono a lavorare in Qatar: sia perché è un Paese dove c’è lavoro per tutti, sia perché non si pagano le tasse, sia perché ci sono molti soldi che girano. I lavoratori sui campi in costruzione sono quasi tutti pakistani, o senegalesi. C’è molta riservatezza sulla paga che prendono, so che lavorano dall’alba al tramonto, divisi in due turni. E confermo anche il dettaglio riportato dal Guardian che dice che agli operai viene tolto il passaporto per tutta la durata del loro lavoro, quindi non possono espatriare finchè sono sotto contratto. Per il resto, ho visto operai che lavorano con il sorriso, e operai che lavorano in sofferenza, operai che avevano cinture di sicurezza e tutto in regola, e altri che andavano sul cantiere meno protetti. Delle morti sul lavoro, con loro, non ho potuto parlare: perché quando la mia presenza è diventata troppo insistente, sono arrivati subito i capi-cantiere e mi hanno fatto andare via. Naturalmente non è stata questa cosa ad avermi fermato, visto che ci sono tornata più volte, e ho cambiato cantiere di giorno in giorno. Però, ripeto, il mio reportage era focalizzato su altro. Posso però dire che i cantieri aperti sono tantissimi, e per tutto il Qatar. Solo a Doha ce ne sono un centinaio! Sono stata a Lusail, una decina di chilometri a nord della capitale, dove sta nascendo un’intera città in vista dei Mondiali. E’ lì che si concentrano maggiormente i problemi di cui tu parlavi".

    Oltre alle morti sul lavoro il Qatar è stato accusato anche di corruzione, con il Daily Telegraph che ha rivelato che l'ex vice presidente della Fifa Jack Warner sarebbe stato pagato affinché il Qatar venisse scelto come sede ospitante...

    "Beh, è alquanto strano quello che è successo. E’ sotto gli occhi di tutti, ma non se ne parla. E’ stata assurda quell’assegnazione, così rapida, così furba. Dietro c’è un traffico enorme ancora da scoprire, secondo me. Ma del Medio Oriente ci arriva solo quello che vogliono farci arrivare. Avrei molto altro da raccontare, ma non è questo il posto credo… Una cosa è certa: non sono loro ad arricchirsi con questi Mondiali, nel senso che non andrà come avviene di solito, che le strutture costruite per i Mondiali, diverranno poi patrimonio del Paese per farlo crescere, ed essere utilizzate nella vita di tutti i giorni".

    L’anno prossimo la Fifa voterà per decidere se il torneo dovrà essere spostato in inverno. Com’è il clima in quel periodo in Qatar? Esistono le condizioni affinché si possa giocare in estate?

    "Io ci sono andata durante le feste di Natale 2013, e si girava in maglietta di cotone e i jeans, e la sera era un po’ più fresco. Le condizioni per giocarlo d’estate ci sono comunque, visto che il Qatar sta mettendo aria condizionata ovunque. Le grandi strutture che ospiteranno le partite sono al coperto, e con sistemi di aria condizionata che ci sogniamo. A volte ti sembra di non sapere nemmeno quale sia la condizione termica reale, da quanto è finta la loro aria. In inverno, certo, sarebbe perfetto: ma che Mondiali sarebbero? E i campionati? Li fermano? Li spezzano? Nella nostra tradizione, per noi che abbiamo inventato il calcio, i Mondiali si fanno d’estate".

    Come può un paese che non possiede una storia calcistica inventarla partendo da zero? 

    "Come sarà? Sarà finto. Sarà freddo. Sarà megalomane. Copiano e comprano, tutto qui. E hanno i soldi per farlo. Per noi sarà come andare al cinema, e vedere cosa proiettano. Poi ci adattiamo di conseguenza. Tanto a noi va bene tutto, basta che ci fanno giocare. Noi siamo bambini, sentimentali, su questo argomento. Loro no. Come diceva Javier Marias: il calcio è il nostro ritorno settimanale all’infanzia. Ma loro non sanno nemmeno chi è Javier Marias, figuriamoci i libri che sono stati scritti sul calcio…"

    Cos'è l'Aspire Dome? Quanto aiuterà il Qatar nell'avvicinamento ai Mondiali?

    L’Aspire Dome è tutto, per loro. Pensano sia la soluzione. Dunque, l’Aspire è da immaginare come una navicella di Star Trek grande come un quartiere, in cui c’è tutto. La chiamano Cittadella dello sport, in realtà è qualcosa che non abbiamo mai visto da nessuna parte. Visitata di persona l’Aspire mette i brividi. Si trova a ovest di Doha, neanche 8 km dal centro. Alla reception, tutto è top secret. Non rispondono a niente, le informazioni te le devi procurare in altra maniera. Entrando sui campi, 13 all’aperto, 2 interni, tutti regolamentari, e facendo domande; salendo nell’albergo The Torch che domina l’Aspire e l’intera città, con i suoi 300 metri d’altezza divisi in 80 piani, collegato poi nei sotterranei con l’ospedale, l’ospedale più importante del mondo, naturalmente, con i migliori medici pescati in ogni parte del pianeta a seconda delle esigenze, e il centro studi di ricerca, con ingegneri e fisici stranieri, che alla prima necessità volano lì, dietro lauto pagamento. Quando entri nella hall dell’albergo hai subito l’ipad personale per fare tutto in remoto, anche le valigie!, e puoi scendere direttamente negli spogliatoi dei campi. Tutto costruito con un unico obiettivo: scortare il Football Dream qatariota fino al 2022".

    C’è un’esperienza particolare, un aneddoto che le è rimasto maggiormente impresso nel corso del suo viaggio?

    "Sì, sono andata nel suk di Doha e ho fatto un esperimento. Per un intero pomeriggio ho messo un pallone nel centro del mercato, e ho guardato cosa poteva succedere. Perché immaginate da noi, cosa mai può capitare se troviamo un pallone per strada. Bene, quel pallone non è mai stato toccato, per ore. Tutti andavano oltre, lo scansavano. Quando ho iniziato a chiedere a chiunque di calciarlo, o di giocare con me, mi rispondevano che non sapevano farlo. Mi chiedevano come colpire la palla, quale parte del piede deve toccare il pallone, eccetera così. In contrapposizione, se poi guardavi le vetrinette dei negozi nel suk, quelle con gli oggetti più disparati, ci trovavi sempre una coppa del mondo. In miniatura, o gigantesca. Come portachiavi, o come ciondolo. Colorata, di ferro, di cartone. Coppe del mondo ovunque. Come dire: compriamo anche quella…"

    Gabriella Greison è nata a metà degli anni 70 a Milano, ora vive a Roma. E’ laureata in fisica nucleare. E’ scrittrice e giornalista. Ora scrive su Sport Week, su Vanity Fair, e collabora con Rai Tre nel programma di cultura e libri “Pane Quotidiano” condotto da Concita de Gregorio. A maggio esce “Le giacche degli allenatori2”, il secondo libro della serie per bambini edito da Salani, e ambientato durante la finale Italia-Francia del 2006. Tramite il suo sito personale si trovano tutti i riferimenti: www.GreisonAnatomy.it


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