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  • 1933, Italia contro Inghilterra: il ruolo di Mussolini e le foto ai divi inglesi
1933, Italia contro Inghilterra: il ruolo di Mussolini e le foto ai divi inglesi

1933, Italia contro Inghilterra: il ruolo di Mussolini e le foto ai divi inglesi

  • Alessandro Bassi
Italia-Inghilterra è partita da cerchiare in rosso per i tifosi italiani. Da sempre. Sempre, infatti, gli incontri che hanno visto queste due nazionali affrontarsi sono stati caricati di molti significati, soprattutto da parte italiana. In particolare, e non poteva essere altrimenti, il primo, storico, match, giocato nel maggio del 1933 a Roma.

L'ITALIA FASCISTA - Gli anni '30 sono gli anni di massimo splendore del regime fascista: in Italia la costruzione del regime totalitario può dirsi compiuta, con l'appiattimento morale della società ai diktat del regime; all'esterno l'Italia gode ancora di un buon prestigio e soprattutto è ancora percepita come una Nazione stabile e sufficientemente affidabile. Eppure il disagio vissuto dal regime – e dallo stesso Mussolini – per quel sentimento di inferiorità nei confronti delle Democrazie è profondo e necessita di un momento, di un evento che lo possa eliminare una volta per tutte. Lo sport pare la via migliore per raggiungere lo scopo.

FASCISMO E SPORT - Sport che il regime fascista aveva già provveduto a sottomettere completamente al proprio controllo nella seconda metà degli anni '20, con tutta una serie di leggi che avevano dapprima istituito l'Opera Nazionale Balilla per l'assistenza e l'educazione fisica e morale della gioventù, mettendo così le mani sull'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole attraverso un sistema di controllo nuovo rispetto alle esperienze passate, per poi arrivare con la cd. “Carta di Viareggio” a controllare tutto il movimento calcistico italiano, mettendovi a capo il gerarca bolognese Arpinati che, peraltro, verrà “silurato” proprio pochi giorni prima del match contro gli inglesi. Perchè questo interesse del regime per lo sport? Il motivo era puramente politico. Lo spiega bene Lando Ferretti, gerarca fascista e presidente del C.O.N.I. dal 1925 al 1928, quando afferma che Mussolini aveva visto nello sport il mezzo per assolvere alle funzioni politico-sociali che più stavano a cuore al regime. Ma a parte ciò, lo sport serviva al regime per raggiungere anche un altro importante scopo, quello cioè di infondere negli italiani un marcato sentimento di orgoglio nazionale, esaltando la figura del campione, che da atleta diventava eroe nazionale, simbolo vincente di un regime forte e determinato. Da Primo Carnera a Italo Balbo, lo sport azzurro si veste con la camicia nera e contribuisce a portare quella camicia nera in giro per il mondo. Ma è il calcio il veicolo migliore e Mussolini lo sa bene. Manca l'affermazione internazionale del calcio per celebrare una volta per tutte la superiorità del regime fascista. La Nazionale di calcio piano piano, plasmata da Vittorio Pozzo, sta per iniziare il suo decennio magico, la sua età dell'oro.

LA PRIMA VOLTA CONTRO I MAESTRI - L'Italia che si appresta a confrontarsi per la prima volta con i maestri inglesi era l'Italia che aveva vinto la Coppa Internazionale nel 1930 e che nel maggio del 1931 aveva affrontato per la prima volta una rappresentativa britannica, quando a Roma aveva sconfitto 3-0 la Scozia. Infine, era l'Italia che pochi giorni prima del match con gli inglesi aveva battuto a Firenze una delle nazionali europee più forti, la Cecoslovacchia, liquidata 2-0. Che la partita contro l'Inghilterra fosse sentita in modo molto particolare lo testimonia l'enorme mobilitazione mediatica. Come sottolinea Antonio Ghirelli, la stampa presenta la partita con l'Inghilterra come il più clamoroso avvenimento calcistico del dopoguerra. E in realtà lo è, se teniamo sempre in considerazione quel sentimento di inferiorità che il nostro calcio – e l'apparato statale fascista – nutre nei confronti dei maestri inglesi. Attorno a quell'evento, infatti, vengono organizzate varie iniziative, tra le quali meritano menzione senz'altro alcune conferenze tenute nell'immediatezza del match da Hugo Meisl, famoso allenatore del Wunderteam austriaco e ottimo amico di Vittorio Pozzo, nazionale austriaca che nel dicembre del 1932 aveva messo in serie difficoltà quella inglese, piegandosi 3 a 4. Proprio in una di quelle conferenze Meisl cerca di spiegare il gioco degli inglesi e le contromisure per poterlo arginare.

COME DIVI DEL CINEMA - Il fascino che i maestri esercitano sugli appassionati italiani è enorme. Già dai primi giorni di maggio tutti i posti numerati dello stadio erano andati esauriti; il 10 maggio alla stazione di Roma la folla di tifosi e giornalisti che accolgono gli inglesi al loro arrivo con il direttissimo delle ore 19.10 da Parigi è imponente. I giornali seguono quasi maniacalmente i giorni della vigilia degli inglesi, pedinandoli e fotografandoli come se fossero veri divi del cinema. Non che gli inglesi non temano questa partita, tutt'altro. Al netto delle dichiarazioni, gli inglesi avvertono che dall'incontro possono nascere insidie e si allenano nei due giorni precedenti sul campo del Testaccio: nella giornata dell'11 maggio dalle 10 alle 11.15 prima con un giro di corsa, poi con esercizi con il pallone e sessione di tiri; il 12 con una breve sgambata senza peraltro mai usare il pallone, sotto lo sguardo di Pozzo e degli Azzurri. Tra i calciatori inglesi più attesi c'è senz'altro l'ala sinistra dell'Arsenal, il diciannovenne Bastin che all'inviato de Il Littoriale rilascia un'intervista sospesa tra l'ironico e il gradasso:
“- E' vero che ha segnato 3 goals al Racing a Parigi nella partita vinta 5 a 1 dall'Arsenal?
- Quattro, prego.
- E a Combi, quanti? Uno? Due? Oppure tre?
Bastin scoppia in una risata:
- Aumenti, aumenti: dica pure 6.
- Badi – lo ammoniamo – che questa sua dichiarazione la renderemo pubblica.
Bastin, il biondissimo, scrolla le spalle, come a dire “faccia pure”.

ITALIA-INGHILTERRA DAVANTI AL DUCE - Ironia? Sbruffonaggine? Convinzione? Poco importa. Perché il 13 maggio allo stadio Nazionale di Roma le due nazionali alle ore 15.30 finalmente scendono in campo al cospetto del Duce. Gli inglesi al suono di God save the King e gli italiani sulle note di Giovinezza si schierano con queste formazioni:
Inghilterra: Hibbs; Goodall, Hapgood; Strange, White, Copping; Geldard, Richardson, Hunt, Furness, Bastin.
Italia: Combi; Rosetta, Calligaris; Pizziolo, Monti, Bertolini; Costantino, Meazza, Schiavio, Ferrari, Orsi.
Come spesso accade quando si carica di troppe aspettative la vigilia, l'evento tanto atteso non regalò le emozioni e lo spettacolo che ci si aspettava. La partita si risolse in un pareggio per 1-1: prima in vantaggio l'Italia con una rete di Ferrari, gli inglesi riuscirono a pareggiare sul finire del primo tempo con un goal di Bastin – sì, proprio lui – in posizione di dubbio fuori gioco. Nella ripresa il risultato non mutò, però, per dirla con le parole del cronista de Il Littorio, “la pressione italiana fu ancor più netta ed insistente”. Insomma, in Italia la sensazione fu quella dell'occasione mancata. Interessanti i commenti di fine gara di Chapman, allenatore dell'Arsenal e inventore del Sistema: “La partita è sta bella solo a tratti, e quasi mai per parte nostra. L'Italia ha meritato il pareggio ed è stata molto vicina alla vittoria”. Goodall, capitano degli inglesi: “Confesso che non ritenevo gli italiani così forti. Dopo il primo goal che essi hanno realizzato (…) ho temuto per le sorti della partita. Alla fine del primo tempo ero sicuro che avremmo lasciati imbattuti lo Stadio, dato che il gioco ci aveva fornito delle preziose indicazioni per la tattica da svolgere nel secondo tempo.”
Le due delegazioni, al termine dell'incontro, fissavano un nuovo match per il dicembre del 1934 a Londra: come bene sappiamo, quella partita verrà giocata con l'Italia fresca campione del Mondo.

(Alessandro Bassi è anche su http://storiedifootballperduto.blogspot.it/)

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