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  • 30 anni dal primo Milan di Sacchi: Sarri il suo erede, mentre Montella...

    30 anni dal primo Milan di Sacchi: Sarri il suo erede, mentre Montella...

    • Andrea Distaso
    Nasceva 30 anni fa, in una partita di Coppa Italia contro il Bari, il Milan di Arrigo Sacchi, quello capace di riscrivere le regole del gioco, di esportare un tipo di calcio che non rispecchiava i canoni tradizionali di quello all'"italiana" ma che ha finito per dare lustro al club rossonero e all'Italia tutta. In campionato come in Coppa dei Campioni, l'imperativo categorico era imporre la propria filosofia di gioco, in casa come in trasferta. Andare su campi delle grandi d'Europa per limitare i danni, magari strappando un pareggio grazie a una strenua resistenza difensiva, era un concetto che nemmeno albergava nella mente del tecnico di Fusignano. Una pazza idea la sua, quella di vincere passando attraverso un gioco dominante, resa possibile anche dai copiosi investimenti di Silvio Berlusconi, dalla presenza al fianco di "gregari" come Mussi, Angelo Colombo, Virdis o Massaro di autentici fenomeni come Tassotti, Baresi, Maldini, Ancelotti, Donadoni, Gullit e van Basten. Nasceva 30 anni fa l'epopea del grande Milan, ma oggi che cosa è rimasto di quell'esperienza?

    DA GUARDIOLA AD ANCELOTTI - Il calcio è cambiato ancora, si è evoluto, ma sono diversi gli allenatori italiani e non che si sono ispirati al lavoro di Sacchi e hanno provato a riprodurlo con le loro squadre. Guardiola col suo Barcellona ha riportato in auge il concetto del calcio totale, della fase difensiva che parte dagli attaccanti e dal tentativo di recuperare il pallone il più lontano possibile dalla propria area di rigore. Pressing esasperato, intensità e ripartenze, vi dicono niente? Ancelotti, l'allievo prediletto di Sacchi (che lo volle come assistente in Nazionale a Usa '94), ha portato avanti i suoi principi di dare la priorità al gioco fatto dal collettivo rispetto alle individualità trovando il modo al Milan e al Real Madrid di far convivere una quantità incredibile di "piedi buoni". Tanta tattica, ma anche una gestione umana del gruppo, delle persone, con pochi eguali.

    SARRI E' IL NUOVO SACCHI - In Italia, Marco Giampaolo e Maurizio Sarri sono gli esempi più fulgidi del sacchismo applicato al gioco moderno. Per entrambi, Empoli è stato il laboratorio nel quale sperimentare le proprie idee e metterle in pratica ed è soprattutto il tecnico del Napoli ad avere le stimmate del naturale successore del suo maestro. Dopo due anni di apprendistato, i giocatori azzurri hanno mandato a memoria automatismi che stanno deliziando le platee di mezza Italia e che hanno iniziato a richiamare l'attenzione anche in campo internazionale. Il Napoli di Sarri come il Milan di Sacchi? Un paragone decisamente azzardato oggi, ma che la Champions League possa essere il torneo nel quale raccogliere le maggiori soddisfazioni per il club di De Laurentiis proprio per il tipo di calcio europeo proposto dal suo allenatore non è un'eresia.

    LA RIVOLUZIONE DEL MILAN - E il Milan? Dopo il suo addio, Berlusconi e Galliani hanno puntato su tecnici molto diversi, convinti che riprodurre quanto lasciato in eredità dal profeta di Fusignano fosse impossibile. Capello, Zaccheroni, Ancelotti e Allegri hanno vinto in maniera diversa e lo stesso Montella è stato "bacchettato" nei giorni scorsi da Sacchi per aver tatticizzato troppo il suo stile di gioco. Di quella squadra che nel 1987 aprì un ciclo irripetibile non è rimasto nulla, se non la volontà, con l'avvento della nuova proprietà, di dare il la a una nuova era passando, come allora, da un mercato stravolgente. Via molti dei calciatori portati negli ultimi anni da Galliani, dentro 11 nuovi acquisti con l'idea che siano funzionali per il calcio di Montella. Sono passati 30 anni, ma la rivoluzione di Sacchi è ancora presente. 

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