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30 miliardi di patrimonio per il City: Mansour, l'uomo dalle risposte giuste
Mansour poi disse un’altra cosa: "Il City diventerà una squadra transnazionale, non ci accontenteremo di vincere in Europa e nel Mondo anche se sappiamo che occorrerà tempo. Il nostro progetto va molto più in là e guarda ad altri continenti". Pochi capirono che cosa volesse dire il sultano con questa frase che suonava come una sparata clamorosa, magari per riavvicinare i tifosi dei Citizens che erano più depressi della piana di Qattara. La cosa è diventata chiara qualche anno dopo: la società dei Mansour ha acquistato con il permesso e molti ringraziamenti del municipio una trentina di aree commerciali a Manchester per creare centri commerciali, alberghi, residence, aule studio e punti d’incontro per studenti e allenatore. Nasce l’Etihad Campus; a tempo di record viene rimodernato Carrington, l’inadeguata sede di allenamento del club ma già si pianifica una doppia struttura per la prima squadra e le giovanili, un investimento di circa 60 milioni di euro. Una meraviglia: una quarantina di campi di calcio con palestre, piscine, campi da tennis, foresteria e pista di atterraggio per elicottero.
Il City of Manchester nel frattempo viene ingrandito e lo ‘Sky Blue’ della squadra viene esportato. Prima in Australia e poi negli Usa. L’operazione della fondazione e creazione del New York City con tanto di acquisizione dello Yankee Stadium – uno dei simboli della città – è un colpo da 300 milioni di euro. Perché l’Australia? Perché New York? Perché sono un mercato impressionante non solo sotto l’aspetto calcistico ma anche turistico. E Mansour, che è uno degli azionisti di riferimento di Etihad, se apre un mercato lo fa perché sa già che i suoi aerei arriveranno fin là. Ecco la transnazionalità. E siccome Mansour è un paio di giri avanti ha sacrificato molto volentieri a prezzo di favore, 296 milioni di euro, azioni del club che sono state acquistate da una holding cinese. A breve anche la Cina avrà il suo spicchio di ‘Sky Blue’.
Morale della favola: in dieci anni i Mansour hanno investito in tutte le loro operazioni calcistiche oltre 2 miliardi di euro. Solo il City ha speso in acquisti un miliardo e mezzo di euro tondi tondi. Mezzo miliardo più dei concorrenti del Paris Saint Germain (griffato Emirates). Robinho, De Jong, Balotelli, Bellamy, Bridges, Tevez, Touré, Silva, Adebayor, Dzeko, Aguero, Nasri, Garcia, Jovetic, De Bruyne, Bony, Fernando, Sterling, Stones, Walke, Mendy, Danilo, Laporte, Mahrez… Approssimando e riducendo molto. Qualche delusione, qualche investimento sovrastimato ma alla fine per i Mansour la cosa fondamentale è che i soldi girino. Quattro allenatori: Mark Hughes, Roberto Mancini, Manuel Pellegrini e Pep Guardiola: quattro, nemmeno molti considerando il via vai in caserma. La squadra che nel 2002 era in Division 1 e navigava sull’orlo dei debiti ha vinto tre titoli inglesi, una FA Cup, tre Coppe di Lega e due Community Shield. Manca il grande titolo internazionale ma Mansour dice che è solo questione di tempo: e di soldi aggiungiamo noi.
A proposito, sapete qual è il nickname del sultano tra i tifosi del City? Manny…. Che è un po’ come dire Buddy – l’amicone - per la gente di Manchester: è uno della città, uno dritto, uno che sa sempre darti la risposta giusta. Mansour invece ha un significato che più predestinato di così non si può: il dominatore, il vittorioso, protetto da Dio. Ma con i suoi 30 miliardi di euro di patrimonio in liquidità personale oltre alle azioni di Etihad, Virgin, Daimler (Mercedes), Sky (Arabia) anche il suo direttore di banca gli vuole molto bene.