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  • 49 anni e la voglia di non mollare, Aruta a CM: 'Vi racconto la mia vita tra risse, reality e gol'

    49 anni e la voglia di non mollare, Aruta a CM: 'Vi racconto la mia vita tra risse, reality e gol'

    • Francesco Guerrieri
    "Per me il calcio è vita, ho la stessa passione di quando avevo sei anni. Ancora oggi voglio continuare a prendere a gomitate i difensori dentro l'area". Schietto e sincero Sossio Aruta, che a 49 anni ha deciso che non è ancora arrivato il momento di smettere: "Ho iniziato a giocare nel 1984 - ha detto a Calciomercato.com - è il 2020 e sono ancora qua". Riparte dal Veglie (ma giocano a Mesagne), squadra di prima categoria pugliese.

    Quando è scattata l’idea di ripartire?
    "A dicembre ho lasciato il Potenza per motivi economici. Al Veglie mi hanno chiesto una mano, c'è un progetto per vincere il campionato il prossimo anno".

    Hai detto di non voler smettere finché non arrivi a 400 gol. Quanto manca?
    "Sono a 380. Purtroppo ho sbagliato gli ultimi due rigori, ma fa parte del gioco. Se avessi messo dentro tutte le occasioni da gol sarei arrivato a duemila reti. Guardando al futuro sto iniziando a pensare a una nuova carriera da allenatore: ho il patentino dal 2006, ma in questi anni ho sempre continuato a giocare perché segnavo e mi sentivo bene. Sogno di allenare il Taranto".

    La Serie B col Pescara nel 1997 è stato il punto più alto della tua carriera?
    "Sicuramente. E' stata un'esperienza bellissima, siamo andati avanti anche in Coppa Italia fino ad affrontare la Fiorentina di Batistuta e Rui Costa. In quella partita mi marcò Piacentini. All'andata abbiamo perso 0-1 con gol di Bati, al ritorno vincevamo 2-0 ma è finta 2-2 e siamo usciti". 

    Un Re Leone contro l'altro.
    "Ce l'ho anche tatuato sulla pelle. Mi hanno dato questo soprannome per il mio modo di giocare, picchiavo i difensori e non avevo paura di niente e nessuno. Ero uno di quelli che iniziava le risse".

    49 anni e la voglia di non mollare, Aruta a CM: 'Vi racconto la mia vita tra risse, reality e gol'
    La rissa più grande nella quale ti sei trovato?
    "Quando giocavo a San Marino un avversario mi sputò in faccia a fine partita, io gli andai contro e iniziò il caos. Mi diedero un anno di squalifica, poi ridotto a qualche mese. Un'altra rissa fu alla fine di Frosinone-Latina, a un mio compagno gli arrivò un calcio sulla schiena e siamo partiti tutti".

    Sei un collezionista di maglie?
    "Sì, ne ho più di cento. Tra le più importanti che ho c'è quella di Muzzi presa all'esordio in Serie B. Ma ancora di più per me conta quella di Roberto Baggio, che ho conosciuto quando giocavo ad Ascoli insieme al fratello. Quell'anno feci fare tanti gol a Eddy, così a fine stagione mi portò a cena insieme al Roby. E' una persona umile e semplice, una volta mi regalò un orologio un po' particolare che non ho ancora capito come funziona. Oddo mi ha mandato la sua 22 della Lazio perché io ai tempi del reality Campioni avevo il suo stesso numero al Cervia".

    Il primo gol in B contro il Padova sotto gli occhi di Allegri.
    "Giocava nel Padova, e in quella partita fu anche espulso. Vincemmo 4-1 sotto al diluvio, io segnai il quarto gol e per esultare mi tuffai nel fango come se fosse una piscina". 

    A proposito del reality, che esperienza è stata? 
    "Fantastica, quel Cervia era la squadra più amata d'Italia. Giocavamo in Serie D, ma come organizzazione eravamo una squadra da Serie A. Io ero il capocannoniere della squadra, abbiamo sfiorato la promozione in C uscendo ai playoff contro il Salò".

    Qual è il ricordo più bello?
    "L'incontro con la mia ex moglie, dalla nostra storia sono nati due bambini. Se non avessi partecipato a quel reality forse non sarei mai diventato papà".

    49 anni e la voglia di non mollare, Aruta a CM: 'Vi racconto la mia vita tra risse, reality e gol'
    Com'era il rapporto con Ciccio Graziani?
    "E' una persona molto umile, oggi ci sentiamo ancora. Ma ricordo che una volta abbiamo avuto un duro scontro perché non era contento della mia prestazione e mi sostituì. Io mi arrabbiai e iniziai a insultarlo. Diciamo che alcune volte il personaggio superava la persona e venivano create situazioni ad hoc per fare audiance".

    Cioè?
    "Spesso venivo escluso dai titolari perché sapevano che mi arrabbiavo e il programma faceva ascolti. Spesso al mio posto facevano giocare Alfieri e Giuffrida che non sapevano nemmeno se la palla era tonda o quadrata".

    Dalla Serie D alla Champions League: nel 2010 il debutto col Tre Fiori.
    "Quella musichetta non la dimenticherò mai. La sentivo sempre da casa, è stata un'esperienza bellissima viverla in prima persona. Stavo anche per segnare, ma siamo usciti al primo turno. L'esperienza in Europa League è stata ancora più bella, siamo stati i primi nella storia di San Marino a passare il primo turno della competizione".

    Quanti sacrifici hai fatto per arrivare fino a qui?
    "A mio figlio, che oggi ha 12 anni e gioca nelle giovanili del Bologna, dico sempre che il difficile non è entrare in questo mondo, ma rimanerci. Io da piccolo ho fatto tanti sacrifici alzandomi alle 6 di mattina e prendendo autobus sotto la pioggia, ho subito tanti insulti, provocazioni, contestazioni... Per andare avanti serve personalità e un carattere forte. In più serve avere la testa sulle spalle, forse è stato quello che mi ha penalizzato non facendomi arrivare in Serie A. Io sono sempre stato un po' matto, senza regole".

    @francGuerrieri

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