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  • 5 Maggio 2002: mi ricordo che...

    5 Maggio 2002: mi ricordo che...

    Per alcuni è stata una giornata nefasta, per altri un giorno di grande festa. Per altri ancora è stata l'occasione per avere un nuovo argomento di sfottò per i rivali di sempre. Il 5 maggio 2002 è stata senza ombra di dubbio una giornata ricca di grandi colpi di scena che è entrata per sempre nella storia del calcio e di tutto il popolo italiano. Una data capace di offuscare anche la morte del grande Napoleone, perchè sì, in Italia, chiunque associa il 5 maggio soltanto all'epilogo dello Scudetto 2001/02 in cui l'Inter consegnò il titolo, con un suicidio sportivo, nelle mani degli odiati rivali della Juventus

    Voi dove eravate quel giorno? E con chi? Raccontateci il VOSTRO 5 maggio 2002 CLICCANDO QUI

    In quella domenica di maggio al Friuli di Udine le reti di Trezeguet Del Piero misero subito le cose in chiaro nella sfida tra Udinese e Juventus. La palla passava quindi all'Inter che doveva difendere il proprio primato all'Olimpico contro la Lazio. Al 12esimo  l’esplosione nerazzurra dopo il gol di Vieri. Il pareggio di Poborsky fu spazzato via dal 2-1 siglato da Di Biagio. Ma dal 45’ del primo tempo dopo un'errore del malcapitato Gresko, la doccia freddata siglata ancora da Poborsky per il 2-2. L'Inter da quel momento non si rialza più con l’ex Simeone e Simone Inzaghi che fissarono nella ripresa il risultato sul 4-2. Le lacrime di Zanetti, Materazzi e di Ronaldo sono le immagini di un crollo che di fatto è entrato nella storia.

    Abbiamo scelto di raccogliere i ricordi di alcuni di noi, a sorrisi alterni che ripercorrano da tutti i punti di vista quel giorno.
    • Carlo Pallavicinio - Quel 5 maggio arrivai a Roma sicuro di  festeggiare il secondo scudetto consecutivo del mio assistito Cristiano Zanetti che lo aveva vinto dodici mesi prima in quello stesso stadio con la maglia della Roma. In campo anche Ronaldo che Branchini, il mio socio, aveva portato all’Inter quattro anni prima proprio per regalare il primo scudetto alla gestione Moratti. Due, i ricordi vivi di quella giornata di sole abbagliante che solo Roma sa offrire nelle giornate di primavera: la folla e il dopo partita. La folla, compresi i laziali gemellati, era tutta lì, per l’Inter. Il primo tempo fu un picnic sull’erba dell’Olimpico. La Lazio, una comparsa al cospetto di un Inter al trotto, sicura, serena, vincente. Un due a uno in procinto di diventare tre, quattro a uno senza che nessuno avesse di che disperarsene. Perfino il famigerato infortunio di Gresko allo scadere, che mandò le squadre al riposo sul 2-2, parve parte del copione giusto per rendere il secondo tempo meno “imbarazzante”. All’improvviso un’altra squadra entrò in campo all’inizio del secondo tempo. Stessi colori biancazzurri, stessi uomini, ma grintosi, aggressivi, spietati. Qualcosa dev’essere accaduta nell’intervallo, mi ritrovai a pensare. La Lazio iniziò a correre, gli interisti si arrestarono come un bambino che urla: così non vale. Trafitti dalla propria incredulità, impossibilitati anche solo a immaginare di reagire. E il dramma si compì in quarantacinque minuti di gelo. Negli spogliatoi fu una pena. Attesi per oltre un’ora fuori dalla porta sbarrata dell’Inter, raggiunta aggirando sbarramenti in una tensione altissima tra Tronchetti Provera, Susanna Wermelinger addetta stampa, e altri dirigenti coi nervi a fior di pelle. Dovevo aspettare Cristiano Zanetti. Ero lì per consolarlo. Ma non una sola parola di conforto uscì tra lamenti, imprecazioni, dolore. Ronaldo passò accanto a testa bassa mentre lo schermo di una tv appesa al muro replicava l’urlo di Antonio Conte dallo spogliatoio di Udine, mutande e champagne e un “Noi stiamo godendo” che era sale su una ferita che neanche il tempo rimargina.
    • Stefano Agresti - Partenza al mattino presto, volo Milano-Roma. Aereo carico di tifosi dell’Inter, seduto davanti a me Walter Zenga. Io responsabile della redazione milanese di Tuttosport, lui – in quel momento – solo tifoso dell’Inter, con tanto di sciarpa nerazzurra al collo. All’Olimpico, un clima mai vissuto: l’attesa di una festa sognata troppo tempo mischiata a una strana paura. Un amico della Rai, interista perso, ha lo sguardo nel vuoto: deve lavorare a bordo campo, mi dice “non so come ci riuscirò”. E ancora: "Noi siamo capaci di tutto, anche di perdere questo scudetto”. Mannò, lo tranquillizzo, impossibile. Invece… Alla fine di una tra le partite più incredibili che abbia mai visto, surreale, gli spogliatoi e poi la corsa a Fiumicino: era tutto organizzato per accompagnare l’Inter campione d’Italia all’apoteosi di Milano, diventa un viaggio accompagnato dalle lacrime dei calciatori e dei tifosi. Ancora non credono che sia finita così, sono tutti distrutti. Solo Vieri reagisce: “Vinceremo l’anno prossimo”. Non succederà.
    • Michele Dalai Il 5 maggio è un'ode del Manzoni....
    • Cristian Giudici - La mia mente ha quasi rimosso del tutto il 5 maggio 2002. Ricordo solo che ero tra il pubblico negli studi televisivi di Antenna 3 con il mio migliore amico. Le telecamere ci riprendono mentre andiamo via dopo il gol del 4-2 segnato da Simone Inzaghi. Poi ciucca triste e buio totale. Qualche settimana dopo ricevo una telefonata da Tiziana Cairati per fissare un colloquio con Calciomercato.com e mi arriva a casa la lettera firmata dal presidente Massimo Moratti, che chiede scusa a tutti i tifosi nerazzurri, promettendo di riportare l'Inter in cima al mondo come fece suo padre Angelo negli anni Sessanta. Ci riuscì otto anni più tardi grazie al Triplete, iniziato proprio il 5 maggio all'Olimpico con la Coppa Italia vinta in finale contro la Roma, proseguito a Siena e chiuso in bellezza a Madrid.
    • Andrea Bosco Cosa rammento di quel 5 maggio?. Lavoravo alla Rai di Milano. La Juventus a Udine chiuse presto la pratica con Trezeguet e Del Piero. Ma a Roma, Lazio-Inter fu un susseguirsi di situazioni alla Ridolini. Gol e azioni incredibili. Peruzzi che perde la presa e scodella sul piedone di Vieri. E troppi giocatori dell'Inter, fermi come statue. Era l'ultima domenica del campionato: per l'Inter valeva lo scudetto. Improvviso arrivò l'uragano Poborsky: sembrava Garrincha. L'Inter da prima che era, con quella sconfitta, finì terza: dietro alla Juventus campione e alla Roma. Rammento il pianto di Ronaldo in panchina. E la faccia pietrificata di Massimo Moratti in tribuna. Alla sera andai a commentare quello che era accaduto ad Antenna Tre, ospite di Fabio Ravezzani. Cominciarono ,dopo qualche settimana, a girare voci al veleno per quellav sconfitta. Ma queste sono altre storie. Poborsky? Nonostante la doppietta all'Inter, fu ceduto dalla Lazio nella successiva sessione di calciomercato. 
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    Ricordi, che la Juventus continua ovviamente a riportare a galla come fatto oggi sul proprio profilo twitter. 
    Ricordi, che l'Inter è riuscita a soppiantare celebrando il 5 maggio 2010 la vittoria della Coppa Italia contro la Roma, il primo titolo dello storico triplete nerazzurro.
     

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