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  • Abramovich si sgancia da Putin? No, ecco i veri motivi della cessione del Chelsea

    Abramovich si sgancia da Putin? No, ecco i veri motivi della cessione del Chelsea

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Da ieri la notizia che Roman Abramovich ha messo in vendita il Chelsea trova un posto di rilievo nei sommari di ogni canale informativo. Non c'è notiziario o sito web che non riporti l'intenzione dell'oligarca russo di cedere il club di Stamford Bridge, con promessa di utilizzare il ricavato in favore delle vittime della guerra La notizia giunge pochi giorni dopo la decisione dello stesso Abramovich di delegare alla Chelsea Foundation la gestione del club, ciò che fra l'altro ha fatto sorgere rilevanti problemi di carattere giuridico segnalati dai responsabili della stessa fondazione.

    Tutto ciò avviene in una fase che vede il proprietario dei Blues impegnato in una vasta operazione di comunicazione, dove l'elemento dell'immagine personale da salvaguardare o restaurare non appare affatto secondario rispetto alle questioni patrimoniali e finanziarie. E in questo vortice comunicativo entra anche l'accreditamento del magnate come portatore di uno status diplomatico da mediatore internazionale, in occasione della prima tornata di colloqui tra Russia e Ucraina tenuta in Bielorussia. Ne emergerebbe dunque l'impressione di un uomo scosso dai riflessi della guerra ordinata dal suo paese (e dal suo amico Putin), e per questo intenzionato a chiamarsi fuori. Ma le cose non starebbero esattamente così, secondo quanto sostiene una diversa rappresentazione delle cose.

    Dando retta alla quale Abramovich è innanzitutto preoccupato di salvare la parte del patrimonio personale allocata in Inghilterra. Un patrimonio che potrebbe essere soggetto a richieste di sequestro, come quella che si evince dalle parole pronunciate una settimana fa dal deputato laburista Chris Bryant, secondo il quale ad Abramovich dovrebbe essere impedito di possedere un club di Premier League. Lo stesso Bryant è tornato alla ribalta in queste ore, con un tweet dal tono perentorio messo in rete quando in Italia era quasi l'una di notte, per commentare l'annunciata disponibilità di Abramovich a cedere il Chelsea: "La sola dichiarazione che voglio sentire da Abramovich è 'questa invasione è illegale, Vladimir Putin mandi immediatamente a casa le truppe russe".

    Va aggiunto che il rapporto fra Abramovich e l'opinione pubblica inglese si è deteriorato da tempo. Dopo la scadenza del visto di residenza avvenuta nel 2018, senza che se ne sia avuto il rinnovo, l'oligarca non è stato più visto nel Regno Unito. Avrebbe potuto accedervi grazie al passaporto israeliano, che gli consentirebbe un soggiorno di sei mesi, ma ha scartato l'ipotesi. Ha invece acquisito il passaporto portoghese a aprile 2021, come rivelato a dicembre dello stesso anno da un'inchiesta del quotidiano portoghese Público, avvalendosi di una legge che per ragioni di eredità storica permette agli ebrei sefarditi di accedere alla cittadinanza lusitana.

    Intanto cominciano a susseguirsi le voci dei possibili interessati a acquisire il Chelsea. E lasciando da parte la provocazione lanciata da Connor McGregor, il campione di MMA perennemente in cerca di visibilità, è balenata l'ipotesi di Jim Ratcliffe, che da proprietario del colosso Ineos è l'uomo più ricco del Regno Unito. Come i lettori di calciomercato.com sanno, oltreché ben radicato nel mondo del ciclismo Ratcliffe è proprietario del Nizza. Ma non soltanto per questo ha tenuto a spegnere immediatamente le indiscrezioni su un suo possibile interessamento all'acquisizione del Chelsea. Sembra invece più solido l'interessamento da parte del miliardario e filantropo svizzero Hansjörg Wyss. Che però ha mandato a dire di ritenere troppo cara la cifra pretesa da Abramovich. Già, perché gli “oltre 3 miliardi” di sterline (che a seconda di quanto “oltre” potrebbero avvicinarsi ai 3,5 miliardi di euro) sono una quotazione non proponibile anche per chi li avesse da spendere. E invece da ieri si parla della cessione del Chelsea come se fosse già avvenuta e come se i denari del ricavato fossero già pronti a disposizione della popolazione ucraina colpita dalla guerra. Una farsa di cui, in piena tragedia, faremmo volentieri a meno.

    @pippoevai

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