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  • Addio a Bruno Giorgi:| Lanciò Baggio a Vicenza

    Addio a Bruno Giorgi:| Lanciò Baggio a Vicenza

    Bruno Giorgi , l’allenatore che lanciò un giovanissimo Roberto Baggio, si è spento lo scorso mercoledì nella clinica di Reggio Emilia «Villa Verde», a nemmeno settanta anni, vinto da un male incurabile. Aveva abbandonato le panchine del calcio professionistico con la salvezza ottenuta a Cagliari nella stagione 1995/96, dopo essere subentrato a Giovanni Trapattoni. Da quel momento, anche a causa di una serie di vicissitudini familiari, aveva preferito ritirarsi con la moglie Sandra Spaggiari nella villetta di Montecavolo, sua patria d’adozione (era pavese di nascita). 


    ERA UNA PERSONA mite e parlava a voce bassa, perciò i cronisti fecero un balzo quando Bruno Giorgi tirò fuori un ruggito inaspettato: «Siete come le puttane e io sono Cristo in croce». Un’esplosione atomica dopo mesi di cordiale tensione. L’anatema chiuse i rapporti, sempre difficili anche per colpa di una classifica fragile. Giorgi fu esonerato dalla Fiorentina il 25 marzo 1990.
    La guerra dei tifosi era cominciata da un pezzo, dopo lo svedese glaciale che vinceva (Eriksson) era arrivato il lombardo cupo che pareggiava o perdeva, senza essere simpatico. «Giorgi sì, ma Eleonora», gli scrissero su uno striscione. Il lombardo cupo lo guardò da lontano e sorrise senza farsi scoprire.
    CHI ha conosciuto Bruno Giorgi lo ricorda come una persona perbene, schivo e orgoglioso, lontano da tutti i giri compreso quello degli incontri ruffiani con i capi tifosi. Aveva giocato a Palermo e Reggio Emilia, ha allenato Reggiana, Empoli, Nocerina, Campobasso, Modena, Padova, Vicenza, Brescia, Cosenza, Atalanta, Genoa e Cagliari. In viola aveva sostituito una delle volpi del calcio, mister-sorrisino-Eriksson, praticamente il suo opposto: impossibile per Giorgi — così chiaro nel dimostrare le sue antipatie — conquistare una città come Firenze. Solo cinque vittorie in campionato, tredici pareggi e dodici sconfitte con una squadra che fra gli altri aveva Baggio e Dunga, e insieme a loro Pioli, Battistini, Di Chiara, Iachini, Nappi, Landucci, una squadra che arrivò in finale di coppa Uefa con Graziani in panchina. Ma prima aveva già battuto l’Atletico Madrid, il Sochaux, la Dinamo Kiev e l’Auxerre. Il licenziamento arrivò prima della semifinale con il Werder Brema, una cattiveria che Giorgi non accettò mai.
    QUELL’ANNO Baggio (scoperto appena adolescente proprio da Giorgi nel Vicenza) segnò 17 reti in campionato. Quando la bellissima e giovane figlia dell’allenatore viola s’invaghi di un cantante rock, fuggendo con lui provocando la la nascosta disperazione del padre, Baggio cominciò a canticchiare negli spogliatoi le canzoni della band. Uno scherzo che — per fortuna di Baggio — Giorgi non scoprì mai.
    E quando, il giorno del suo esonero dalla Fiorentina, si sfogò a lungo con chi scrive raccontando particolari e retroscena buoni per riempire quattro pagine, chiuse la telefonata con una raccomandazione a voce bassa: «Ovviamente questo resta fra noi». Certo, Bruno, impegno rispettato.


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