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  • Al traguardo con l'avversario infortunato: così lo sport vale più di una medaglia

    Al traguardo con l'avversario infortunato: così lo sport vale più di una medaglia

    • Marco Bernardini
      Marco Bernardini
    "La cosa più importante non è arrivare al traguardo, ma ciò che provi e che cosa fai durante il percorso che devi coprire". Una frase ormai scolpita nella roccia della Storia. La pronunciò un campione dello sport che fu leggenda. Jesse Owens, l’atleta di colore il quale nel 1936 fece impallidire Hitler vincendo tre medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino che il Fuhrer aveva fortemente voluto per ragioni propagandistiche e per mostrare al mondo i muscoli della grande Germania. Una citazione, ripresa successivamente da molti sportivi e da qualche filosofo, che bene si adatta a ciò che è accaduto ieri, a Doha, in Qatar, dove si stanno svolgendo i Mondiali di atletica.

    Johnatan Busby e Suncar Dabo, dei degli iscritti ai 5000 metri, non hanno vinto nulla e dovranno lasciare la competizione perché si sono piazzati rispettivamente ultimo e penultimo. Eppure sino stati loro due a illuminare la notte nello stadio della capitale del Paese con un gesto che offre l’esatta misura di quanto lo sport, se inteso come disciplina educativa ad ogni livello, sia in grado di porsi come modello esemplare per la stessa vita civile. Mancano 500 metri al traguardo e Busby, corridore di Aruba, si sente male. Le gambe non lo reggevano più, il fiato di mancava e lui si stava arrendendo consapevole che avrebbe dovuto abbandonare quel Mondiale che aveva rappresentato il sogno di tutta la sua esistenza.




    Alle sue spalle, poco dietro, c’era Dabo, atleta con la maglia della Guinea Bissau. Un outsider senza troppe possibilità di successo ma comunque in grado di raggiungere il traguardo per dare un minimo di lustro alla bandiera del suo Paese. L’africano avrebbe potuto tranquillamente superare l’avversario ormai 'cotto' e procedere lungo il suo cammino. Non lo ha fatto. Ha affiancato Busby, lo ha preso sotto il braccio e lo ha fatto passare sopra il suo collo in modo da poterlo sorreggere meglio. Hanno proceduto a quel modo per 500 metri, l’ultimo giro di pista accompagnati dall’ovazione del pubblico che aveva smesso di interessarsi di ciò che accadeva per lo sprint finale. Dopo il traguardo sono entrambi crollati a terra. Nessuna medaglia per Dabo e Busby, ma sono loro i veri vincitori di una competizione che rischiara un poco le ombre della vita.

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