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  • Allegri sistema l'ingrato:| 'Solo Ibra indispensabile'

    Allegri sistema l'ingrato:| 'Solo Ibra indispensabile'

    Più di Cassano potè il crudele pronostico. D'accordo, Antonio spara a palle incatenate da Appiano Gentile reclamando il mancato rinnovo del contratto e la scarsa stima riscossa presso Allegri, ma le risposte partite da Milanello hanno il sapore amarognolo di un attacco ingeneroso. «Quando si parla dopo e non durante, si ha poco rispetto per il club», è la bacchettata di Allegri destinata al barese che non ha mai avuto un precettore in vita sua e mai lo avrà, purtroppo. «Il Milan lo ha curato e preparato per fargli giocare l'Europeo», è la seconda stoccata del livornese, molto franco nello smentire una convinzione di Cassano, «mai gli ho detto che nella mia graduatoria veniva dopo Pato», semmai disposto a riconoscere che solo a Ibrahimovic assegnava il ruolo di indispensabile, «se uno fa 70 gol in due anni e risolve tanti problemi ha diritto a questo trattamento», la spiegazione. Elegante il silenzio di Galliani che ha respinto ogni richiesta di chiosa. Senza misteri il suo comportamento: alle richieste di Cassano che chiedeva ritocchi dello stipendio e rinnovi in largo anticipo sulla scadenza, ha offerto lo stesso trattamento riservato agli eroi di Atene. «È stato Antonio a chiedermi di essere ceduto, non so se per colpa mia: dopo le cure non l'ho tenuto in tribuna, l'ho fatto giocare», la ricostruzione di Allegri. Ma non è su Cassano («ha partecipato allo scudetto, certo non poteva pretendere di fare 60 partite all'anno») e per Cassano che Allegri si scalda e si scatena con uno sfogo a telecamere spente e taccuini sfoderati che merita la citazione completa. No, è sul resto, sul panorama deprimente che denuncia attorno ai suoi, sui pronostici «da quinto posto in giù» e sul clima disfattista apparecchiato dai reduci del venticinquennio berlusconiano, abituati a un altro Milan, un altro mercato. «La società ha deciso la politica, basta con le favole, basta col guardare indietro, e ritornare ai tempi di Sacchi e di Capello, c'erano altre disponibilità in quel ciclo. Bisogna essere realisti: questo è il Milan messo a disposizione e con questo dobbiamo dare il massimo. Nella convinzione che possiamo lottare in campionato: magari arriveremo quinti, come sostiene qualcuno che pontifica (riferimento a Mario Sconcerti di Sky, ndr) oppure primi o terzi. In Champions no, niente sogni di gloria: puntiamo a qualificarsi per gli ottavi»: ecco la ribellione di Allegri condensata in una filippica guardando in faccia i cronisti ai quali affida anche un paio di decisive smentite. «Non ho mai pensato di dimettermi, non è assolutamente vero che il mio rapporto con Galliani risulti compromesso», sono le garanzie firmate dal livornese rimasto al centro del mirino. Inevitabile a poche ore dal debutto nel terzo anno di panchina rossonera contro la Samp con una rosa ancora incompleta e il probabile arrivo di Kakà («se dovesse arrivare, non sarebbe per i tifosi ma perché ne abbiamo bisogno»), indispensabile per provvedere alla lunga assenza di Pato. «Se non fossi stato d'accordo con le scelte societarie, non sarei rimasto», è la sua garanzia solenne. Avrebbe potuto defilarsi, lasciare ad altri il cerino acceso e invece no. È vero: ha discusso su Zè Eduardo, ma senza lacerare l'intesa con Galliani, («vado d'accordissimo») né con Berlusconi («in sintonia più che mai nel colloquio seguito al trofeo Berlusconi»). Senza più gli eroi di Atene, i due protettori Thiago e Ibra e senza nemmeno Cassano, è rimasto in piedi solo lui, Max Allegri non più disposto però a prendere schiaffi da destra e da sinistra. «Non ho mai visto un allenatore fare gol dalla panchina. Io ho fatto 162 punti in due anni, vinto uno scudetto e lanciato tanti giovani», la sua auto-difesa. Solo così, grazie a questo sfogo improvviso come un temporale estivo, è possibile rimettere in ordine tra le tessere del puzzle Milan. E per esempio spiegare la partenza di Nesta. Così: «È il numero uno al mondo nel ruolo ma con due ginocchi fuori uso che non gli avrebbero permesso di giocare tre partite di fila in una settimana». O una risposta postuma a Gattuso: «Le regole ci sono, io provvedo a farle rispettare ma poi devono esserci quelli che le rispettano». La Samp e i rischi di cominciare col passo sbagliato la stagione dei tormenti restano nell'angolino di un sabato caldissimo (allenamento spostato di un'ora per la temperatura tropicale) in cui c'è poco da inventare (per i tanti fuori uso o sul mercato - Mesbah, Mexes, Didac Vila - non si raggiungono nemmeno i 23 da portare in panchina). E molto da scoprire.

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