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  • Allegri strofina la lampada: 'Pjaca come Savicevic'. Sarà anche lui un Genio?
Allegri strofina la lampada: 'Pjaca come Savicevic'. Sarà anche lui un Genio?

Allegri strofina la lampada: 'Pjaca come Savicevic'. Sarà anche lui un Genio?

  • Andrea Menon
Genio è il soprannome più bello che una persona possa vedersi affibbiare. A maggior ragione in ambito sportivo. Sì, perchè lì, in quel nome, c'è l'essenza più pura del calcio, ciò che nessuno può insegnare. Questa è la storia di Dejan Savicevic, il Genio montenegrino capace di incantare con la Stella Rossa di Belgrado prima e con il Milan poi, la mente superiore a cui si perdonarono anche discontinuità e indolenza, in virtù di una classe fuori dal comune. Ieri sera, al termine della gara contro il Porto, Massimiliano Allegri imbeccato sull'argomento Pjaca si è lasciato scappare una frase che difficilmente può passare inosservata: "Pjaca può essere come Savicevic, avere la sua stessa crescita". Ma è davvero così? Chiaramente non ci si può che augurare di poter avere in squadra un nuovo Savicevic, ma non potendo conoscere a priori il verdetto che darà il futuro, è interessante scoprire le curiose coincidenze, ciò che può veramente accomunarli.

QUESTIONI DA ESTERNI - Innanzitutto l'origine, la stessa, balcanica: Savicevic fino al 1992, anno del salto al Milan, giocava per la Jugoslavia, Repubblica Federale che comprendeva la Croazia, stato in cui Marko nacque nel 1995, e che consegna al mondo del calcio personalità sempre molto particolari, per la maggior parte schive, ma piuttosto incisive. I due condividono poi il ruolo, pur partendo dai lati opposti del campo: esterni che amano giocare, per così dire, 'a piedi invertiti' per accentrarsi, dribblare e andare al tiro. Uno molto più votato alla tecnica, il Genio, l'altro più alla fisicità e allo scatto, tipica del nuovo concetto di esterno che per emergere deve anche sovrastare fisicamente il diretto avversario. Eppure l'indole offensiva è la stessa. La differenza semmai è riscontrabile nel concetto di concretezza. Oggi a Pjaca si rimprovera infatti di gettare al vento troppe occasioni, che al momento non pesano sul risultato, ma che con il tempo potrebbero lasciare invece qualche rimpianto. Ma nemmeno Savicevic quando arrivò al Milan era perfettamente calato nella realtà rossonera, tutt'altro, tanto che Capello dopo il primo anno chiese di venderlo, ricevendo un secco 'no' dal presidente Berlusconi. Troppa indolenza e poca corsa, difetti diversi da quelli di Pjaca - al cui piglio si possono fare poche critiche -, modellati e corretti negli anni successivi, che hanno limato la mancanza di continuità e segnato la sua notevole crescita. Del resto, come disse Costacurta: "Ci sono due giocatori per i quali vale la pena spendere il biglietto: van Basten e Savicevic".

UN GOL COSI' - Il 18 maggio 1994 è il giorno principe della storia di Dejan Savicevic, quello che lo iscrive nell'albo dei migliori, quello che lo incorona per quello che è: Genio. Certo, perchè solo un genio può inventarsi un pallonetto da 20 metri, in una finale di Coppa Campioni, contro il Barcellona, battendo Zubizarreta, appena due passi fuori dai pali, con una parabola unica. Ecco, probabilmente, anzi sicuramente, servirebbe un gol così a Marko Pjaca per suggellare la sua crescita - la rete contro il Porto, pur fondamentale, non è chiaramente sufficiente. Simbolico e decisivo quando più conta, un pizzico di magia che faccia dimenticare tutto il resto... proprio come è stato per Savicevic, il talento di Titograd che al Milan segnò appena 31 gol, ma che per tutti da Belgrado a Milano rimarrà sempre e solo il Genio.

 

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