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    Anche chi si indigna adesso è colpevole

    Anche chi si indigna adesso è colpevole

     

    di FABRIZIO BOCCA

    Il tempo dello sdegno è (dovrebbe) essere finito. Il calcio ha perso la sua verginità da troppi anni per non capire che tutto quanto sta accadendo non è incredibile o eccezionale o straordinario, ma anzi è possibilissimo, vero, concreto. La realtà di un calcio marcio e avvelenato, colluso addirittura con la criminalità comune e straniera (zingari prima e ungheresi poi), è molto più vasta di quanto si potesse pensare. Un mondo a parte, staccato dal nostro, che si considerava “untouchable”, intoccabile, e al di fuori della legge addirittura. Non più di sei anni fa eravamo qui sconvolti per Calciopoli; un anno fa scoprivamo che alcuni giocatori ed ex giocatori, anche famosi, come Doni e Signori, avevano fatto business illegale con le scommesse; un paio di mesi fa abbiamo visto un calciatore come l’ex capitano del Bari Masiello confessare di aver fatto autogol per “cristallizzare il risultato”.  In mezzo a tutto ciò un diluvio di inchieste, avvisi più o meno illustri di indagini in corso e rivelazioni varie che hanno svelato una realtà sconosciuta ai più, forse, ma dalla superficie ormai già sufficientemente crepata da far capire che il calcio nel corso degli ultimi dieci anni è stato abbondantemente inquinato. Senza che i principali dirigenti sportivi del calcio italiano abbiano mai fatto  abbastanza per tenerlo pulito, e che per questo dovrebbero – tutti – lasciare le poltrone su cui sono accomodati da troppo tempo.

    Conte

    Conte

    Insomma non è più il tempo di stupirsi o scandalizzarsi: questa è un’operazione ipocrita fin troppo scontata, ripetuta e soprattutto inutile. In tutti questi anni mentre il pubblico e i media si stupivano e scandalizzavano c’erano calciatori e delinquenti che aggiustavano partite sotto il loro naso e mettevano magari 40.000 euro tra gli asciugamani per regolare i conti delle varie combine (è successo anche questo). I pareggi o le sconfitte di comodo, su cui si è lucrato o meno, sono state infinite. Se ne è parlato perfino nelle riunioni di spogliatoio, in maniera quasi pubblica. E dalla serie A alla serie C. Non c’è un livello uno, un livello due o un  livello tre, ma un’unica e indistinta melassa di malcostume, collusione e criminalità. Anche discretamente accettata. Insomma un business illegale diffuso sotto la finta crosta sentimentale del calcio italiano. Cosa è stato fatto per evitarlo? Chi è stato chiamato per risolvere il problema? Quali strutture, quali uffici hanno studiato qualcosa? Questo è il vero problema. Si è atteso che la melma salisse ormai a livello del labbro.

    La giornata di oggi ha comunque un paio di record che lasceranno il marchio nella storia del calcio. La polizia che entra nel centro tecnico di Coverciano, il santuario della nazionale e il luogo depositario della storia del calcio italiano, è un altro traguardo attraversato. Criscito non solo faceva parte della lista dei primi 32 azzurri per l’Europeo, ma avrebbe fatto parte anche di quella dei 23 e probabilmente addirittura dell’  undici titolare. Non ne può far parte adesso ovvio ed infatti è stato subito escluso dalla lista dei convocati europei. Lo stesso per la notizia che oggetto di indagine è anche il difensore centrale Leonardo Bonucci, campione d’Italia con la Juventus ma chiamato a rispondere di fatti risalenti a quando era un giovane talento del Bari. In meno di dieci ore la nazionale si è vista così colpita pesantemente dallo scandalo: due titolari della difesa messi fuori gioco.

    E’ singolare la coincidenza con Calciopoli 2006 quando lo scandalo investì il calcio italiano proprio alla vigilia dei Mondiali di Germania poi vinti dalla squadra di Lippi. Eviterei il dibattito se la nazionale possa cogliere o meno l’occasione della spinta emozionale e della voglia di riscatto per vincere magari anche questo Europeo: penso che la visita della polizia all’alba se la sarebbe volentieri evitata.

     

    In ogni caso l’operazione è vastissima ( e anche molto annunciata a dir la verità). Mauri è stato un altro giocatore che ha frequentato assiduamente la nazionale negli ultimi due anni. E Antonio Conte forse adesso non si sdegnerà e si meraviglierà troppo di quelli che gli chiedevano conto delle inquietanti notizie che trapelavano dalle inchieste. Personalmente avevo letto il veloce e pubblico rinnovo del contratto di Conte, come un affiancamento della Juventus all’allenatore in un momento particolarmente difficile e delicato. Pagheranno i protagonisti e pagheranno anche i club, ovvio. Il procuratore Di Martino, a questo giro, ha parlato particolarmente di Siena, Lazio, Genoa, Brescia e Genoa. Ma prevedere adesso cosa succederà è assolutamente prematuro. Se non che avremo la solita giustizia a due velocità: prima quella sportiva sulla base delle carte messe a disposizione delle varie procure e poi quella penale. Meravigliarsene o anche scandalizzarsene, introdurre dibattiti sulla responsabilità oggettiva (se ne facevano anche nel 1980) è accademia pura: lo sport ha i suoi tempi, le sue classifiche, le sue scadenze internazionali, i suoi campionati e i suoi tornei europei.  Del resto si parla di sport, la giustizia sportiva non priva nessuno della libertà personale. Il processo penale è ben diverso, necessità di tempi e garanzie diverse. Il doppio binario può anche far storcere il naso ma è inevitabile e in ogni caso è risaputo e scritto prima. Detto questo il mondo si scannerà intorno a questo (pazienza). Come se questo fosse il problema principale e non il marcio che è arrivato in tutte le categorie. E poi quale soluzione diversa può esistere? Aspettiamo un paio di anni che il processo penale faccia il suo corso? Usciamo dall’Europa del calcio che vuole classifiche e certezze? Può lo sport rispondere, aspetto perché non ho mezzi e non so cosa fare? Direi di no. Quindi prepariamoci alle polemiche e avanti.

    L’aspetto più inquietante, secondo me, è che dai processi di Calciopoli si torna a parlare di “associazione a delinquere” che prevede appunto accordi stabili e organizzazione criminale. Il che vuol dire che non siamo davanti ad atti sporadici o isolati, ma al contrario continuati ed organizzati. Il che vuol dire che la delinquenza più o meno comune ma anche internazionale e di alto livello ha trovato porte d’ingresso facili se non addirittura spalancate. Questo è un aspetto fondamentale di cui dovremmo parlare. Il calcio, o meglio chi dirige il calcio, non ha saputo introdurre nel sistema gli anticorpi necessari.

    C’è molta strada da fare tra un pari di comodo, quello che Buffon troppo leggermente essendo il capitano della nazionale – ruolo che a me sembra rivesta con disinvoltura e con una responsabilità tutta particolare – definisce “meglio due feriti di un morto” e una partita concretamente e delinquenzialmente aggiustata, ma insomma anche quella è una mentalità  molto diffusa che nel corso degli anni anni ha fatto danni e abbassato progressivamente almeno le barriere di protezione. Personalmente la giornata di oggi mi ha ricordato molto quella domenica 23 marzo 1980 quando le camionette della Polizia e della Guardia di Finanza entrarono negli stadi alla fine delle partite per arrestare i protagonisti del primo scandalo scommesse. Sinceramente davanti a tutto questo i codici etici di cui tanto si è parlato, a cominciare dalla nazionale, mi hanno fatto abbastanza tenerezza. Comprare e vendere partite – per qualsiasi motivo lo si faccia, siano scommesse su cui lucrare a beneficio di se stessi o delle bande criminali asiatiche e dell’Est europeo – è certamente un atto ignobile. Ma è soprattutto un reato sportivo e penale gravissimo. Di cui bisogna pagare il prezzo.

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