Calciomercato.com

  • Aneddoti Palermo:| Ecco il vero Miccoli

    Aneddoti Palermo:| Ecco il vero Miccoli

    • D.V.

    Era meglio morire da Miccoli. Resurrezione assicurata. Rieccolo lì, nel Palermo dei miracoli, come una ferita scomparsa. Pastore, Ilicic, non mancava un brillantino? Ritrovato. Riguardalo segnare domenica contro la Roma. Ilicic, la torre, va sul fondo e s'inventa alfiere, muove la palla sulla diagonale lunga trovando Miccoli, che se l'aggiusta e poi sceglie l'imprevisto: il palo più vicino, meno aria, meno luce, non ne ha bisogno, contorce i suoi 168 centimetri e scarica in rete. Dicevano che era troppo piccolo per il gran calcio (stessa altezza di Maradona, infatti): fallo fare a un colosso, un gol così. Senza nulla togliere a Pinilla (salvo il posto di titolare) il Palermo prima era sotto la lente: zircone o diamante? Adesso, tutti con gli occhiali scuri, abbagliati dal numero 10 e dal suo orecchino (che appartenne a Maradona, infatti).

    Ci sono molte ragioni per amare Miccoli. La prima è che torna sempre. Lo incolli all'album dei ricordi e lui si stacca. L'ultima volta sembrava una pagina chiusa. Stagione stupenda, appelli a Lippi perché lo portasse in Sudafrica, crac! Un infortunio che toglie il ct dall'imbarazzo e lui dall'avvenire. Zamparini cautela il Palermo comprando di tutto: da Pinilla a Maccarone, fino a Ilicic tra un tempo e l'altro di una partita internazionale. E intanto Miccoli si alza, ricomincia a correre, a giocare e segnare con la Primavera, a rifiorire. Era morto nella Juve, era morto nel Benfica. Tanti erano stati gli infortuni che aveva pensato di smettere, dissuaso dalla moglie, santa donna di nome Floriana che lui chiama Hofattotredici. Invece continua. Ritrova il campo, a Cesena ritrova il gol e il resto è storia.

    La seconda ragione per amarlo è appunto la sua storia. In quei 168 centimetri entra di tutto. Scorrendo a caso: la falsa identità con cui lo spacciarono per più cresciuto di quel che era (di solito accade l'opposto). Gianluca Luceri: chissà dov'è finito quello vero? Il primo allenatore: Giuseppe Bruno, padre di Pasquale detto O'Animale. Il Malaguti smarmittato con lo stereo legato al manubrio con cui svalvolava per le strade di Nardò. Le tristi notti al collegio vescovile di Lodi, quand'era pulcino e raccattapalle al Milan. Le bocciature all'istituto tecnico. L'esplosione in un Perugia più arlecchinesco che multietnico, una pezza da qui e una da là. L'impossibilità di essere juventino. Un pantheon di eroi scontati, ma rivisitati e messi, come dire, in scala. Ha il tatuaggio del Che, ma confessa che non sapeva chi fosse, prima di leggerne le gesta perché lo amava Maradona.

    Maradona, appunto, di cui ha dato il nome al figlio. Quando Ciro Ferrara glielo ha passato al cellulare gli è preso un colpo. Gli ha ricomprato all'asta quell'orecchino sequestrato, ma mica gliel'ha ancora ridato, aspetta che venga a riprenderselo, magari a piedi. Va pazzo per il wrestling, ma tra tutti quei giganti di cartapesta il suo eroe è Rey Misterio jr. (senior era lo zio), messicano, 162 centimetri di polvere pirica, che si fa il segno della croce prima di sbatacchiarsi sul ring. E poi ancora: Romario (molto più che Ronaldo), Juan Pablo Montoya, i Sud Sound System. E una figlia chiamata Swami, che, spiega, vuol dire 'amore' (ma in sanscrito è 'maestro di se stesso'). La dura legge della tenerezza. Miccoli è uno di quelli che all'estero lega con i pizzaioli. A Lisbona giocava a tennis con un ristoratore pugliese. Poi torna e ti racconta: 'Ho conosciuto Eusebio'. Ed è pure vero.

    La terza, ma non ultima, ragione per amarlo è negli uomini che detesta. A Perugia legava con Cosmi e non sopportava Gaucci, quello che vinse l'Enalotto riciclato. Alla Juve non andava d'accordo indovina con chi? Moggi. Una telefonata di Antonio Conte, pugliese come lui, gli suggerì di prendere come procuratore il figlio del rais. Risposta: 'De quistu passa', tocca a me decidere. E rimase con il suo vecchio agente. Peccato mortale, non onorare il padre padrino. Al processo che ne seguì Miccoli ha raccontato aneddoti da libro Cuore, vedi capitoli su Franti. Come questo: la squadra va in delegazione dal sindaco per celebrare lo scudetto della passata stagione. Tutti cavalieri, anche i nuovi arrivati. Tranne uno: Miccoli, lasciato da solo sul pullman, ad aspettare. Già è una cosa brutta, ma fatta a uno di 168 centimetri peggiora. Dillo a Christian Vieri 'No, tu no!'. O, per citare uno di quelli che c'erano ancora, al pacifico Edgar Davids. E stai a vedere che cosa ti succede. Poi il tempo aggiusta, se non tutto, molto: i dispiaceri, le ossa, la reputazione. Quella di Miccoli splende. Ad altri gira la canzone che gli ha dedicato Shaggy, il suo rapper preferito, Fly High. Canta: 'Rude boy no play/real bad man nothing to say', il maleducato non gioca, il cattivo sta zitto.

    (La Repubblica - Edizione Palermo)

    Altre Notizie