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  • Conte, il lamento non paga: vai pure

    Conte, il lamento non paga: vai pure

    • Fernando Pernambuco
    Più ci si pensa e più si rileva che la scelta di Antonio Conte di andarsene al Chelsea è stata giusta. Non parliamo degli aspetti economici, di quelli legati alle ambizioni e neanche di quell’insopportabile formula che risolve tutto senza dire nulla: “Lo faccio perché mi piacciono le sfide”. C onte lo fa perché ha capito o meglio ha sentito, che, a questo punto della sua carriera e della sua vicenda umana, è meglio cambiare contesto. Lo esige il suo carattere, che, da tanti segni potremmo definire al limite della caratterialità. “Caratteriale” è l’attributo di un individuo che esaspera uno o più tratti del proprio carattere e che non ha la capacità d’interiorizzare i conflitti, scaricando spesso all’ esterno le proprie tensioni. La soluzione migliore per l’individuo caratteriale non è quella di cercare di cambiare il suo carattere, ma q uella di cambiare le condizioni ambientali in cui opera. Quindi meglio la Gran Bretagna dell’ Italia.

    Con la Juve, Conte ha sbattuto la porta; con la Nazionale - dopo aver accettato di lavorare insieme al Gatto e alla Volpe - un giorno sì e un giorno no scaricava le colpe sulle Società che non accettavano troppi stages oppure sulla Federazione imbelle. Ora, ha addirittura indicato nella scarsa qualità del parco giocatori a disposizione una delle possibili ragioni del possibile insuccesso ai prossimi Europei ai quali, per altro, partecipa da generale dimissionario. La colpa è, appunto, degli altri. Se possiamo comprendere quanto sia difficile lavorare con il tandem Tavecchio-Lotito, dobbiamo anche dire che ai due tutto si può dire, ma non certo di presentarsi diversi da quello che sono. C onte, quindi, sapeva benissimo con chi si andava a mettere, né forse è sufficiente la sacrosanta blindatura dello spogliatoio per lasciare nel corridoio almeno quell’appassionato collezionista di passepartout che è il Presidente della Lazio. In quanto a Tavecchio, come si poteva credere che un uomo della sua levatura e del suo carisma riuscisse a convincere le Società di distogliere i propri interessi da Campionato e Coppe per dedicarsi alla “sua” Nazionale?

    L’ultima uscita del C.T. (avrebbe a disposizione giocatori scarsi) è quella più stonata, che rientra pienamente nel quadro di una caratterialità debordante e difficile da tenere a freno. Che giocatori aveva quando ha accettato di guidare la Nazionale? E che giocatori ha adesso? Gli stessi. Ma soprattutto nessuno allenatore è aduso a scaricare la colpa su chi allena e su chi va in campo. A memoria, ricordiamo Lippi che, esasperato dall’Inter, voleva “tirare un calcio nel culo” all’intera rosa, ma subito dopo quella dichiarazione se ne andò. Che dovrebbero dire gli allenatori di squadre come Palermo, Genova, Lazio? Che hanno giocatori poco capaci? Al massimo potrebbero parlare dei loro Presidenti. Forse potrebbe farlo anche il Comandante, per altro già sulla scialuppa di salvataggio di una nave che scricchiola, senza dare ai marinai la colpa di un possibile naufragio.  

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