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  • Armenia:| Nella terra degli scacchi vince Beckham

    Armenia:| Nella terra degli scacchi vince Beckham

    I praticanti sono 2134: cinque volta più dei calciatori.
    Armenia, dove gli scacchi tirano più del pallone e vince sempre "Beckham".
    Meno male che a Yerevan, dove l’Italia è atterrata ieri sera, si gioca su un prato verde e non sopra 64 caselle bianche e nere: a scacchi, con l’Armenia, non ci sarebbe partita. Nel ramo, sono (grandi) maestri, in senso letterale: ne hanno 32 e 5 nei primi cento del mondo. Il «David Beckham» della situazione, alla «Casa degli Scacchi» lo chiamano proprio così, è Levon Aronian, 30 anni appena compiuti, secondo più bravo del pianeta. E pazienza se al posto dei tatuaggi ha viso e occhialini che fanno vagamente Harry Potter, non certo Spice. Per una volta, il calcio è assediato da altre passioni. «Ma il pallone resta lo sport più popolare - dice Tigran Israelyan, dirigente della Federcalcio armena - però è vero, qui tutti giocano a scacchi». Da queste parti, quando si fa sul serio, più che tirar calci si pianificano strategie sulle caselle, se i calciatori professionisti sono 436 e gli scacchisti 2.124. 965 under 20: quando si dice il vivaio.

    L’inizio della leggenda ha una data, il 1963, quando Tigran Petrosjan, armeno, diventa campione del mondo battendo Michail Botvinnik: c’era ancora l’impero sovietico, ma era già Russia contro repubbliche che 30 anni dopo proclameranno l’indipendenza. Parafrasando Von Clausewitz, gli scacchi non sono altro che il proseguimento della politica con altri mezzi. Dev’essere per questo che il presidente armeno, Serge Sargsyan, guarda un po’ numero uno pure della Federazione scacchistica, ha minacciato il boicottaggio delle Olimpiadi 2016, a Baku, Azerbaijan, il nemico della porta accanto. Invita alla calma il grande Garry Kasparov, idolo con storia bilaterale: nato a Baku da madre armena. Tira di nuovo aria pessima, dopo il conflitto degli anni ’90 per il Nagorno Karabakh: un mese fa un ufficiale azero è stato condannato per aver ucciso un collega armeno in Ungheria, dentro una base Nato. Estradato a casa, è stato scarcerato e promosso. «C’è chi protegge un assassino - ha detto Sargsyan - e se dobbiamo, combatteremo». Sarebbe meglio continuare a dar battaglia solo con gli scacchi, riesce benissimo: l’Armenia è poco più grande del Piemonte, con un milione abbondante di abitanti in meno, ma è la quinta nazionale al mondo, dopo aver vinto tre delle ultime quattro Olimpiadi.

    Va molto meno bene nel calcio, dove il posto nella classifica Fifa è il 64°. Nonostante la nuova stella, Henrikh Mkhitaryan, 23 anni, centrocampista che con lo Shakhtar ha appena fatto penare la Juve. Qui è il capitano, e al petto ha una stagione da 14 gol in 11 gare. Pure lui è sotto scacco, però, se nei sondaggi per lo sportivo dell’anno è al 34%, contro il 39 di Aronian, il Re. Del resto, anche a Yerevan hanno la loro cantera: l’Accademia degli scacchi, 115 ragazzi, dai 4 ai 18 anni. Quelli di talento: «Mentre non tutti gli artisti sono giocatori di scacchi, tutti i giocatori di scacchi sono artisti», teorizzava Duchamp. Non sfuggono anche gli altri, visto che da un anno gli scacchi sono materia delle scuole elementari: 2 ore a settimana e un finanziamento governativo di 1 milione di euro. Se diventi professionista, oltre ai premi dei tornei, c’è un salario statale. Nel calcio, al contrario, pare facciano di tutto per disincentivare la passione: i tifosi protestano per l’impennata dei biglietti contro l’Italia: dai 5 ai 20 euro, non trascurabili in un Paese dove un pensionato ne prende 50 al mese. «Qui c’è sempre gente - spiega Gaveni Sharoyan, della «Casa degli Scacchi» - perché gli armeni ne vanno pazzi». E guai a dire che è roba da vecchi: «Come dice Kasparov, gli scacchi sono lo sport più violento che esista. Anche di una partita di pallone».


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