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  • Basta, non ce la faccio più: ridatemi lo stadio, va bene anche Akragas-Puteolana
Basta, non ce la faccio più: ridatemi lo stadio, va bene anche Akragas-Puteolana

Basta, non ce la faccio più: ridatemi lo stadio, va bene anche Akragas-Puteolana

  • Alberto Polverosi
    Alberto Polverosi
Da un mese sto aspettando il mio Natale e so che dovrò avere ancora molta pazienza. L’attesa sarà lunga. Se tutto andrà, potrò scartare i miei regali alla fine di maggio. Mi sento così, come un bambino di sei anni che, costretto in casa da tanto, troppo tempo per una terrificante nevicata e per le strade piene di mostri, aspetta il giorno in cui dovrà decidere solo quale pacco aprire per primo sotto l’albero di Natale.

Quel bambino un po’ cresciuto sa bene che Natale arriverà solo quando le strade saranno libere, quando la neve si sarà sciolta e i mostri saranno scomparsi. Non avrebbe senso avventurarsi in giro rischiando la vita. Già troppi se ne sono andati. Si può aspettare il Natale, ma dobbiamo sperare, dobbiamo credere che arrivi. Fra un mese, fra due, fra tre, ma riavremo il nostro Natale calcistico.

Questa lunga attesa ce lo consegnerà ancora più bello, o almeno così apparirà  noi dopo averlo così tanto aspettato. L’altro giorno, parlando col mio amico Antonio Di Gennaro, campione d’Italia col Verona, opinionista televisivo e affamato di calcio come tutti noi, gli ho detto che non so cosa darei per vedere Akragas-Puteolana in diretta tv. L’astinenza è una brutta bestia e noi, senza calcio, fatichiamo.

Mi manca il calcio. Mi manca d’estate, figuriamoci adesso. Ho “fatto” la mia prima partita nell’ottobre del 1973, avevo 15 anni, Montelupo-Villafranca Lunigiana 1-0, gol del terzino Bagnoli su punizione al 90', campionato di Prima Categoria toscana, venti righe in cronaca di Empoli su “La Nazione”. Un mio amico, qualche tempo fa, ha ritrovato il ritaglio in archivio e ho letto quel pezzetto (scritto male) con un piacere straordinario. Era la mia prima partita da commentatore, non la prima in assoluto ovviamente. Soffrivo di dipendenza già da qualche anno. In ogni caso, partendo da quella data “ufficiale”, ottobre 1973, ho trascorso quasi mezzo secolo a raccontare partite di calcio. Quando sono andato in pensione, ho smesso di girare e mi sono piazzato davanti alla tv, con qualche puntata al “Franchi”, al “Dall’Ara” e al “Castellani” di Empoli. Mentre ero vicino alla pensione, immaginando come sarebbe stato dopo, sapevo già cosa mi sarebbe mancato: quel tempo breve ma intenso che separa il riscaldamento delle squadre prima della gara al fischio d’inizio. Mi sarebbe mancata la dolcissima tensione che sale in quei minuti. Mi sarebbero mancate le previsioni sbagliate, la scarica di adrenalina alla fine del primo tempo delle notturne quando il pezzo va scritto quasi tutto in quel quarto d’ora. E così è stato.

Ora invece mi manca tutto. Mi manca ogni partita, anche Akragas-Puteolana. Mi manca il mio mondo. Mi manca la mia vita, quella parte abbondante della mia vita. Mi manca tantissimo la Nazionale. Speravo davvero, forse perfino più di Mancini, in questo Europeo, ma il rinvio di un anno potrebbe perfino darci un vantaggio. Pazienza, me lo ripeto da settimane. Quando ripartirà il calcio, ripartirà la vita, insieme ai teatri, al cinema, ai ristoranti, alle discoteche. Ripartiremo insieme, con forza e coraggio. Dopo la catastrofe, il calcio ci restituirà la speranza.

   

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