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  • Astori, no ai russi:|'Rimango a giocare qui'

    Astori, no ai russi:|'Rimango a giocare qui'

    Nasci in Lombardia, ti trasferisci in Sardegna e da lì non ti muovi. Davide Astori di San Giovanni Bianco (provincia di Bergamo) come Gigi Riva di Leggiuno (provincia di Varese)

    Un giovane difensore con una sola presenza in Nazionale sullo stesso piano del «rombo di tuono» azzurro. Provocazioni. Storie che il calcio regala raramente, per questo la Sardegna è un’isola a parte. Una delegazione dello Spartak Mosca nei giorni scorsi era arrivata a Cagliari per comprare Astori, le visite mediche erano state già fatte, l’accordo era già stato raggiunto: 12 milioni di euro più bonus a Cellino, contratto da 2 milioni all’anno per il giocatore. Spasibo e arrivederci. Ma nella serata di domenica è arrivata la retromarcia del giocatore: «Ringrazio i dirigenti dello Spartak Mosca per l’interesse e l’alto investimento programmato - ha detto Astori -, ma resto in Italia e a Cagliari perché vorrei dare un senso compiuto alla mia carriera in rossoblu. Andare via ora avrebbe il sapore di una incompiuta: credo nella società, nel suo progetto del nuovo stadio e nelle ambizioni di una classifica competitiva. Da qui ripartirò facendo del mio meglio per essere protagonista nel nostro campionato».


    Strano ma vero: un giocatore che mantiene la parola, che sceglie l’Italia, anche per giocarsi meglio le chance in chiave azzurra. Scelta di vita, direbbe qualcuno. Cretinata, direbbe qualcun’altro. Manca ancora molto al termine del calciomercato e un «no» può diventare «sì» in qualsiasi momento ma il «niet» di Astori fa comunque rumore.

    Perché non è Kakà che rifiuta il Manchester City per rimanere al Milan o Stankovic che snobba la Juventus per l’Inter, troppo facile: qui si tratta di rinunciare a denaro, tanto, in cambio di un posto in paradiso in una piccola realtà. Dove «piccola» non significa minore. Perché i tifosi sardi sono abituati bene: di questi tempi, circa 40 anni fa, un certo Gigi Riva neanche ascoltò le offerte delle big italiane entrando nel cuore dei tifosi sardi e nella leggenda del club rossoblu. Uno stipendio triplicato (quando, alla fine dell’anno, nella busta paga trovava milioni di lire, non milioni di euro) e la prospettiva di alzare più di un trofeo non valsero l’amore per l’isola e i tifosi.

    «Volevo lo scudetto per la mia terra. Ce l’abbiamo fatta» ha raccontato qualche tempo fa Riva. In totale «rombo di tuono» ha giocato in Sardegna 13 stagioni, 315 partite condite da 164 gol conquistando il titolo del 1969-70.
    Astori e tutti i cagliaritani sanno bene che la storia, almeno in questo caso, non si ripeterà. Ma questa volta non contano i risultati, semmai la scelta. E se questa scelta ha fatto commuovere uno come Cellino che un giorno sì e l’altro pure minaccia di lasciare il Cagliari... «La sua vicenda è proprio quel tocco di romanticismo che arricchisce umanamente il calcio. Astori è stato un esempio anche per me: mi ha fatto capire che devo continuare per lui, per i calciatori» le parole rilasciate al Corriere dello Sport dal presidente rossoblu sulla vicenda.

    Domani la squadra si radunerà ad Assemini, Astori compreso. Assieme a Nainggolan e Pinilla sarà uno dei punti fermi attorno ai quali Ficcadenti imposterà il nuovo Cagliari. Rimanendo in Sardegna si è prenotato una buona fetta di applausi per tutta la stagione, magari nel nuovo stadio Is Arenas: per il Gigi Riva del nuovo millennio, questo e altro.


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