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  • Atalanta, Gasperini come Orrico e Zeman. Grande maestro  ma mai 'divo'

    Atalanta, Gasperini come Orrico e Zeman. Grande maestro ma mai 'divo'

    • Marco Bernardini
    Se ancora ufficialmente non lo ha fatto, la sua intenzione è quella di mantenere la parola data. Gian Piero Gasperini firmerà il contratto che lo legherà all’Atalanta per altri tre anni. Una decisione che provvede a chiamare fuori il tecnico piemontese da ogni eventuale e successiva ipotesi di mercato e che alimenta l’entusiasmo del popolo bergamasco già legittimamente “impazzito” per la sua squadra e per l’allenatore che la dirige.

    Una scelta molto saggia quella di Gasperini il quale, probabilmente, ha compreso e accettato con grande serenità quello che è e che sarà sempre il suo ruolo nel mondo di un calcio dove esistono e operano due categorie di allenatori. I grandi maestri e i divi. Lui fa parte della prima.

    Ciascuno di noi, ai tempi della scuola, ha sicuramente avuto un insegnante diverso da tutti gli altri il quale ebbe il merito di educarci non soltanto all’apprendimento delle nozioni ma di andare oltre badando soprattutto a plasmarci come uomini e donne del futuro. Nel pallone, parafrasi della vita quotidiana, accade la medesima cosa. Esistono persone che, pur non essendo mai personaggi come richiederebbero le regole del successo, hanno svolto e svolgono un compito di “formazione” assolutamente indispensabile ad un giovane per crescere e per progredire. Se chiedete a ciascun allenatore celebre e importante chi sia stato il loro maestro vi risponderà citando perlopiù nomi e cognomi di tecnici “dimenticati” il cui valore soltanto in casi eccezionali trovò la gratificazione della celebrità.

    Uno storia lunga nel tempo. Andando indietro con la memoria e citando a caso mi tornano in mente grandi maestri come Lello Antoniotti, Ercole Rabitti, Sergio Vatta, Gibì Fabbri, Osvaldo Bagnoli, Corrado Orrico, Silvio Baldini e lo stesso “guru” Zeman. Tutti allenatori rimasti nel cuore e nell’anima di quei tanti ragazzi che, in virtù dei loro insegnamenti e dei loro metodi spesso ruvidi e rustici, diventarono famosi e che, ancora oggi, appena ne hanno l’opportunità ringraziano il cielo per aver avuto la fortuna di aver trovato all’inizio del loro percorso una guida fondamentale per la loro crescita sportiva e umana.

    Gasperini va ad allungare questa preziosa lista di grandi maestri. Esiste un fil rouge che provvede a legare gli iscritti a questo speciale “club degli anti-divi”. Alcuni di loro, talvolta, vennero ingaggiati per gestire situazioni atipiche rispetto al loro modo di lavorare e di pensare. Grandi piazze calcistiche con giocatori già famosi e per nulla disposti ad accettare regole di lavoro da “principianti”. 

    Antoniotti e Rabitti alla Juventus, Vatta al Torino, Orrico all’Inter, Zeman nella capitale i casi più eclatanti e anche i flop più clamorosi sottolineati dall’evento estremo di Orrico che fugge da Milano nottetempo dopo aver capito che quello non poteva essere il suo posto. Lo stesso Gasperini, del resto, ha avuto modo di vivere suo malgrado un’esperienza de genere.

    Tanto per scendere sul terreno del pratico e potersi fare un’idea precisa del perché un grande maestro come il tecnico di Grugliasco non potrà mai essere un divo è sufficiente fare un puntatina a Zingonia dove lavorano i giocatori dell’Atalanta e riuscire a dare una sbirciatina dal buco della serratura. Ebbene, alla fine di ciascuna seduta già sufficientemente massacrante, Gasperini divide i tre blocchi di cinque la rosa che ha a disposizione. Ruotando a turno le tre rispettive formazioni vengono schierate su un campo da undici con l’obbligo per i giocatori di presentarsi sotto rete, da una parte o dall’altra, ogni dieci secondi. Un poco la rivisitazione della famosa “gabbia” di Orrico ai tempi della Carrarese. Il finale è offerto dalla scena di un gruppo di ragazzi sdraiati per terra stremati e senza fiato. Ma felici.

    Eccome se felici. Chiedete, tranquillamente. Vi risponderanno che non cambierebbero mai, per nulla al mondo, il loro “torturatore” con nessun altro. Difficile, anzi praticamente impossibile, ascoltare da Higuain o da un divo di pari caratura una risposta del genere, con il sorriso sulle labbra.
     

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