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  • Atalantamania: ah, è questa la Champions!?!

    Atalantamania: ah, è questa la Champions!?!

    • Marina Belotti, inviata a Zagabria
    Peggio di così non può e non potrà andare. Ah no, c’è il City. Peggio di così però di certo non poteva andare e forse a fregare la Dea è stata proprio la “felice” partenza con la Dinamo Zagabria, l’avversaria meno ostica nel girone meno insidioso. Già, peccato che questa nemica/amica abbia alle spalle una quindicina di Champions, in bocca un dente avvelenato e in corpo un’aggressività come poche. L’arbitro fischia e la Dea si ferma, letteralmente stupita dalla forza di Orsic, dalle magie sulla fascia di Dani Olmo, dall’abilità di Ademi. Disorientata, pensa di aver sbagliato indirizzo, ma l’Etihad è ancora lontano (per fortuna). Appena si riprenderà dallo stupore, potrà iniziare a giocare la sua Champions.
     
    DALLO SCHOCK- Se mi batti ti cancello: si deve per forza voltare pagina ora in questa Storia triste per ripartire, il primo ottobre contro lo Shakhtar (che ne ha presi tre col City). Se negli ultimi anni un punto di forza dell’Atalanta è stato proprio affrontare avversarie ben più grandi di lei senza aspettative perché svantaggiata, l’illusione del girone più agevole le ha tirato un brutto scherzo. Il capitano l’ha confessato subito: “Non ce l’aspettavamo”: l’errore più vecchio del mondo. Mancava solo che la Dea facesse partire l’applauso-non bastava quello della platea show croata che cantava con furore da una curva all’altra- e si sarebbe visto di tutto.

    La squadra è rimasta di sasso e non ha trovato la forza di invertire la rotta, poi le prodezze, l’intensità, il gioco e i ritmi di un team già venti volte campione nella sua nazione hanno fatto il resto. La Dea girava a vuoto, non ha vinto nemmeno un confronto individuale e ha preso una bella lezione. Loro sono stati più forti in tutto quello in cui la Dea primeggiava, strappandole lo scettro dell’attacco, della velocità, dei contrasti. Una ‘secchiona’ che aveva studiato alla perfezione movimenti in campo e avversaria. Le azioni che hanno portato al gol facevano parte di un copione del miglior film da Oscar. L’Atalanta non è mai sembrata così piccola e ha sprecato metà del suo fiato a rincorrere avversari che, seppur sottovalutati, alla fine son sembrati più forti di Cr7.
     
    ALLO SHAKHTAR- Ma non c'è partita da buttare via, un punto positivo da cui ripartire c’è e si può riassumere in una sola parola, che ha fatto davvero la differenza: esperienza. Quella di Bjeliica, che ha pianificato il tutto a puntino, e quella di Malinovskyi il neo arrivato nerazzurro abituato ad affrontare avversarie importanti in campo internazionale. E si vede, appena entra arriva la spinta alla squadra mancata per 45’ e la prima vera azione da gol. Insieme a lui Pasalic, il croato che conosce bene i suoi polli e che forse aveva molto altro da dire (prima).  L’esperienza insegna e nella Champions, dove ogni errore è un gol, detta legge. 
     
    Ora si riparte da San Siro, da un avversario da sopravvalutare, affidandosi all’esperienza degli atalantini più europei. Oppure, rimuginando sui moduli e rigirandosi nel letto, al coniglio nel cilindro di Gasperini, che sorprendentemente trova la chiave proprio quando si tocca il fondo. E finora uno dei picchi più alti mai raggiunto dalla Dea è arrivato subito dopo il più basso, quando l’Inter gliene rifilò sette. Dopotutto, ieri non è andata poi così male.

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