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  • Atalantamania: fine di un sogno, l’Europa sfugge di mano

    Atalantamania: fine di un sogno, l’Europa sfugge di mano

    • Marina Belotti
    È stato bello finché è durato. I fuochi d’artificio a inaugurare il match da dentro-fuori e la coreografia scintillante come gli occhi commossi dei tifosi hanno detto questo: “Grazie ragazzi”. Per le emozioni, per le sfide ma, soprattutto, per aver tenuto testa e non aver mai mollato. Anzi, contro Golia la DaviDea ha sbagliato solo un paio di volte, ma tanto basta in Europa. Alla fine sono due episodi a decretare la fine della favola europea dei bergamaschi: la papera di Toloi sul 2-2, quel passaggio famelico a Batshuayi, e la mancata trattenuta della sfera per mano di Berisha, che regala la palla al neo entrato Schmelzer. E quelle mani che non hanno compiuto il miracolo, l’albanese se le mangia a testa bassa.
     
    ETRIT TRISTE- Para l’imparabile per tutta la partita ma quando gli ultimi minuti stringono le gambe ai nerazzurri e i gialloneri scalpitano, non si trattiene. La potenza è troppa, la fatica e la pressione anche, e la sfera questa volta, per l’ultima volta, non rimane al sicuro tra le sue braccia. La palla passa, l’Atalanta no. Etrit non se ne fa una ragione e si colpevolizza senza ragione: è errato giudicare da uno sbaglio, quando qualcuno lì davanti ne ha commesso più di uno. Forse, ciò che fa più male, è non avere più una seconda possibilità per cercare il riscatto. Quello trovato da un altro difensore atalantino.
     
    TRE PERFETTO- Il numero di Toloi sulla maglia e il numero che ha messo in campo per sbarazzarsi degli avversari, svettare e intercettare in rete la sfera che ha fatto sognare l’Atalanta, Bergamo, Reggio Emilia e tutta l’Italia calcistica, per quasi un’ora e mezza. T per Toloi ma anche per testardo: il brasiliano voleva il riscatto a tutti i costi e ha avuto fretta di firmarlo, all’11’ del primo tempo. Un gol che ha aperto le danze alla barricata giallonera e alle invasioni orobiche. Un gol che, se fosse stato imitato da un paio di compagni, avrebbe cancellato le due sbavature commesse al Signal Iduna Park. Che invece rimangono a pesare l’uscita immeritata della Dea dagli scenari europei.
     
    PA(PU)STICCIO- Diciamocela tutta: da quando è incappata nel flop-Paloschi, la società ha detto basta ad altre punte. Il risultato è che la Dea difende bene, costruisce ancora meglio, ma poi non concretizza. Perché se è vero che Berisha paga l’unico errore commesso, è altrettanto giusto che al Papu Gomez siano tirate le orecchie per il guizzo mancato al 79’, quando il leader che dribbla e disorienta i tedeschi, non riesce a buttarla dentro. Ieri sera contava solo vincere, e contro il Borussia non puoi pensare di stare tranquillo per 80’ sull’1-0. Non quando si gioca uno scontro diretto per gli ottavi di Europa League. Segnare un’altra rete era fondamentale, ma la Dea, vicinissima in più occasioni, non è riuscita a centrare l’obiettivo. Insieme a Berisha le mani nei capelli devono mettersele anche Cristante, Caldara, Ilicic e soprattutto il Papu, già da qualche settimana più per terra che in guerra.
     
    STADIUM- Dal Mapei allo Juventus, l'Atalanta ora ha tre giorni per lottare in campionato e in Coppa Italia: dopo la batosta di ieri, la voglia di dire no ai bianconeri è poca. Certo è che se la Dea si lascia andare, niente finale di Coppa né aerei per l’anno prossimo, allora è davvero finita. Lottare è tutto ciò che le rimane e che le riesce meglio. Il miracolo europeo stava per compiersi, ma la neve ha smesso di cadere e di imbiancare la porta nemica all’83’. Per altri miracoli, per battere la Juve e agguantare il settimo posto, serve il guizzo di tutti i reparti: solo quando ognuno fa il suo, lo spettacolo è da brividi. Come quei fuochi d’artificio che hanno salutato l’Europa.
     

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