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  • Atalantamania: i 10 anni di Percassi, il presidente doc invidiato da tutti

    Atalantamania: i 10 anni di Percassi, il presidente doc invidiato da tutti

    • Marina Belotti
    “Se nva mia so diente mat”. E invece, dieci anni dopo aver pronunciato quella frase, il presidente dell'Atalanta Antonio Percassi è ancora qui, lucido come non mai. ‘Se non andiamo su subito divento matto’: l’ex capitano nerazzurro sul campo aveva pronunciato la sentenza dopo l'acquisto del club appena retrocesso, quella notte infuocata tra il 3 e il 4 giugno 2010. Allora le famose ‘ndr’ avevano tradotto il ‘su’ come un ‘in Serie A’, ma adesso, a distanza di 10 anni spaccati, ci si chiede quanto in alto andassero davvero i desideri di Percassi. Nel Paradiso del tricolore alla finale di Coppa Italia? Nell’Olimpo dell’Europa? Tra le stelle della Champions League? Tutto è possibile perché in 10 anni l’imprenditore bergamasco, atalantino fino al midollo, ha trascinato la squadra della sua città tra le prime 8 d’Europa, circondandola di impianti all’avanguardia, di una ricchissima cantera e di limoni. Già, l’agrume più aspro ha spremuto il suo succo più dolce.
     
    CHE IMPRESA- L’Atalanta è il prodotto vincente di Antonio Percassi perché presenta tutte le qualità delle altre sue aziende, le 2 P: pianificazione strategica e passione. È anche per questo che, nella zona d’ingresso di ogni sua palazzina, c’è una limonaia. A Zingonia è proprio vicino alla scalinata che i giocatori salgono al loro arrivo: sanno che da quel momento saranno spremuti come limoni per tirare fuori tutto quello che hanno. Un portafortuna che, unito alla lungimiranza in chiava mercato e al folle amore per la sua Atalanta, ha fatto la differenza. E tutti gli italiani ce lo invidiano, da Palermo a Firenze fino a Milano, perché un presidente doc, che offre garanzie di genuinità, originalità e qualità, così legato alla propria terra e che sa fare bene i conti, non lo si trova facilmente. In un calcio sempre più dipendente da grandi proprietari dai nomi illeggibili, distanti e di stenti, come le loro comparsate e i risultati finali, gli appassionati di calcio vorrebbero un Antonio Percassi alla guida della loro squadra del cuore. Ha creato un ambiente così intimo e famigliare che giocatori e staff chiamano casa Zingonia tanto da sceglierla come abitazione per il periodo Covid, con fondamenta di valori e un tetto trasparente per guardare ‘su’, oltre quei traguardi che sembravano impossibili.
     
     A TUTTO GAS(P)- Ma tra tutte le sue imprese sparse nella provincia orobica, è stata l’Atalanta a scriverne una. Il primo miracolo l’ha compiuto nel luglio 2014 quando ha dato il benvenuto alla casa della Dea a “Giovanni Sartori, che abbiamo preso perchélL'Atalanta vuole crescere e per crescere ha bisogno di uomini in gamba e d'esperienza”. Talenti nascosti a prezzi ridotti da tra-piantare nella limonaia Zingonia per dissetarsi poi, due o tre anni dopo, dei loro frutti d’oro zecchino. Da Hateboer a Castagne, passando per Gosens e Kulusevski. D’oro come la panchina vinta dal tecnico Gian Piero Gasperini, la seconda intuizione vincente di mister Percassi datata giugno 2016.Un uomo di calcio, un maestro di calcio”, si rilegge nella nota di presentazione, “ha cresciuto e lanciato tanti ragazzi”. Mai parole furono più profetiche dal momento che, solo 4 mesi dopo, quasi moriva d’infarto a leggere quella formazione dei giovani Petagna, Gagliardini, Conti, Caldara che poi fece la Storia. Quei ragazzi cresciuti nel campetto di Zingonia posizionato apposta accanto a quello dei grandi cosicché, a furia di vedere le prodezze del Papu, hanno finito per imitarlo davvero. Altra grande intuizione. Ma la ciliegina sulla torta arriva nel 2017, quando compra lo stadio di viale Giulio Cesare. Ampliamento delle coperture e ammodernamenti: il nuovo Gewiss Stadium segue i sogni di Antonio Percassi, che l’Europa non la vuole più mollare ma portare in centro città. Ma allora dove sarà-viene da chiedersi-il 3 giugno 2030, l'Atalanta di Antonio Percassi? Qualcuno parla di Finale Champions, altri di Scudetto. Se lo chiedessimo a lui, il presidente del decennale più vincente della storia, non avrebbe dubbi nel rispondere che gli basta la salvezza. Ma poi, sottovoce, lo ripeterebbe in un soffio, “Se nva mia so diente mat”. Su, su, sempre più su. Una sentenza che, come tutti i veri amori, non passa mai di moda.

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