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  • Atalantamania: più che Shakhtar è uno shock, ma menomale che c’è il Lecce

    Atalantamania: più che Shakhtar è uno shock, ma menomale che c’è il Lecce

    • Marina Belotti
    L’importante non è vincere, ma partecipare. Potrebbe anche essere un discorso valido e non la solita frase fatta e consolatoria, se le due incognite in questione si chiamano Atalanta e Champions League. Perde del tutto di valore però quando, a 4’ e 36’’ da fine gara–e l’extratime previsto si fermava a 4’-è una Dea agguerrita e vicina alla vittoria a perdere tutto. Ma, alla fine dei giochi, ha ancora ragione mister Gasperini: non c’entra nulla l’esperienza, almeno in questo caso. 
     
    UNA SCONFITTA ‘PARTICOLARE’- Nel quadro che incornicia una prestazione brillante, con pennellate d’area al bacio e una gara equilibrata con cambi di marcia di tutti i colori, sono i dettagli a fare la differenza. Il rigore sbagliato, il palo stampato, i tiri del duo ZaPapu e Malinovskyi a lasciare intatto lo specchio, de Roon che si perde Patrick, il centrocampo scoperto e incerto, il contropiede di Dodò e Solomon quando si sta esultando per il pari: son questi piccoli particolari a sancire 3 punti pesantissimi. Perché l’Atalanta avrà fatto anche bella figura in Champions League, riscattandosi dal poker croato, ma resta a 0, ultima nel girone. “Ora si fa in salita”, ha svelato Gasperini, ma assomiglia più a un’arrampicata verticale per cui la Dea non possiede ancora corde e picozze: le prime per soffocare i sogni avversari con cinismo e le seconde per punirli con cattiveria. Shakhtar Do…cet.
     
    AMARO MONTENERAZZURRO- Come dice Gene Gnocchi oggi, sarà stato che qualche consiglio di Giampaolo ha sostituito pe run attimo un altro Gian, Piero. Scherzi a parte, un peccato subire questo Shocktar, perché Zapata aveva dimostrato di avere grinta e fame in abbondanza, la Dea di saper gestire alla grande la tremarella dell’inno Champions, non solo continuando ad attaccare per tutta la ripresa, ma mantenendo il pareggio fino al 90’. Un pari già XXS, fin troppo stretto per occasioni, intensità, maggior possesso palla, tifo da stadio, triplicato al triplice fischio dopo la rete beffa che avrebbe zittito chiunque. Ma non i bergamaschi, che si sono già rialzati, pronti a celebrare un’altra-l’ennesima ormai-giornata storica.
     
    CASA DOLCE CASA- E per fortuna adesso c’è il Lecce, non c’è tempo per fermarsi a rimuginare e piangere. Perché la Dea in Serie A vola che è una meraviglia e quel terzo posto-un’altra Champions, chissà, già con un’esperienza alle spalle…- prima della sosta non vuole cederlo a nessuno. Poi c’è il Lecce di Liverani, che non ha Moraes e Marlos, ma solo Mancosu, una neopromossa contro una squadra europea con un bagagliaio pieno di esperienze internazionali e un gioco che non sfigura tra i ripidi gradini della Scala. Ma soprattutto, dulcis in fundo, domenica 6 ottobre riaprirà finalmente il Gewiss Stadium, la nuova casa dell’Atalanta formato europeo: una parete nerazzurra con gli ultras al coperto in una Curva Nord stratosferica, che farà morire d’invidia il muro giallonero del Borussia Dortmund. Domenica alle 13 si apriranno i cancelli sul futuro dell’Atalanta che, Solomon a parte, hanno una vista a 360° sull’Europa.

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