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  • Atalantamania: questa Dea soffre di jet League!

    Atalantamania: questa Dea soffre di jet League!

    • Marina Belotti
    Errare è umano, ma perseverare è diabolico, anzi, Deabolico. Perché è proprio nelle partite cruciali, quelle dove c’è in ballo una qualificazione, un sogno, uno scontro diretto, che le grandi squadre devono svegliarsi, dare il massimo e dimostrare il loro valore. Ed è sempre in queste partite, in quelle della svolta, in quelle del tutto e per tutto, che l’Atalanta si fa beffare, si addormenta, sbaglia, e si autoesclude dai giochi. Immeritatamente.
     
    U(E)FFA- Perché di una cosa siamo certi: come a Dortmund e a Reggio contro i gialloneri, anche ieri sera la Dea non meritava di perdere. Nei primi 40’ la squadra nerazzurra ha condotto il gioco, padrona del campo, eppure, è proprio in un primo tempo così brillante che si intravede il limite dei bergamaschi. A conti fatti, la Dea ha dato tutto e il tabellino, al duplice fischio, era sullo 0-1: uno spreco di energie inutili, pagato poi a caro prezzo in termini di stanchezza ed errori tecnici. A pesare di più, come nelle gare europee, sono gli sbagli individuali che hanno deciso il match. Chi non ricorda il passaggio fatale di Toloi a Batshuayi in Germania, o la papera di Berisha nel ritorno italiano? Così, anche dopo la partita di ieri, a incidere su quei due gol non sono certo i bei tiri di Caprari e Zapata, ma gli errori di Castagne e di Haas. Già, ma cosa ci facevano lì belga e svizzero?
     
    (MAL)FORMAZIONE- Qualche colpa, questa volta, ce l’ha pure Gian Piero contro Giampaolo. In una partita cruciale, con tre titolari di spicco già fuori dai giochi, Ilicic, Spinazzola e Caldara, il tecnico di Grugliasco sceglie di far riposare anche Palomino. Non entrerà nemmeno a partita in corso, quando le carenze della difesa, l’imprecisione dei passaggi a centrocampo e la pressione blucerchiata, confonderanno sempre di più la Dea. Al suo posto Mancini, che sembra sia rimasto con la testa allo Stadium, a quel rigore e a quella espulsione che ancora gli bruciano: insicuro, impegna Berisha più di Caprari, finché Masiello a un certo punto deve intervenire per dargli qualche istruzione. E poi a centrocampo, il Castagne che tanto aveva fatto bene sulla destra con l’Udinese, nel nuovo ruolo si confonde e va in tilt. Per non parlare del numero 32, che stravolge gli equilibri, e si improvvisa pescatore genovese di pHaassaggio.
     
    SERVE UNA SPAL-LATA- La Viola, la Samp e la Dea: tutte lì ora, a quota 47. È proprio adesso che l’Atalanta deve dimostrare di che pasta, secondo, contorno e dolce è fatta, ora che al pit stop ci sono tre formazioni, a pari punti, e il semaforo è ancora giallo, con gli occhi puntati sui derby milanese e ligure. Cinismo e lucidità: queste le caratteristiche che deve tirare fuori una grande nelle partite che contano. E il conto è già a meno otto: rombo dei motori, Gas(p) a martello, è giunta l’ora di scatenare l’inferno.
     

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